il manifesto 13.1.19
Il sesso è ribelle all’umo come l’uomo a Dio
Saggi.
Esce da Gallimard, "Les aveux de la chair", dove Michel Foucault
ripercorre la genesi della confessione nella prospettiva del tema che lo
assilla nei primi anni ’80: il rapporto del soggetto con la verità
di Andrea Calzolari
Da
quando Pierre Janet, nel 1903, scrisse che la confessione sembrava
inventata da un alienista geniale che intendeva studiare gli ossessi,
l’analogia tra il confessore e lo psicoanalista è stata ripetutamente
riproposta, diventando un luogo comune. Ma, un secolo prima di Janet, le
Liaisons dangereuses avevano mostrato un altro aspetto della
confessione nella pagina in cui la Merteuil, protagonista «cattiva» del
romanzo, racconta di quando, adolescente, per informarsi sui piaceri
proibiti del sesso, aveva dichiarato falsamente al confessore di aver
fatto «quel che fanno tutte le donne»; le indagini e le domande del
sacerdote, ansioso di salvare l’anima della giovanissima penitente,
l’avevano così resa edotta proprio sui seducenti vizi da cui il prete
avrebbe voluto distoglierla.
n quell’episodio Laclos inscena la
spirale di sapere, potere e godere che Foucault ha messo al centro de La
volontà di sapere: «Piacere di esercitare un potere che interroga,
sorveglia, indaga, spia, fruga, palpa, porta alla luce; e dall’altra
parte, piacere che arde di doversi sottrarre a quel potere, di fuggirlo,
ingannarlo o travestirlo. Potere che si lascia invadere dal piacere che
perseguita; e di fronte a lui, potere che si afferma nel piacere di
mostrarsi, di scandalizzare o di resistere». Chi non ricorda questa
pagina superba? Se non si conosce quel libro, si ignora uno dei vertici
della coscienza contemporanea, e si resta sordi a domande che non
smettono, e a lungo non smetteranno, di farci pensare.
Ma dopo La
volontà di sapere (datata 1976), primo volume della Storia della
sessualità, il progetto sembrò arenarsi: negli anni seguenti Foucault
non pubblicò niente, mentre i corsi al Collège de France e l’intensa
attività di conferenziere testimoniano sia lo spostamento dei suoi
interessi dall’età moderna all’antichità, sia una rimodulazione dei
vettori d’indagine. Nel 1984, lo stesso anno della morte dell’autore,
uscirono L’uso dei piaceri e La cura di sé, i due volumi
sull’«esperienza greco-latina degli aphrodisia»; da qualche mese, in
Francia, è uscito finalmente anche il quarto volume, Les aveux de la
chair (Le confessioni della carne, sul cristianesimo delle origini, a
cura di Frédéric Gros, Gallimard, pp. 427, € 24,00) nella stesura, che
Foucault non considerava definitiva, consegnata a Gallimard nel 1982, e
quindi prima dei due precedenti lavori. Se restano tracce della mancata
elaborazione finale (quattro frammenti che non si sa dove collocare sono
annessi in appendice), il libro è già compiutamente organizzato,
splendidamente scritto e talmente concentrato che è persino difficile
estrapolarne qualche esemplificazione.
Basti un accenno a due temi
cruciali, con cui Foucault sembra rispondere in anticipo alle obiezioni
del filosofo medievista Alain de Libera, che nella ponderosa
«archeologia del soggetto» a cui stava lavorando da una decina d’anni,
criticava sia Foucault sia Heidegger, ai quali peraltro dichiaratamente
si ispirava, per aver sostenuto che il soggetto è un’invenzione moderna.
In realtà, nel pensiero medievale, secoli prima del cogito cartesiano,
la questione del nesso tra la soggettità (il soggetto-sostanza, supporto
di attributi: il sostantivo grammaticale) e la soggettività (il
soggetto come io pensante e/o agente) fu posta e discussa, anche se per
lo più sotto forma di dibattiti teologici o addirittura cristologici
(del resto niente affatto alieni da raffinate analisi logiche).
Ora,
Les aveux de la chair riconosce il ruolo cruciale del pensiero
cristiano delle origini nella costituzione del soggetto cosiddetto
moderno, a partire appunto dalla istituzione della confessione: la
genesi del sacramento nei primi secoli della chiesa, già a lungo
studiata dagli specialisti, è ripercorsa da Foucault nella prospettiva
dei temi che lo assillano negli anni in cui scrive il libro, quelli in
cui studia il rapporto del soggetto con la verità.
