Il Fatto 22.1.19
Insulti razzisti e botte: a processo 28 carabinieri
Aulla (Massa Carrara): rinviati a giudizio quasi tutti gli indagati per anni di soprusi, violenze e omertà
di Ferruccio Sansa
L’indagine
ha retto: su 176 capi d’imputazione solo 5 sono stati rigettati. Ieri
il giudice dell’udienza preliminare di Massa ha rinviato a giudizio
quasi tutti gli indagati nell’inchiesta sulle violenze nelle caserme dei
carabinieri di Aulla e della Lunigiana. Di 31 indagati per cui era
stato chiesto il giudizio ne andranno a processo 28. Un indagato, Mario
Mascia, esce dall’inchiesta per non luogo a procedere, due hanno scelto
l’abbreviato.
Pestaggi, violenze, minacce, insulti razzisti. Quasi
sempre contro immigrati. Secondo i pm, sono andati avanti per anni,
finché le vittime hanno raccontato al loro avvocato, Chiara Lorenzelli
di Aulla, che ha predisposto la querela. Ma anche lei, racconta
l’ordinanza, finì per subire le conseguenze della sua coraggiosa
denuncia. In un clima di crescente paura e omertà. Raccontato dalle
intercettazioni, dalle cimici nascoste nelle auto di servizio: “Quello
che succede all’interno della macchina… non deve scoprirlo nessuno, dal
brigadiere in su. È cosa nostra, proprio come la mafia!”, si dicevano
gli indagati. A preoccupare non erano tanto i superiori, ma un’inchiesta
della magistratura: “Non ho paura dei capi. Il mio superiore mi ha
assicurato che posso stare tranquillo’, il carabiniere mi disse proprio
così”, ha raccontato una vittima. Le carte dell’inchiesta riportano
decine di episodi: “Nell’ufficio c’era una pistola sul tavolo”, diceva
un carabiniere. E il collega: “Era da prendere e sparare al marocchino”.
Dalle conversazioni intercettate emerge un’antologia di frasi razziste:
“I negri sono scimmie”, “C’è un negro – dice un appuntato – gli ho
messo la pistola in bocca. Ho detto che se devo andare in galera ci vado
per qualcosa”. È un pestaggio continuo: “Menavamo di brutto”. Seguono
cori da stadio: “Stupendo!”. Fino all’accusa di violenza sessuale, un
dito nell’ano a un arabo con la scusa di cercargli droga nell’intestino,
quando i regolamenti chiedono una radiografia.
C’è poi una
questione spinosa: la posizione del tenente colonnello Valerio
Liberatori, all’epoca comandante provinciale di Massa accusato di
concorso in favoreggiamento. Con lui il capitano Saverio Cappelluti,
comandante della compagnia di Pontremoli. La loro posizione è stata
stralciata. Avevano scritto i pm: “Aiutavano i carabinieri indagati a
eludere le investigazioni delle autorità”. Come? Avrebbero dato
disposizione che gli indagati fossero accompagnati durante i servizi
esterni riducendo così il rischio che commettessero altri reati. La pm
Alessia Iacopini e il procuratore di Massa Aldo Giubilaro avevano
chiesto l’archiviazione per i due ufficiali, ma con la speciale formula
della “particolare tenuità del fatto”. Il reato, secondo i pm, sarebbe
stato commesso. Ma ecco la sorpresa: la Procura generale di Genova ha
disposto l’avocazione e rappresenterà l’accusa in aula al posto dei pm
di Massa. Per Liberatori e Cappelluti la Procura di Genova ha chiesto la
piena archiviazione. Una decisione che ha diviso le due Procure.