il manifesto 20.1.19
Madrid antifranchista e sessantottina ricorda il suo Pinelli
Spagna.
Una targa da oggi commemora lo studente Enrique Ruano nel luogo in cui
venne ucciso (altro che suicidio) 50 anni fa. Un’iniziativa figlia della
legge sulla memoria storica voluta da Zapatero e invisa alla destra
di Jacopo Rosatelli
MADRID Morire dopo un volo dalla finestra mentre si è sotto custodia della polizia.
Non
capitò solo all’anarchico Giuseppe Pinelli, illegalmente trattenuto
nella Questura milanese dopo la strage di Piazza Fontana, ma anche ad
Enrique Ruano, studente di giurisprudenza dell’Università di Madrid,
militante antifranchista. Proprio nello stesso anno, il 1969. Paesi
diversi, democrazia da una parte e dittatura dall’altra, ma pratiche
simili, e un identico esito giudiziario: nessun colpevole.
IL
GIOVANE SPAGNOLO FU UCCISO esattamente cinquant’anni fa, e oggi il
comune di Madrid scoprirà una targa in sua memoria nel luogo esatto in
cui avvene l’omicidio, al numero civico 68 della centrale calle Príncipe
de Vergara. Non una sede delle forze di sicurezza, ma un normale
palazzo in cui il ventunenne Ruano fu condotto dalla polizia politica,
la famigerata Brigada Politico-Social, nel corso della perquisizione di
un appartamento ritenuto un «covo». Si trovava agli arresti già dal 17
gennaio, colpevole di avere affisso per le strade della capitale
materiale di propaganda del Frente de liberacion popular, organizzazione
clandestina di orientamento marxista non dogmatico, federalista e
autogestionaria, con radici nella sinistra cristiana.
Ovviamente
la versione ufficiale fu quella di suicidio. Per renderla più verosimile
le autorità manipolarono i diari di Ruano, dandoli in pasto alla stampa
per diffondere la falsa notizia che il ragazzo nutrisse da tempo il
proposito di togliersi la vita. A manovrare la campagna di
disinformazione il ministro Manuel Fraga, la cui vita politica è
continuata ben oltre la scomparsa di Franco nel 1975: il Partido popular
è una sua creatura. Le menzogne di Stato non servirono, però, a
convincere l’opposizione democratica: la protesta nei campus
universitari di tutto il Paese crebbe al punto da indurre il governo a
decretare, il 24 gennaio, lo stato d’eccezione per tre mesi.
IL
REGIME era in un momento delicato, le manifestazioni di dissenso
crescevano anche nella Chiesa, sino ad allora uno dei pilastri
fondamentali della dittatura, e si preparava la designazione di Juan
Carlos di Borbone quale successore del «generalissimo» a capo dello
stato. Per quanto dall’estero sembrasse scricchiolante, l’edificio del
potere costruito dopo la guerra civile era ancora saldamente in piedi. E
continuava ad uccidere.
Ruano apparteneva allo stesso milieu
«sessantottino» di molti protagonisti dell’ultima fase della lotta per
la libertà che, successivamente, rivestiranno ruoli importanti nella
Spagna democratica.
LA SINDACA DI MADRID Manuela Carmena è una di
loro. Ad accomunarli anche la scelta universitaria: dalle facoltà di
giurisprudenza di quegli anni venne fuori una leva di giovani avvocati
giuslavoristi impegnati ad allargare gli spazi di affermazione dei
diritti dentro e contro il regime.
Carmena, affiliata al Pce
clandestino, fondò con alcuni di quelli che erano stati i più stretti
compagni di Ruano uno studio legale nella centralissima calle de Atocha
che divenne punto di riferimento per i lavoratori della capitale, ma
anche oggetto della violenza dei fascisti: in piena transizione
democratica, il 23 gennaio del 1977, un commando vi fece irruzione e
uccise cinque persone. Sopravvisse per miracolo Dolores González Ruiz,
che nella mattanza perse il marito Javier Sauquillo, come lei socio
dello studio. Un destino particolarmente drammatico, quasi incredibile,
quello dell’avvocata González Ruiz, Lola per i suoi compagni: ai tempi
dell’università era la fidanzata di Ruano.
LA TARGA COMMEMORATIVA
che sarà visibile da oggi è figlia di una nuova sensibilità verso il
passato antifranchista le cui origini più remote sono nella legge sulla
memoria storica voluta dodici anni fa da José Luis Zapatero, e quelle
più recenti nell’impegno del governo di Pedro Sánchez e, soprattutto, di
Podemos e Izquierda unida. Una svolta rispetto al precedente «oblio
istituzionalizzato» che non è mai andata giù alla destra spagnola, a
quella istituzionale e «moderata» del Pp e, tanto meno, a quella più
radicale che ora si riconosce nel nuovo partito Vox.
Un importante
atto di politica della memoria, quello di oggi, che però non cancella
le responsabilità che i poteri pubblici hanno avuto anche in epoca
democratica nel garantire l’impunità degli assassini.
I TRE
POLIZIOTTI che avevano in custodia Ruano al momento della sua morte
furono processati nel 1996 – caso più unico che raro, vista la legge di
amnistia vigente – dal tribunale di Madrid, che però li assolse, pur
esprimendo nella sentenza «tristezza per la morte di una persona che
lottava per i diritti fondamentali oggi riconosciuti dalla
Costituzione». I giudici si limitarono a riconoscere «un funzionamento
anormale dell’amministrazione dello stato» che poteva dare diritto a un
risarcimento. Una decisione confermata definitivamente, l’anno dopo, dal
Tribunal Supremo.