lunedì 21 gennaio 2019

Il Fatto 21.1.19
Il congresso più difficile di una Cgil spaccata
Da domani parte il congresso Cgil per scegliere il nuovo segretario. I due sfidanti sono Maurizio Landini e Vincenzo Colla
di Salvatore Cannavò


Lo scontro è sordo, sotto traccia. Ma c’è e segna in profondità il passaggio più delicato. Che potrebbe vedere o meno, venerdì prossimo, Maurizio Landini alla guida del più grande sindacato italiano, la Cgil. La sua elezione sarebbe una novità rilevante, se non altro in termini di immagine. La sconfitta sarebbe una novità ancora più grande, perché si porterebbe dietro l’intero gruppo dirigente.
Lo scontro interno.Le cronache della vigilia, il congresso inizia domani, parlano di una frattura netta tra l’ex segretario Fiom e l’ex segretario dell’Emilia Romagna, Vincenzo Colla, che si oppone alla proposta avanzata dal segretario generale uscente, Susanna Camusso. Gli uomini del primo vantano una maggioranza dei delegati al congresso che oscilla tra il 57 e il 62%, il secondo è convinto di avere un vantaggio di circa 50 delegati su 868. Nel panorama della sinistra politica e sociale, dunque, anche la Cgil si presenta con una crisi interna e una spaccatura inedita. Mai si era rischiato di veder concludere un congresso sindacale con due platee così contrapposte. La Cgil è stata smpre plurale, ma anche quando ci sono stati conflitti aspri, la mediazione interna al gruppo dirigente li ha gestiti. Come è accaduto con la successione a Bruno Trentin nel 1994 quando una consultazione tra i dirigenti fece emergere il nome di Sergio Cofferati contro quello di Alfiero Grandi.
Il conflitto, del resto, riguarda solo il gruppo dirigente perché nelle 46.788 assemblee di base il tema della futura segreteria non è mai stato discusso. Anzi, entrambi gli sfidanti hanno votato a maggioranza bulgara lo stesso documento che ha ottenuto il 98% circa dei voti con il 2% alla piccola opposizione di “Riconquistiamo tutto” rappresentato da Eliana Como. Un problema evidente di trasparenza della discussione.
Le regole interne alla Cgil sono poi ancora quelle della sinistra tradizionale: una volta decideva tutto il Comitato centrale, ora deciderà tutto una Assemblea generale di circa 200 membri che verrà eletta al Congresso di Bari – giovedì prossimo – e che avrà la parola decisiva sul segretario. Quell’Assemblea potrebbe però essere eletta da due liste contrapposte guidate da Landini e Colla, dando rappresentazione plastica alla divisione. A meno di un accordo in extremis, magari sulla composizione della futura segreteria o di incarichi organizzativi.
L’avversario.La scelta di opporsi alla proposta Landini coagula umori e tendenze diverse. C’è chi non si è dimenticato gli scontri interni, ad esempio sul caso Fiat, e le accuse che l’ex segretario Fiom lanciava all’allora gruppo dirigente. A ricordare la portata di queste divergenze è stato il segretario della categoria Tessili e Chimici, la Filtcem, Emilio Miceli. C’è poi una impostazione sindacale più pragmatica, interpretata da Colla, orientata al “governo dei processi”, a un rapporto anche conflittuale con le imprese, ma finalizzato ad accordarsi per gestire processi di innovazione o anche di sostegno a opere come il Tav. Prevale poi la preoccupazione di salvaguardare la Cgil dai rischi di una gestione “movimentista”, come la Fiom è sempre stata, espressione che, nel linguaggio di oggi, può far rima con “populista”. C’è, insomma, un gruppo dirigente che vuole evitare quel salto nel buio che Landini, ai suoi occhi, rappresenta. E poi c’è, tesi sostenuta nei piani alti di Corso d’Italia, il nodo della politica.
La Cgil che si oppone a Landini lo fa anche perché si sente, pur rivendicando un’autonomia sindacale e sociale, parte di una certa sinistra. “Sogno un partito prograssista” dice spesso Colla, da intendersi come interlocutore politico e parlamentare. E però questa posizione viene vista dagli avvesari come un mettersi a disposizione di un nuovo Pd, de-renzizzato. È l’accusa, sia pure tra le righe, che viene rivolta, ad esempio, a Ivan Pedretti, segretario dello Spi, il sindacato dei Pensionati, la principale categoria che si oppone a Landini e che rappresenta il 48% degli iscritti (anche se, per una convenzione interna, conta solo il 25% negli organismi confederali). Landini, da questo punto di vista, non garantisce l’ancoraggio giusto, è uno che ama sempre il nuovo nelle varie forme in cui si presenta, dicono i suoi detrattori: la sinistra di Sel, ma anche il M5S o, ricordano i più maliziosi, nel punto di più aspro conflitto con Camusso, un rapporto anche con Matteo Renzi.
La strana coppia. La candidatura Landini, invece, nasce nel corso di una fase nuova del sindacato. Innanzitutto, proprio lo scontro con il Pd renziano e la difesa dell’articolo 18 quando per la prima volta la Cgil ha scioperato contro il governo “amico”. La scelta di costruire uno “statuto dei lavori” raccogliendo le firme e creando un profilo indipendente rispetto alla sinistra politica ha consentito così, alla “strana coppia” Landini-Camusso, di chiudere una contrapposizione storica. Sembrano lontani i tempi in cui, nella Fiom di Claudio Sabattini, Camusso faceva parte della corrente socialista che animava i “riformisti” contro i massimalisti guidati dall’ex leader torinese e rappresentati nel tempo da figure come Fausto Bertinotti, Gianni Rinaldini fino allo stesso Landini. Quella storia si chiude e la Cgil oggi si presenta come un “animale nuovo” in cui la segreteria Landini potrebbe rendere visibile a tutti una novità che è già avvenuta nella vita interna. Non a caso tra le idee che circolano in queste ore c’è anche l’ipotesi di un incarico di rilievo alla stessa Camusso.
Resta la crisi. Ma in ogni caso non sarà una passeggiata, perché la crisi del sindacato è notevole. Non avere più la sponda della concertazione significa dover conquistare risultati con le lotte e gli scioperi. Due beni rari nel conflitto sociale del nostro tempo. La Cgil, come gli altri sindacati, poi, nonostante slanci generosi e lotte indubbie, ha perso gran parte della sua presa nel mondo del lavoro, è chiaramente un sindacato di funzionari, vive di strumenti per nulla conflittuali, come gli enti bilaterali o le strutture di servizio come i Caf e i Patronati.
Landini è stato individuato anche per l’appeal mediatico e il carisma popolare. Requisiti che fanno dire ai suoi oppositori che la Cgil rischia di affidarsi “all’uomo solo al comando”.
Ma nella Cgil gira anche un altro detto: “Un segretario di categoria è un Papa, un segretario confederale è un cardinale”. Se il primo fa un po’ come vuole, il secondo deve confrontarsi con il gruppo dirigente. E sarà probabilmente così anche per Landini che, non a caso, confermerà l’intera segreteria uscente scelta da Camusso. Ma, soprattutto, se eletto, dovrà misurarsi con la prova del confronto-scontro con il governo. E con i suoi elettori, molti dei quali hanno la tessera Cgil oppure hanno guardato a lui come a un riferimento possibile. Lo scontro se ci sarà – finora non c’è stato – non sarà indolore e potrebbe innescare una dinamica nuova. Ma questa è un’altra storia. Per ora occorre vedere come andrà a finire il congresso.