lunedì 14 gennaio 2019

Il Fatto 14.1.19
La rivoluzione mancata dell’altro Bonaparte
Napoleone-Luigi, nipote dell’imperatore francese, volle legare il suo nome all’Italia, dove partecipò ai moti del 1831 insieme ai patrioti: la sua campagna, però, fu un disastro
di Massimo Novelli


Pubblichiamo il prologo di “Vita breve e rivoluzioni perdute di Napoleone-Luigi Bonaparte”, scritto da Massimo Novelli e in uscita questa settimana per Aragno Editore.

In un passo del romanzo Le Rouge et le Noir, Il Rosso e il Nero, una Chronique du XIXe siècle, Stendhal s’interroga sul destino di Julien Sorel, il protagonista del libro, e scrive: “Era stato il destino di Napoleone, sarebbe stato un giorno il suo?”. Il principe Napoléon-Louis Bonaparte, Napoleone-Luigi Bonaparte, figlio di Luigi Bonaparte, uno dei fratelli dell’imperatore esiliato e morto a Sant’Elena, dovette domandarsi a sua volta se la sorte che lo attendeva sarebbe stata simile a quella del grande zio; e alla pari di Sorel che sognava le “belle donne di Parigi”, pensò, come il personaggio di Stendhal, di “essere amato da una di loro, come Bonaparte che, ancora povero, era stato amato dalla brillante Madame de Beauharnais”.
Napoleone-Luigi non soltanto era il nipote dell’imperatore, ma era stato re d’Olanda, un re bambino, sia pure per pochi giorni; sua madre Ortensia era la figlia di madame de Beauharnais. Mademoiselle Valerie Masuyer, dama di compagna di Ortensia, disse di lui “che era perfettamente elegante e grazioso, soprattutto a cavallo. È l’imperatore in gioventù e in bello”.
La cronaca della sua vita narra che volò sulle ali dell’aquila imperiale, verso la gloria, per poi precipitare troppo presto. Il romanzo di Stendhal, che verosimilmente conobbe il principe, venne pubblicato nel 1830 e quindi datato 1831, i due anni cruciali dell’esistenza di Napoleone-Luigi e di suo fratello Luigi Bonaparte, futuro imperatore dei francesi con il nome di Napoleone III. Quest’ultimo si accingeva a cospirare un po’ grottescamente a Roma con i carbonari poco prima che, nel novembre del 1830, l’editore e libraio parigino Levavasseur desse alle stampe il libro di Stendhal, datandolo però 1831 e con un sottotitolo doppio: la Chronique du XIXe siècle in copertina, e Chronique de 1830 ad aprire il primo capitolo delle due parti del romanzo.
Per Napoleone-Luigi tutto s’infiammò e si spense fra quel 1830, quando a luglio la rivoluzione di Parigi abbatté la monarchia borbonica di Carlo X, e il 1831, l’anno dei moti insurrezionali in Italia, divampati da Modena alla Romagna, dall’Emilia alle altre Legazioni dello Stato Pontificio. Era cresciuto nel culto di Napoleone I quanto i personaggi di Stendhal, come Sorel e il Fabrizio del Dongo de La Chartreuse de Parme, La Certosa di Parma, e nell’amore per l’Italia.
Idealista, “bello come un Apollo” lo definì un vecchio generale napoleonico, e sposato con la cugina Charlotte, figlia di Giuseppe Bonaparte, proprio in Italia il principe inseguì la sua stella. Dapprima la cercò nei libri, nell’arte, nella passione per i palloni aerostatici; in seguito la trovò nella lotta contro il dispotismo e nel desiderio di legare ancora il nome di Bonaparte alla storia d’Italia. Con il fratello incontrò Ciro Menotti, il patriota modenese che sarebbe stato giustiziato per ordine del duca Francesco IV d’Este, e prese parte ai moti del ’31 in Romagna. Ma fu una stella cadente: sparì con la sua prima e ultima rivoluzione, una rivoluzione doppiamente perduta. Il cammino del principe si fece calvario; la rivoluzione italiana fu schiacciata dagli austriaci e dal Papa, nel silenzio della Francia.
Napoleone-Luigi Bonaparte non morì in battaglia, bensì per una comunissima malattia, la rosolia, anche se qualcuno parlò di un avvelenamento. Se ne andò nel marzo del 1831, nella camera di un albergo di Forlì chiamato del Cappello. Poco prima aveva inviato una lettera al Papa, Gregorio XVI, chiedendogli di rinunciare al potere temporale in nome del “libro più liberale che esista, il divino Vangelo” . Il suo ricordo, e la sua lettera clamorosa al Pontefice, sbiadirono nel corso del tempo, offuscati dalla fortuna e dalla fama del fratello, salito sul trono di Francia. La moglie Charlotte, amica di Giacomo Leopardi, pochi anni dopo ebbe in sorte a sua volta una fine drammatica in una locanda della città di Sarzana, uno dei luoghi di origine dei Bonaparte.
Questo è il racconto fatale e stendhaliano, romantico e carbonaro, della sua vita breve e della sua rivoluzione frantumata. Ci sono i sogni e le speranze, le ambizioni, le illusioni e le ingenuità di un giovane, che, come la Mathilde di Il Rosso e il Nero, avrebbe potuto dire: “Senza una grande passione, languivo di noia nel periodo più bello della vita”. (…) Sullo sfondo s’affollano i personaggi e gli interpreti dell’epoca: i patrioti italiani e d’Europa, i tiranni e i re, gli eroi e i vigliacchi, gli esuli e i delatori, le principesse e le popolane, i poeti e i soldati.