Il Fatto 21.1.19
Bibi Netanyahu e l’oscura battaglia giocata con i social
Storico leader – Benjamin Netanyahu in Israele deve affrontare ben quattro diverse accuse per frode, corruzione e fondi neri
di fa.scu.
Quando
la scorsa settimana il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato tramite
i social media che avrebbe rilasciato una dichiarazione in tv in prima
serata, che poteva essere visualizzata tramite il suo profilo Facebook,
ha stabilito un record. Quasi 4,5 milioni di persone l’hanno seguito in
tv e oltre 150 mila via Facebook. Un successo annunciato. Perché fra le
sue molte abilità non c’è dubbio che Netanyahu abbia anche quella di
saper gestire la comunicazione come pochi. È un navigante di lungo corso
su Internet, nei primi anni 90 fu uno dei primi politici a creare un
sito web.
I guai giudiziari che sta affrontando – quattro diverse
accuse per frode, corruzione e fondi neri – lo hanno spinto a diminuire
le sue già rare apparizioni in tv. Netanyahu ha smesso di parlare al
pubblico israeliano tramite i media tradizionali. Invece pubblica
dozzine di post al giorno sui social media, tra cui visualizzazioni e
tweet, e l’alto tasso di risposta dei suoi seguaci influenza gli
algoritmi di Twitter, Instagram e Facebook, aiutandolo così ad attrarre
nuovi follower.
Ogni giorno Netanyahu trasmette messaggi a milioni
di follower su Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e Telegram tramite
dozzine di account, alcuni dei quali sono gestiti con fondi statali e
altri tramite finanziamenti privati da fondi meno trasparenti. I suoi
post hanno migliaia di condivisioni, decine di migliaia di “Mi piace” e
uno dei più alti tassi di risposta degli utenti per qualsiasi politico,
certamente in Israele.
È cosa nota che molti influencer hanno un
gran numero di follower falsi, buona parte dei quali provenienti da
Brasile e India. In effetti, uno sguardo ravvicinato alle pagine
personali di Netanyahu, lascia qualche dubbio. Un numero significativo
proviene dall’estero. Il dottor Anat Ben-David della Open University
afferma che, al contrario di altri politici israeliani, le pagine di
Netanyahu hanno il maggior numero di commenti da utenti che rispondono
solo alla sua pagina e anche il maggior numero di commenti da utenti che
commentano solo una volta. Il 43% dei suoi fan è all’estero, il 33%
vive in Israele, il 47% ha meno di 21 anni.
La “macchina da
guerra” on line di Bibi ha tre diverse branche. Gli account del partito,
finanziati dal Likud; le pagine del primo ministro, finanziate
dall’ufficio del premier; e quelle personali gestite dai suoi guru da
dove proviene il maggior numero di follower. La pagina Facebook di
Netanyahu (lanciata nel 2010) ha oggi 2,3 milioni di follower. Primo
ministro e Likud non rivelano, perché la legge lo consente, i costi di
gestione e da dove provengono i finanziamenti.
Netanyahu è una
delle personalità più popolari in Israele, i suoi account hanno circa 5
milioni di follower. Al contrario del presidente Donald Trump, che
scrive personalmente i suoi tweet, Netanyahu non possiede nemmeno uno
smartphone per timore dello spionaggio. Piuttosto, deve il suo successo
nei social media ai suoi giovani consiglieri, tutti ex militari
dell’Unità del portavoce dell’IDF, le Forze di difesa israeliane. Sono
giovani, molto giovani. In tre non arrivano a 80 anni. Dopo il
“drammatico annuncio” in tv i guru privati di Netanyahu hanno lanciato
una campagna Instagram rivolta ad adolescenti e giovani. Un tentativo di
promuovere il messaggio di Netanyahu che una tangente senza soldi non è
una tangente. Una risposta, apparente, alle gravi accuse di corruzione
contro cui Bibi sta combattendo in questi mesi. La manovra sui social
media era abilmente progettata per indirizzare la conversazione lontano
dalle accuse e per smussare le critiche a Netanyahu. Sembra aver avuto
l’effetto voluto.