il manifesto 20.1.19
La protesta anti Orbán riparte da Budapest
Ungheria. La capitale si risveglia contro il governo autoritario. Tanti gli studenti
di Massimo Congiu
Ieri
pomeriggio il centro di Budapest ha visto di nuovo sfilare i
manifestanti anti Orbán. Come già alla fine dell’anno scorso, quando
sindacati e studenti erano scesi in piazza per protestare contro la
«legge schiavitù» e contro un sistema che vuole controllare anche la
vita accademica. Ma il malcontento e la voglia di cambiamento del corteo
che ha attraversato il Ponte delle Catene, per riunirsi sul
lungo-Danubio di Buda sfidando il freddo, riguarda una situazione
generale fatta di erosione di diritti civili e sociali.
Al centro
della protesta un sistema che ha voluto una costituzione autoritaria e
nazionalista, che ha riscritto il Codice del Lavoro in una forma non
favorevole ai prestatori d’opera, che ha detto la sua in fatto di
libertà di stampa con la «legge bavaglio» e che ha messo le mani su
scuola, magistratura, vita accademica, gestione degli affari economici.
Dal 2010 porta avanti un progetto di controllo sempre più esteso dei
settori chiave della vita pubblica e di «neutralizzazione» delle voci
dissenzienti. L’evidenza dei veri problemi del paese che riguardano, ad
esempio, sanità, scuola, scarsità di manodopera qualificata, povertà
diffusa, viene coperta da una propaganda assillante. Un martellamento
sulle conquiste del governo a beneficio del popolo e sui livelli di
guardia necessari per difendere la patria cui concorre il periodico
ricorso a consultazioni nazionali per chiedere all’opinione pubblica se
sia meglio stanziare soldi per gli immigrati o per le famiglie ungheresi
e se sia bene che l’Unione europea e le multinazionali decidano le
sorti del paese.
Questo ricorso al lavaggio del cervello e questa
continua allerta contro presunti pericoli che vengono sempre da fuori,
ha evidentemente esasperato un bel po’ di gente e fatto cambiare idea a
precedenti sostenitori del partito Fidesz che sta al governo da quasi
nove anni. Non sono pochi quelli che continuano a sostenerlo, è vero, ma
per altri il premier ha tirato un po’ troppo la corda. «Ne abbiamo
abbastanza», si leggeva ieri sullo striscione portato in giro per il
centro cittadino dalla testa del corteo, «solidarietà tra studenti e
lavoratori», scandivano gli universitari.
Presenti anche
rappresentanze di partiti d’opposizione di centro-sinistra e della
destra di Jobbik, tutti con i loro stand sistemati in fila su quella
parte di lungofiume. C’era anche una piccola rappresentanza
italo-ungherese sostenitrice della sinistra europea.
All’iniziativa
hanno partecipato alcuni scrittori che si sono mobilitati in segno di
solidarietà verso i lavoratori, gli studenti, i sindacati, gli
insegnanti costretti a lavorare in un sistema centralizzato, verso le
famiglie povere e i senzatetto, verso le organizzazioni della società
civile colpite dai provvedimenti del governo e verso la cultura e l’arte
che, fanno notare gli scrittori, non vengono risparmiate da questo
esecutivo. Si manifesta, questo sì, ma non appaiono ancora abbastanza
chiare le prospettive di crescita e di sbocco di questa mobilitazione.