La novità del Cristianesimo
Non
a caso il libro insiste nel distinguere concettualmente due modi della
confessione, l’exomològesis e l’exagòreusis, che nella pratica si
sovrappongono. L’exomològesis è propriamente un «far-vero» (una
«veri-ficazione»), in quanto implica non solo ammettere le proprie
colpe, ma dimostrare praticamente, ovvero performare il proprio
pentimento al cospetto della comunità con digiuni e mortificazioni di
ogni genere. Questa penitenza, che finirà per dare il nome al
sacramento, ne costituisce però solo un aspetto, complementare
all’exagòreusis, il «dire-vero» (o «veri-dizione»), cioè l’impegno a
dichiarare i propri peccati nella maniera più esaustiva: ciò che
presuppone un «esame ininterrotto di sé», connesso «alla confessione
incessante all’altro» in modo tale, nota Foucault, che si può
considerare quest’ultima come il «versante esteriore dell’esame, la sua
faccia verbale volta verso l’altro».
L’exomològesis, l’exagòreusis
e l’esame, veri-ficazione e veri-dizione, sfociano nell’obbedienza
assoluta al direttore spirituale: rifacendosi a Cassiano e agli altri
teorici del monachesimo, Foucault ricorda che l’ideale monastico
comportava persino l’abdicazione a una volontà propria. Nello stesso
ambiente monastico viene del resto elaborata la dottrina relativa alla
direzione spirituale, descritta da Gregorio Nazianzeno come «l’arte
delle arti, la scienza delle scienze», dove si stabilisce che può
dirigere solo chi sa a sua volta obbedire.
Si viene così definendo
la struttura del complesso apparato istituzionale, consolidatosi nei
secoli, in cui il soggetto cristiano plasma se stesso e su cui si è
fondato il potere della chiesa. Sta in questo quadro il tema della
sessualità, la cui trattazione (focalizzata sull’amore coniugale e sulla
verginità) culmina nell’ultimo capitolo di Les aveux de la chair,
dedicato alla concezione agostiniana della libido che, sostiene
Foucault, segna un passaggio fondamentale nella storia, non solo
teologica, del concetto.
Nel fuoco delle polemiche contro manichei
e pelagiani, Agostino aveva delineato un quadro destinato, pur con
successivi sviluppi, a durare secoli, muovendo da una questione allora
assai discussa: esisteva una sessualità nel paradiso terrestre? Per i
manichei la sessualità, prodotta dal demiurgo malvagio, era
irredimibile; per i pelagiani, essendo stata creata da Dio, non poteva
essere in sé peccaminosa (condannabili erano solo gli eccessi, come per i
moralisti classici).
Per Agostino nel paradiso terrestre il sesso
era docile come qualunque altro organo, svolgeva cioè la sua funzione,
come la mano, per esempio, senza alcuna oscenità e immune dalla attuale
parossistica violenza. Perversioni, queste, che secondo Agostino, sono
l’effetto della caduta: con una sorta di contrappasso, come Adamo si è
ribellato a Dio, così il sesso si ribella alla volontà umana, una
ribellione che si attesta appunto nella motilità autonoma, positiva o
negativa (erezione o impotenza) del sesso maschile. In questa
prospettiva, primariamente fallica, il sesso – scrive Foucault in una
formula folgorante, «è per l’uomo ciò che l’uomo è per Dio: un ribelle.
Uomo dell’uomo, eretto davanti a lui e contro di lui».
Sapere, potere, godere
Che
la libido sia ereditata da tutti gli uomini venuti al mondo (tant’è
vero che essa caratterizza necessariamente anche la sessualità lecita
del matrimonio), non significa tuttavia che il peccato sia dovuto
all’azione di una forza esterna all’anima (la carne che sovverte lo
spirito) o a un conflitto tra la ragione e la volontà («et veggio ‘l
meglio, et al peggior m’appiglio»). La libido, infatti, non è qualcosa
di diverso dalla volontà stessa, in quanto non è che la sua forma
decaduta. Per quanto forte sia la pulsione della libido, essa non
potrebbe mai tradursi in atto, senza il consenso – concetto fondamentale
in Agostino – della volontà, che nel peccato «vuole ciò che vuole la
concupiscenza»; ed è tale consenso che rende il soggetto di
concupiscenza soggetto di diritto, responsabile delle proprie azioni.
Questa
la novità del Cristianesimo secondo Foucault: mentre per il pensiero
antico non si trattava di analizzare la sessualità, ma «piuttosto di
collocarla in un’economia generale dei piaceri e delle forze», il
cristianesimo, con Agostino, fonda «l’analitica del soggetto della
concupiscenza, dove sono legati, con nodi che la nostra cultura ha
piuttosto rafforzato che allentato, il sesso, la verità e il diritto». È
in queste parole, le ultime del libro, che andrebbe probabilmente letta
la trasformazione, ma anche la continuità, di quel circuito di sapere,
potere e godere di cui parlava la Volontà di sapere.