lunedì 21 gennaio 2019

Il Fatto 21.1.19
Un antidoto alla rimozione: la Shoah spiegata in 34 pagine
Poche pagine, ma decisive per rompere il silenzio di cui si nutre l’incubo
di Furio Colombo


L’esperimento, anche dal punto di vista letterario, è importante e riuscito: Piccola Autobiografia di mio padre, di Daniel Vogelmann (Giuntina editore), è un libro molto piccolo che racconta una tragedia molto grande. Racconta la Shoah in 34 pagine, attraverso un frammento dell’esperienza delle leggi, della fuga, della cattura, della deportazione, della morte di donna e bambina, del ritorno dell’uomo strappato da tutto e restituito per caso alla vita.
Il libro è breve perché l’uomo sopravvissuto non racconta e non racconterà nulla. A noi giunge la voce del figlio nato dopo lo strappo. Il padre, vissuto dopo la morte, deciso a non esserne il narratore, non aggiunge quasi nulla, e ci sono poche cose che il figlio riesce a ricomporre come “la vita, prima”.
In quel poco c’è rivelazione e conoscenza di ciò che è stato: attesa, timore, ansia, sospetto, speranza sbagliata, paura e, all’improvviso, il confronto irreversibile con il volto vicinissimo del carnefice, che non ha nulla da dire e nulla da risparmiare. La Shoah è questo, La morte generata come pensiero religioso e politico che deve realizzarsi comunque senza che neppure l’assassino voglia una ragione per uccidere, a parte l’identificazione dei milioni che devono essere sterminati.
Questo libro, di poche pagine, ti dice tutto in modo pacato e perentorio perchè nulla può essere omesso, anche se basta un accenno, e tutto è già stato detto anche se non è possibile spiegarlo. Resta un incubo, e l’incubo può essere usato nei due sensi: sapere oppure negare.
La forza del negare sta nell’insensatezza, tanto crudele quanto folle, dell’incubo che non si spiega se non come esplosione del potere nelle mani di persone accecate dal furore del decidere su vita e morte degli altri, persone che sanno come trovare una lista indiscutibile di colpevoli.
Sanno anche di poter contare su immenso silenzio durante e dopo, che rende facile come una malattia il bene organizzato sterminio, e trasforma il “dopo” in sobria e saltuaria partecipazione al dolore, anche con un pò di fastidio.
Ma sempre di ebrei dobbiamo parlare? Il libro di Vogelmann non vi intrattiene a lungo. Solo 34 pagine. C’è tutto.