domenica 6 gennaio 2019

Il Fatto 6.1.19
Salvini in divisa non rispetta la Polizia di Stato
di Giovanni Valentini


“Vorrei crederlo; ma alle volte, come dice il proverbio…l’abito non fa il monaco”. (Da “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni)
Commetterebbe un grossolano errore quel magistrato della Repubblica che – Codice penale alla mano – impugnasse l’articolo 498 per contestare al vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini l’“usurpazione di titoli e onori”, come prevede la stessa norma a carico di chiunque indossi abusivamente una divisa o perfino l’abito ecclesiastico. In primo luogo, perché dal 1999 il reato è stato depenalizzato ed è diventato un illecito amministrativo, punito con una sanzione da 154 a 929 euro: spiccioli per chi deve restituire allo Stato 49 milioni di rimborsi elettorali in comode rate, senza interessi, per ottant’anni. Ma soprattutto perché quel magistrato canonizzerebbe San Matteo II, protettore della Padania, trasformandolo in una vittima della “giustizia ingiusta”, delle “toghe rosse”, della “persecuzione giudiziaria”. E forse, sul piano mediatico, rischiamo di sbagliare anche noi a parlarne se non fosse per un aspetto particolare che finora è stato offuscato dall’esibizionismo comunicativo del vicepremier leghista e su cui non si può far finta di niente.
Questo non trascurabile dettaglio riguarda i comizi, le riunioni e le manifestazioni di partito a cui Salvini si presenta con indosso la divisa o le insegne della Polizia, regolarmente ripreso dai fotografi e dalle tv. Non c’è alcun dubbio, in tal caso, che si tratta di un abuso, di una “usurpazione” come dice il Codice penale. La Polizia, infatti, è un corpo dello Stato e in quanto tale appartiene a tutti i cittadini, anche a quelli che non votano per il Carroccio o non votano affatto. Non può essere strumentalizzata a fini di parte, né tantomeno per la propaganda di un leader politico. E ciò vale, naturalmente, per tutte le altre forze dell’ordine, chiamate a garantire la pubblica sicurezza.
Quando Salvini indossa la divisa della Polizia, dunque, si appropria indebitamente di un simbolo e di un’autorità dello Stato, per identificarsi – o meglio, per essere identificato – con il potere dell’istituzione che quella uniforme rappresenta. Il suo è un travestimento politico, come se usasse una maschera o un costume di Carnevale per accreditare la propria immagine pubblica. Questa è, in primo luogo, una mancanza di rispetto nei confronti di tutti i funzionari e gli agenti che fanno ogni giorno il proprio lavoro a tutela dell’ordine pubblico e dei cittadini: tant’è che i sindacati di Polizia sono già insorti e anche gli alpini hanno protestato per l’uso della loro maglietta da parte del vicepremier.
È chiaro ormai che si tratta di una strategia di comunicazione, più o meno subliminale. Quando Salvini si “traveste” da poliziotto, da carabiniere o da vigile del fuoco, vuole lanciare un messaggio ai suoi supporter e a tutti gli elettori, per trasmettere un’idea di “Uomo forte” e incutere rispetto o timore. Ma l’abito, come si sa, non fa il monaco. E comunque, la Polizia resta e i ministri passano.
Senza farne una questione più grande di quello che è, se non altro perché alimenterebbe il vittimismo di Salvini e si tradurrebbe a suo favore, si può dire quantomeno che c’è poco di democratico in questa “moda” teatrale del vicepremier. In genere, sono i dittatori – di destra o di sinistra – che indossano in pubblico le divise: da Fidel Castro a Saddam, da Stalin a Hitler e Mussolini. E perciò sarebbe tanto più rassicurante se il nostro ministro dell’Interno rinunciasse a reprimere le proteste degli studenti, degli anti-razzisti o di qualche casalinga che per strada gli grida “Buffone, buffone!”.