Il Fatto 18.1.19
“Odio e razzismo, la Polonia come un romanzo di Orwell”
Dopo
Danzica. L’omicidio del sindaco Adamowicz ha smascherato la crisi dei
diritti civili. I redattori del giornale Wyborca Gazeta: “Sono tornati
gli incubi peggiori”
di Michela A.G. Iaccarino
“Parole
di odio: è quello che ha ucciso Pawel, questo omicidio è nato dalla
cattiveria. Vi dico cosa era più importante per lui: che a prescindere
dal colore della pelle, del credo religioso, un cittadino si sentisse
bene e accolto qui a Danzica. Ero convinto che scene così non ne avrei
viste più, ma le peggiori memorie sono tornate, le persone sono sempre
più divise, e la colpa è da attribuire solo alla classe politica”.
Così
si esprime Grzegorz Kubicki, da 20 anni caporedattore a Gdansk della
leggendaria Gazeta Wyborcza, giornale aperto nel 1989 con il motto Nie
ma wolnosci bez Solidarnosci (Non c’è libertà senza Solidarietà). Nelle
strade intanto, continua la mobilitazione. Cuori disegnati, cuori di
lampadine e sui cartelloni con solo due parole sopra: stop nienawisci,
basta odio, una parola che in polacco si dice letteralmente “non
vedere”.
La cecità della Polonia xenofoba e destrorsa, che predica
valori da Europa bianca, cattolica e sovranista, ha svegliato quel lato
del paese che rimaneva sopito, che ritiene che la guerra adesso non è
ai confini della patria o intorno alle trincate basi Nato, ma
all’interno. I campi di battaglia del passato si sono trasferiti nelle
case degli scontenti, ostaggio di propaganda e informazioni false.
La
Polonia senza Pawel sta zitta. Nessuno si interroga su Stefan, il
ragazzo che ha accoltellato il sindaco per una vendetta, come ha
dichiarato: è uno spettro di disperazione da reparto psichiatrico.
Quello che invece non è più un fantasma nel paese è l’odio. Ola Ptak,
giornalista di Rzeczpospolita, ha scritto: “Finalmente hanno capito che
le parole sono reali e possono uccidere le persone”.
La paura c’è
ed è palpabile, tanto che se chiedi in giro i ragazzi ti rispondono, ma a
patto dell’anonimato: “Le città sono cresciute, nelle campagne sono
rimasti i poveri, quello è il bastione elettorale di Kazynsky (il
fondatore del Pis, il partito della legge e dell’ordine, ndr) non hanno
soldi per comprare giornali, sono incazzati, non sanno neppure che il
governo gli sta lavando il cervello. Le nostre tv sono come i mass media
di 1984 di Orwell: creano un nemico, poi gli scatenano contro l’odio.
Contro la carriera, la famiglia, la vita di Adamovicz hanno gettato
odio. Rendono il popolo stupido facendosi pagare il canone. Le
provocazioni hanno funzionato: il presidente è morto. Al potere ci sono i
fascisti, ma se scrivi che l’ho detto, non scrivere il mio nome”.
Conferma
queste parole lo storico redattore politico della Wyborcza,
dall’ufficio di Varsavia, Roman Imelski: “La nostra tv è in stile
Cremlino, è a rischio l’indipendenza del nostro sistema giudiziario,
vogliono renderci una seconda Ungheria. Nel 2014, quando il Pis è
arrivato al potere, tutto è cambiato. Mentre il governo faceva
propaganda contro i migranti che ci chiedeva di prendere l’Europa, in
Gran Bretagna facevano propaganda contro i migranti polacchi per la
Brexit. Il nostro governo che sulla carta è russofobico, ha come primo
alleato il più putiniano dei politici d’Europa: il primo ministro
dell’Ungheria, Orban. Qui tutto ormai è tutto un paradosso”.
La
Varsavia del Sejm, il Parlamento, si dichiara ufficialmente affranta. Il
leader de facto della Polonia, Jaroslaw Kaczynski, presidente del
partito Pis, parla di “grande dolore” per la morte del primo cittadino
di Danzica che fino a ieri aveva denigrato per le sue aperture sociali.
Ora
calerà il silenzio, fino al giorno dei funerali del sindaco di Danzica,
domenica prossima. Wojtek Szczucki si definisce figlio d’Europa e vive a
Berlino. All’amico che sta per arrivare dalla Polonia ha chiesto di
portargli i quotidiani da conservare, perché questi sono giorni storici.
“Due
cose possono succedere adesso: i nostri politici realizzano che questo
gioco dell’odio è pericoloso e il delitto sarà l’ultimo tragico capitolo
che ha provocato la morte di Pawel. O non lo capiranno, e delle
tragedie successive, questo lo ricorderemo come il primo passo”.