Il Fatto 22.1.19
Siria, la guerra all’Iran che piace a Bibi
Scontro aperto - Tel Aviv ammette di aver colpito, e le ragioni non sono solo militari
di Fabio Scuto
L’escalation
nello scontro tra Israele e Iran nei cieli della Siria tra domenica e
lunedì notte ha riportato alla luce la guerra segreta che si è
combattuta negli ultimi due anni.
Domenica scorsa, Israele ha
effettuato una rara serie di attacchi aerei nell’area dell’aeroporto di
Damasco, seguita da un tentativo iraniano di sparare un missile a medio
raggio verso il nord di Israele, che è stato intercettato dall’Iron
Dome. Lunedì notte poi, all’1 del mattino, Israele non solo ha lanciato
una seconda serie molto più ampia di attacchi contro obiettivi iraniani
in Siria, ma per la prima volta ha annunciato in tempo reale ciò che
stava avvenendo. Undici le vittime dei raid israeliani contro 10
obiettivi diversi sul territorio siriano secondo fonti indipendenti. Le
immagini più surreali di questo ennesimo scontro sono i video pubblicati
lunedì mattina sui social media d’Israele. Gli sciatori che scendevano
dal Monte Hermon hanno colto l’attimo in cui si vedono le scie dei
missili israeliani che intercettano un missile sparato dalla Siria.
Subito sul lato israeliano della montagna sono suonate le sirene di
allarme, e anche le piste da sci sono state chiuse. Israele e Iran sono
adesso impegnati in un conflitto diretto e aperto in Siria, il che forse
non è così sorprendente, se si considerano come tutti gli eventi degli
ultimi otto anni di guerra civile in Siria abbiano portato a questo
momento. Ma è grave che questa pericolosa crisi si stia sviluppando
senza che né Stati Uniti nè Russia stiano cercando di esercitare
un’influenza significativa sul risultato.
L’ennesimo scontro e
l’aumento delle tensioni tra Israele e Siria, e il suo principale
sostenitore, l’Iran, arrivano in un momento in cui la situazione interna
in Siria sta cambiando rapidamente a causa del recente ordine di
disimpegno delle truppe Usa ordinato dal presidente Donald Trump. La
Russia finge di avere piani per il futuro della Siria ma non sembra che
stia facendo molto per attuarli. Gli Stati Uniti non fanno nemmeno finta
di averne.
La minaccia di uno scontro diretto tra Israele e Iran è
incombente da quando in Siria le forze armate iraniane hanno costruito
una presenza importante per aiutare Bashar al-Assad. Ancora ieri il capo
dell’Aviazione iraniana da Teheran minacciava Israele, annunciando che i
suoi piloti “non vedono l’ora di combattere”. Da parte israeliana il
primo ministro Benjamin Netanyahu, che ha sempre lanciato accuse contro
il regime iraniano – dalla costruzione della bomba atomica al build-up
militare in Siria – ha i piani d’attacco pronti da tempo. È un momento
delicato per il premier, sta per affrontare le accuse di corruzione in
quattro diversi casi ed è già in campagna elettorale per le elezioni del
9 aprile. Una guerra – sia per le accuse al premier che per le elezioni
– congelerebbe tutto fino a data da destinarsi.
L’Iran si sta
muovendo velocemente per consolidare la sua presenza in Siria. Le sorti
della guerra civile vanno in modo sempre più deciso a favore del regime
di Assad, e le recenti decisioni dell’amministrazione Trump appaiono
come un disimpegno militare e strategico che rischia di essere colmato,
avvicinando ancora di più le truppe iraniane del generale Qassem
Suleimani ai confini dello Stato ebraico. E questo Israele non può
permetterlo.