Il Fatto 28.1.19
Decreto Sicurezza: sono 8 le Regioni “ribelli” che ricorrono alla Consulta
Scontro con l’esecutivo - “Legge anticostituzionale: discrimina i richiedenti asilo”
di Loredana Di Cesare
Sono
otto le regioni “ribelli” che stanno impugnando il decreto Sicurezza
davanti alla Corte Costituzionale, per la parte che riguarda
l’immigrazione.
Il tempo per presentare ricorso sta per finire: la
scadenza è prevista per venerdì primo febbraio. Le ragioni della
Toscana, Umbria, Basilicata ed Emilia Romagna, capofila nella battaglia,
hanno convinto anche Calabria, Piemonte, Sardegna e Marche.
La
giunta marchigiana è l’ultima arrivata: ha approvato la delibera per il
ricorso alla Consulta appena una settimana fa, il 22 gennaio. La
Sardegna si aggiungerà dopodomani. Prima che arrivi la decisione dei
giudici costituzionali, però, bisognerà attendere almeno un anno.
Le delibere regionali presentano molti passaggi comuni. Di seguito, ecco i principali.
Protezione umanitaria
Prima
del decreto, veniva concessa – per vittime di situazioni di grave
instabilità politica, di episodi di violenza, di mancato rispetto dei
diritti umani – a chi non poteva accedere allo status di rifugiato o
alla protezione sussidiaria. Per i governatori, l’abrogazione della
protezione umanitaria (articolo 1 della legge Salvini) non soltanto
aumenta gli irregolari sul territorio, ma rende anche più difficile
assistere le persone che hanno diritto alle cure sanitarie,
all’assistenza sociale, alla formazione lavorativa e all’istruzione.
Residenza anagrafica
Un
altro dei punti fondanti dei ricorsi è l’eliminazione della residenza
anagrafica per i richiedenti asilo (articolo 13). L’art 13 stabilisce
che il permesso di soggiorno attribuito ai richiedenti protezione
internazionale non costituisce documento idoneo per l’iscrizione
anagrafica.
Competenza regionale
“Gli articoli 1 e 13 – si
legge nella delibera della Basilicata – rappresentano norme lesive
dell’autonomia regionale e degli enti locali, impattando in maniera
significativa su competenze concorrenti e residuali garantite dalla
Costituzione”. Questo è il punto di partenza: il governo ha legiferato
incidendo su materie che, in base all’articolo 117 della Costituzione,
competono alle Regioni.
Stranieri discriminati
“In materia
di assistenza sociale, sanitaria, istruzione, formazione e politiche
attive del lavoro – continua la delibera lucana – sono lesi i diritti
essenziali della persona, con disparità di trattamento tra i cittadini
degli stati membri e stranieri regolarmente soggiornanti e in violazione
delle convezioni internazionali”. Motivazioni pressoché identiche si
leggono nella delibera toscana.
Prestazioni assistenziali
Per
la giunta dell’Umbria, la cancellazione della residenza anagrafica è
“lesiva di altre disposizioni costituzionali in quanto irragionevolmente
sono introdotti due presupposti diversi per situazioni che debbono
essere (ed erano) disciplinate unitariamente: da un lato, per i
cittadini italiani e gli altri titolari di permesso di soggiorno, le
prestazioni assistenziali e sociali vertono sul presupposto della
residenza anagrafica; dall’altro lato, i richiedenti asilo, anche se
immigrati regolari, dovranno attestare il domicilio”.
Il circuito Sprar
Emilia
Romagna e Calabria puntano il dito anche sull’articolo 12 del decreto
che riguarda il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati
(Sprar) che è affidato agli enti locali. I richiedenti asilo adesso
potranno essere ospitati soltanto nei Cara. Per entrambe le regioni
siamo dinanzi a una “soppressione” dell’accoglienza presso gli enti
locali. Per l’Emilia Romagna il decreto “sopprime testualmente
l’accoglienza dei ‘richiedenti asilo’ (…) nonché ‘la tutela dei
rifugiati e degli altri stranieri destinatari di altre forme di
protezione umanitaria’ presso i servizi di accoglienza dagli enti
locali, di fatto riservando tale forma di accoglienza ai soggetti
titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati”.