Il Fatto 15.1.19
Non è colpa di Matteo se la sinistra firmaiola gli ha lasciato la scena
di Antonio Padellaro
Domenica
sera, ospite di Non è l’Arena, Matteo Salvini imperversava, gonfio di
soddisfatta protervia, senza sosta e senza limiti.
Suo,
annunciava, l’esclusivo merito politico della cattura ed estradizione in
Italia di Cesare Battisti. Suo il merito “tecnico”, come ministro degli
Interni a capo della struttura di polizia che ha reso possibile la
difficile operazione. Sua l’amicizia personale con il presidente
brasiliano di destra-destra, Jair Bolsonaro, autore del “regalino”
all’amico Matteo (come da tweet trionfante). Suo il successo della linea
denominata “la pacchia è finita”, applicata all’immigrazione ed
estendibile, da Battisti in poi, alla cinquantina di terroristi
latitanti all’estero (“assassini comunisti, andiamo a beccarli uno per
uno”).
Il tutto condito da espressioni di scherno verso Claudio
Baglioni (“pensi a cantare”), colpevole di aver un’opinione diversa da
quella del Ku Klux Klan sui disperati lasciati a marcire per settimane a
bordo di una barca. In realtà, la gestione politica e l’esito positivo
del caso Battisti si deve al governo tutto e dunque anche (e
soprattutto) all’attività del premier Giuseppe Conte, del ministro della
Giustizia Alfonso Bonafede e di quello degli Esteri Enzo Moavero
Milanesi. In realtà, i vertici dell’Aise, l’agenzia di sicurezza esterna
protagonista tra Brasile e Bolivia delle indagini più sofisticate,
riferiscono in prima battuta non al Viminale ma al presidente del
Consiglio.
In realtà, merito del presidente Bolsonaro è di aver
sbloccato la situazione ma il “regalino” si deve soprattutto al
presidente boliviano, di sinistra, Evo Morales, che ce lo ha rispedito
senza passare direttamente dal Brasile (la cui estradizione non prevede
la pena dell’ergastolo). Ma Salvini tutto questo non l’ha detto perché
nessuno glielo ha chiesto. Anche perché nella comunicazione politica
ogni vuoto tende a essere riempito da chi è più svelto (e sveglio).
Non
è colpa di Salvini se per 37 lunghissimi anni, Battisti è rimasto un
ciarliero uccel di bosco. E se nessuno dei governi precedenti è riuscito
a riportarlo in Italia. Non è colpa di Salvini se, grazie alle dottrine
de sinistra di Mitterrand e di Lula, l’illustre scrittore condannato in
via definitiva per quattro omicidi ha potuto beneficiare della gradita
ospitalità di Francia e Brasile. Non è colpa di Salvini se, come ha
dichiarato a Repubblica il magistrato Armando Spataro che quarant’anni
fa catturò il terrorista del Pac, “rispetto alla Francia, vi è stata una
passività incomprensibile, nel senso che non rammento proteste da
qualsiasi governo”.
Lo stesso vale per Lula, verso il quale
l’atteggiamento dei nostri governi “fu tiepido”. Tanto che, ricorda
Spataro, “qualcuno sostenne che non dovevamo fare l’amichevole
Italia-Brasile, ma non mi pare sia successo nulla, peraltro giocammo e
perdemmo 2 a 0”.
Non è colpa di Salvini se la latitanza del
pluriomicida fu sostenuta e celebrata (con qualche apprezzabile
ripensamento) dall’intellettualità firmaiola di sinistra.
Non è
colpa di Salvini se da quel mondo, impegnatissimo a spaccare il capello
in otto quando si trattava di mettere in dubbio le accuse (convergenti)
dei pentiti contro Battisti, invece non si udirono parole di rispetto
per il dolore delle famiglie delle vittime e di solidarietà per la pena
indicibile che quelle cartoline di impunità da spiagge assolate, per 37
anni, hanno provocato.
Non è colpa di Salvini (tantomeno di
Bonafede) se ieri a Ciampino un ministro comunicava il senso di una
giustizia arrivata finalmente al suo compimento.
Mentre voce,
parole e linguaggio del corpo dell’altro ministro erano un rude
messaggio alla nazione, dalla nazione assai apprezzato: “il clima è
cambiato, chi sbaglia paga”. Oggi lo grida la destra perché ieri non fu
capace di dirlo (e di farlo) la sinistra.
Non è colpa di Salvini se lui si è preso tutta la scena. Ma di chi gliel’ha lasciata.