il manifesto 18.1.19
La coop dei caporali, migranti nei campi per 12 ore al giorno
Roma.
Sei arresti e 50 indagati. In manette anche un sindacalista e un
ispettore del lavoro. I braccianti venivano pagati solo 4 euro l’ora
di Marina Della Croce
L’organizzazione
l’avevano pensata bene: una cooperativa che raccoglieva all’alba i
lavoratori da sfruttare nei campi, affiancata da un sindacalista e da un
ispettore del lavoro che coprivano tutto, aggiustavano i problemi e
alla fine passavano all’incasso. Un meccanismo ben oliato e funzionante
sul quale però dalla fine del 2017 avevano messo gli occhi sopra gli
uomini della squadra mobile di Latina e del Servizio centrale operativo
che ieri mattina sono passati all’azione. Sei le persone finite in
manette, tra le quali i titolari della cooperativa Agri Amici, L. B. e
D. C., con sede a Sezze, in provincia di Latina, ai quali spettava il
compito di reclutare e sfruttare i lavoratori, soprattutto migranti
centrafricani e rumeni, il segretario generale provinciale della
Fai-Cisl, la Federazione agricola, alimentare e industriale, M.V., che
avrebbe garantito protezione alla cooperativa estorcendo per di più
l’iscrizione dei braccianti al sindacato, e un ispettore del lavoro,
dipendente dell’Ispettorato territoriale di Latina, N.S., che avrebbe
avuto il compito di garantire anche lui sicurezza alla coop elargendo ,
in cambio di utilità economiche, consigli su come fare per evitare
controlli e contestazioni. Oltre a loro risultano indagate altre 50
persone, mentre sarebbe diverse centinaia i migranti sfruttati.
Gli
appostamenti eseguiti dagli agenti hanno permesso di riprendere
numerosi furgoni che all’alba si fermavano alla periferia di Latina per
raccogliere i braccianti. Decine di persone stipate all’interno di ogni
mezzo senza il minimo rispetto per le misure di sicurezza e trasportate
nel campi di quasi tutto il Lazio. Gli inquirenti hanno infatti
accertato che gli imprenditori che usufruivano dei «servizi» offerti
dalla coop si trovavano nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e
Viterbo. A dir poco disumane le condizioni di lavoro dei braccanti
costretti a restare nei campi fino a dodici ore al giorno pagate 4 ore
l’una, la metà di quanto previsto dal contratto. E non si trattava
dell’unica forma di sfruttamento: i braccianti venivano infatti
obbligati sotto la minaccia di licenziamento a iscriversi al sindacato,
che in questo modo riusciva a trarre profitti, oltre che dalle quote di
iscrizione, anche dalle pratiche necessarie per ottenere l’indennità di
licenziamento. Un business a quanto pare parecchio redditizio. In un sms
inviato sotto le feste natalizie a un altro segretario dello suo stesso
sindacato, e intercettato dagli inquirenti, il sindacalista finito in
manetta scriveva infatti: «… a Babbo Natale ho chiesto … 4000
disoccupazioni e un gatto…!». Le indagini hanno inoltre permesso di
accertare che alcuni dei migranti provenivano anche dai Centri di
accoglienza straordinaria della zona ed erano in attesa del
riconoscimento della protezione internazionale. Numerosi i reati
contestati alle persone arrestate: si va dall’associazione per
delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all’estorsione,
all’autoriciclaggio, alla corruzione, ai reati tributari.Gli inquirenti
hanno infine sequestrato36 tra furgoni e camion, cinque abitazioni, tre
depositi, tre appezzamenti di terreno, nove autovetture, una società
cooperativa, quattro quote societarie e numerosi conti bancari, per un
valore complessivo di 4 milioni di euro.
«Questa vicenda dimostra,
ancora una volta, che finché i migranti vivranno condizioni di
privazione di diritti e di ricattabilità saranno sempre vittime del
malaffare», ha commentato il segretario confederale della Cgil Giuseppe
Massafra. «Per uscire da questa morsa è necessario avere la
consapevolezza dell’importanza che i lavoratori immigrati rappresentano
per l’economia del Paese, e vanno riconosciuti loro tutti i diritti, a
partire da quelli del lavoro». Il sindacato Usb ha invece ricordato al
ministro del lavoro Luigi Di Maio l’impegno assunto « per un intervento
articolato su tutta la filiera agricola e della necessità di rafforzare i
centri per l’impiego, unici strumenti reali ed efficaci contro il
sistema marcio dell’intermediazione agricola».