Il Fatto 13.1.19
Spd al minimo storico verso le europee. Il caso Scholz imbarazza il partito
Germania.
Socialdemocratici in crisi, i sondaggi segnano un 14%, come Afd e meno
della metà della Cdu, mentre scoppia la grana del ministro delle Finanze
che si candida alla cancelleria a mezzo stampa
di Sebastiano Canetta
BERLINO
Edizione de Il partito socialdemocratico nei sondaggi vale il 14%, come
Afd e meno della metà della Cdu. Il ministro delle finanze si candida
alla cancelleria senza informare nessuno, eccetto la stampa di
riferimento dei conservatori. E la neo-segretaria Andrea Nahles non
tiene più sotto controllo deputati e governatori che ormai si riuniscono
prima e lontano da lei. Senza contare i Giovani socialisti (Jusos)
ostili agli attuali dirigenti dal giorno dell’accordo di governo con Cdu
e Csu: non si sono ancora rassegnati alla linea “governista” ereditata
da Martin Schulz, che ha decimato il consenso negli ultimi dodici mesi.
La
crisi della Spd è conclamata, clinicamente dimostrabile e di pubblico
dominio come l’incontro dei parlamentari Spd chiuso venerdì da Nahles:
il summit che doveva aprire ufficialmente il programma del 2019 e invece
verrà ricordato per essere stato preceduto dal vertice organizzato a
Osnabrück dai deputati del Bundestag di Bassa Sassonia, Brema e
Nordreno-Vestfalia. Uno sgarbo, uno sgambetto, peggio «un affronto» non
solo per la Süddeutsche Zeitung che rileva come la segretaria non sia
più, da tempo, colei che distribuisce le carte nella Spd. La galassia
socialdemocratica si muove in ordine sparso e secondo le ambizioni
personali, proprio come il Pd in Italia.
A gennaio 2018 l’ex
leader Martin Schulz, sconfitto alle urne solo tre mesi prima, si
immaginò nelle vesti di ministro nel quarto governo Merkel; prima di
venire “scoperto” a trattare il proprio destino al tavolo dove doveva
invece negoziare le richieste del partito. Un anno dopo il
vice-cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ammette di puntare alla
più alta carica del governo spiegandolo (in terza persona) ai cronisti
del Gruppo Bild: il megafono democristiano.
Esattamente come
l’anno scorso i massimi dirigenti Spd vengono messi al corrente dalla
lettura dei giornali, e proprio come allora respingono al mittente
l’auto-candidatura di chi non si accontenta più di guidare il ministero
più importante del paese.
«L’ultima di cosa di cui abbiamo bisogno
alla vigilia di elezioni europee è aprire il dibattito sul
candidato-cancelliere. Nel 2019 mi aspetto che la dirigenza si concentri
sulle vere priorità della Spd» taglia corto Sebastian Hartmann,
segretario del Nordreno-Vestfalia. Mentre il governatore della Bassa
Sassonia Stephan Weil spiega garbatamente a Scholz che «la questione non
è urgente dato che mancano due anni al voto federale». Ma il
vice-cancelliere è “bruciato” anche dagli Jusos che rottamano l’ennesimo
candidato calato «dall’alto».
Un’altra grana per Nahles uscita
tutt’altro che impeccabilmente dal maxi-scandalo dell’ex capo del
controspionaggio (scoperto a passare dati riservati sui migranti ad
Afd): la sua richiesta di rimozione era coincisa con la promozione a
collaboratore del ministero dell’interno con aumento di stipendio, prima
del pensionamento imposto dalla protesta della base Spd.
Adesso
per Nahles c’è da risolvere un altro caso che sta facendo arrabbiare tre
quarti del partito a partire dai dirigenti: la solita vicenda mediatica
squisitamente politica.
Quando l’intervistatore di Bild am
Sonntag domanda a Scholz: «Se la sentirebbe di diventare cancelliere?»
il ministro risponde: «Frau Kramp-Karrenbauer ha detto che da un leader
di partito ci si aspetta che si senta di affrontare l’incarico. Questo
vale anche per il vice-cancelliere».
Parole della presidente
cristiano-democratica che, tuttavia, ambisce alla poltrona di Merkel con
la sua benedizione e riflettendo la maggioranza della Cdu che l’ha
appena eletta segretaria. Per Scholz comunque è una richiesta più
popolare della base Spd che ritiene «deleterio dibattere la questione
prima delle elezioni europee». Il suo modo di volare più in alto di urne
e sondaggi che inchiodano il suo partito al minimo storico.