il manifesto 2.1.19
L’ultimo strappo contro il parlamento ma quella strada era stata già aperta
Governo/Parlamento.
Ai nuovi partigiani della Costituzione domandiamo di fare i conti con
la propria esperienza, poiché è dal disinvolto comportamento da loro
tenuto in passato che si legittimano i peggiori strappi di oggi. La
nuova maggioranza, invece, abbia almeno il pudore di confessare di aver
abbandonato gli ideali che li aveva spinti a sostenere la lotta per la
Costituzione
di Gaetano Azzariti
Fa piacere
vedere la maggioranza di ieri, passata all’opposizione, riscoprire il
valore della Costituzione. Lo diciamo senza ironia, sperando che non sia
solo una ragione tattica, ma l’inizio di un nuovo corso.
Così
come – con altrettanto candore d’animo – non riusciamo a trattenere un
moto di sconforto quando assistiamo alle giravolte di chi abbiamo avuto
sino a ieri al nostro fianco per difendere la Costituzione aggredita in
modo selvaggio dai governanti ora sconfitti.
In ogni caso, per non
passare troppo da ingenui, chiediamo coerenza ad entrambi. Ai nuovi
partigiani della Costituzione domandiamo di fare i conti con la propria
esperienza, poiché è dal disinvolto comportamento da loro tenuto in
passato che si legittimano i peggiori strappi di oggi. La nuova
maggioranza, invece, abbia almeno il pudore di confessare di aver
abbandonato gli ideali che li aveva spinti a sostenere la lotta per la
Costituzione.
UN’OPERAZIONE di pulizia intellettuale (di «onestà»
si sarebbe urlato nelle piazze di ieri) necessaria per poter dare
credibilità alle attuali proposte. Ciò richiede una chiara discontinuità
e una sincera autocritica. La nuova opposizione anziché rivendicare i
successi dei propri Governi e delle azioni sin qui compiute reclami la
necessità di una svolta. Se si vuole dare fondamento alla denuncia delle
enormità delle violazioni compiute nella vergognosa ultima vicenda
della legge di bilancio, si rimetta in discussione una prassi
pluriennale che ha teso ad emarginare il Parlamento da tutte le
principali scelte politiche nazionali, concentrando i poteri nelle mani
degli esecutivi. Così hanno fatto tutti i governi negli ultimi
venticinque anni. Si riscopra finalmente la necessità dell’equilibrio
tra i poteri, che rappresenta una forza della democrazia, non un suo
limite.
IN QUESTI giorni si è giunti ad umiliare il Parlamento e a
stravolgere la procedura di approvazione delle leggi, le commissioni
parlamentari sono state rese impotenti, messi a tacere i parlamentari,
cancellata la discussione, imposta l’approvazione su un testo che non è
stato possibile conoscere e il cui contenuto è stato deciso dal governo,
contrattato riservatamente ed esclusivamente con i responsabili
dell’Unione europea. La democrazia «parlamentare» è stata sospesa.
Se
questo è ciò che è avvenuto, come ora in molti riconoscono, non ci si
può sottrarre alla domanda di fondo, che tutte le altre ricomprende:
come è potuto succedere?
NESSUNO credo possa ritenere che sia solo
la conseguenza estemporanea di una maggioranza scellerata ed impazzita.
L’imperizia e la malizia dell’attuale maggioranza avrà avuto pure il
suo peso, ma chiunque abbia un minimo di senso della storia e un
briciolo di onestà intellettuale dovrà riconoscere che si tratta del
frutto maturo di un lungo regresso. Basta, d’altronde, guardare al più
recente passato per individuare il percorso che, passo dopo passo, ha
aperto la strada all’ultimo, insopportabile, esito.
DOPO AVER
CAMBIATO i regolamenti parlamentari per permettere di accelerare i
lavori di approvazione delle leggi, contingentato i tempi a disposizione
dei gruppi, aver negato spazi certi e definiti alle commissioni nello
svolgimento delle proprie funzioni istruttorie, avere consentito il
passaggio diretto in aula, avere ostacolato la presentazione degli
emendamenti da parte dei parlamentari, avere ammesso che i governi di
turno potessero presentare maxiemendamenti che determinavano lo
stravolgimento del testo, aver acconsentito che anche in questi casi i
governi potessero porre la questione di fiducia, avere interpretato i
regolamenti nel modo più restrittivo possibile per le libertà
parlamentari (dando forma a figure mostruose e sconosciute al nostro
diritto parlamentare: dai canguri alle ghigliottine), avere sostituito
in commissione i parlamentari dissidenti in sfregio del libero mandato,
dopo tutto ciò ora s’è fatto un altro passo nella stessa direzione.
È
QUEST’INSIEME che ha sospinto sempre più ai margini il parlamento e
posto sotto stress la democrazia pluralista. Su queste pagine lo abbiamo
costantemente denunciato, non molti altri possono dire altrettanto. Ma
non importa, se qualcuno si è reso conto di essere andato troppo avanti
ne siamo felici. Meglio tardi che mai.
È questo l’indirizzo di
politica costituzionale che ha tenuto unite le passate maggioranze ed ha
permesso l’ultimo misfatto. Uno strappo ulteriore, non c’è dubbio. Più
grave, senz’altro. In quest’ultima occasione si è squarciato il velo e
neppure una parvenza di discussione si è potuta svolgere dinanzi alle
camere. Se, toccato il fondo, si vuole veramente risalire la china non
basta una manifestazione di piazza, non basta neppure un ricorso
azzardato alla Consulta o una richiesta avventata al Capo dello Stato.
Quello
di cui abbiamo realmente bisogno è che un nuovo ciclo abbia inizio,
dopo venticinque anni di disinvolture costituzionali. Potrebbe anche
essere che in tal modo la sinistra riesca a ritrovare la sua via
maestra. Spes contra spem.