Il Fatto 13.1.19
Lo Zar e la “sua” Africa. Contractors e affari nel Continente nero
La
strategia - Come in Siria, sul campo ci vanno paramilitari che Mosca
ufficialmente ignora, fra cui il gruppo Wagner connesso a Prigozhin, lo
“chef” di Putin
di Valerio Cattano
Ripetere lo
schema siriano in Africa. Protezione in cambio di affari ed appalti.
Quando la Russia del presidente Vladimir Putin non vuole schierarsi
apertamente, ecco l’imprenditore della ristorazione Yevgeny Prigozhin
mettere a disposizione non arti culinarie, ma eserciti privati come il
gruppo Wagner o Euro Polis. In Siria è andata così: Euro Polis ha
stretto un accordo con la Syria’s General Petroleum Corp per proteggere i
pozzi di petrolio al prezzo del 25 per cento dei proventi. Notizia
rivelata da Associated Press nel dicembre 2017. Prigozhin, detto lo
“chef di Putin” è fra le dodici persone che il procuratore speciale
Mueller, negli Stati Uniti, ritiene coinvolte con l’Internet Research
Agency sull’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016.
Se
è andata bene in Siria, figuriamoci nel Continente nero, terra di
conquista: secondo uno studio pubblicato dall’European Council on
foreign relations a firma di Sergey Sukhankin – i guadagni per gli
affari con i Paesi africani per la Russia è aumentato da 3,4 miliardi
nel 2015 a 14,5 miliardi nel 2016. Sono tanti soldi, e devono essere
protetti. Così entrano in campo i contractors, la cui presenza sarebbe
passata inosservata ai più se non fosse stato per l’omicidio nel luglio
scorso di tre giornalisti: Orkhan Dzhemal, Alexander Rastorguyev e
Kirill Radchenko; erano andati nella Repubblica Centrafricana proprio
per documentare la presenza del Gruppo Wagner, agenzia privata che ha
già combattuto in Ucraina con i filorussi e in Siria accanto
all’esercito di Assad.
Il Dossier Center di Mikhail Khodorkovski,
ex magnate del petrolio e acerrimo nemico del presidente Putin, sostiene
che Wagner ha responsabilità nella fine dei tre cronisti. Di certo non
vi è nulla, ma in Africa Mosca non vuole ripetere gli errori fatti in
guerre civili come quelle in Etiopia (1974-1991) e in Angola (1975-2002)
che hanno falcidiato le casse del Cremlino, spesso senza che si
ottenessero i risultati sperati.
Dal 2005, i russi si sono
riorganizzati e hanno intrapreso nuovi rapporti con Angola, Namibia,
Mozambico, Zimbabwe, Etiopia e Repubblica Centrafricana. Nel 2014, Mosca
ha firmato 19 contratti di cooperazione militare nell’Africa
Sub-Sahariana, inclusa la Nigeria. L’agenzia Bloomberg ricorda che
l’Egitto ha ottenuto un prestito russo di 25 miliardi di dollari per
costruire la sua prima centrale nucleare e il Cremlino ha un dialogo
aperto con l’Eritrea per stabilire il suo primo centro logistico sul Mar
Rosso, non lontano da Gibuti dove si trovano l’unica base del Pentagono
in Africa, e la prima struttura militare della Cina.
Nel marzo
scorso, Sergej Lavrov, ministro degli Esteri, ha viaggiato in cinque
nazioni attraverso l’Africa: nello Zimbabwe, compagnie russe sono
coinvolte in un investimento di platino da 3 miliardi di dollari. Ancora
Bloomberg ricorda che emissari di Prigozhin erano in Madagascar in
vista delle elezioni: il Paese è il più grande produttore al mondo di
vaniglia e detentore di importanti depositi di nichel, cobalto e uranio.
L’antropologo Dmitri Bondarenko conferma alla Reuters: “L’Occidente non
è amato da molti paesi africani, e altrettanti vedono la Russia come
l’oppositore dell’Occidente”.
Fra i punti forti della sua offerta,
il Cremlino ha le armi, gli istruttori e la sicurezza. Con la
Repubblica Centrafricana del presidente Faustin-Archange Touadera, il
rapporto è particolare: con la guerra fra cristiani e musulmani, il
Paese è soggetto a un embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite. La
Russia però ha ottenuto una dispensa ufficiale, sostenendo che le armi –
5.200 Kalashnikov, pistole, lanciagranate, fucili da cecchino e altro
hardware – erano per il governo sostenuto dall’Onu. Oltre i rapporti fra
i ministri ci sono quelli fra uomini d’azione, e qui entrano in gioco
le compagnie private, sebbene in Russia la professione di mercenario sia
illegale.
Ma è proprio grazie a queste organizzazioni che Mosca
fa sentire la sua presenza, e se le cose vanno male, come è accaduto
qualche volta in Siria dove Wagner ha subito forti perdite, basta
scrollare le spalle e far finta di nulla: non si tratta mica di soldati
con la divisa della madrepatria, in fondo.
I contractors lavorano
in Sudan – oltre a ottenere le sue risorse naturali il Cremlino potrebbe
coronare un sogno, avere un giorno una base navale sul Mar Rosso – e
sono anche nella Repubblica Centrafricana e in Burundi dove oltre a
Wagner c’è il personale di Patriot, altra agenzia di sicurezza. Sempre
secondo lo studio dell’European Council on foreign relations, i primi
operatori si occupano di addestramento militare, i secondi di sicurezza,
sia a Vip che infrastrutture. Quanti siano i paramilitari russi in
Africa è difficile dirlo: la Reuters ha riportato le indicazioni di
Yevgeny Shabayev, fra i responsabili di un gruppo cosacco; secondo lui
potrebbero esserci 1.000 operatori in Centrafrica e fra i 5.000 e i
10.000 in tutta l’Africa, compresi Sudan, Sud Sudan e Libia. Il punto
centrale però resta la negazione di Mosca sulla connessione con Wagner,
Patriot o altre agenzie. L’unico dato certo è che il presidente Putin,
il responsabile operativo di Wagner lo conosce: si chiama Dmitry Utkin, è
un ex membro delle forze speciali. Il nome dell’agenzia lo si deve a
lui (è soprannominato Wagner, o Vagner). Utkin è stato fotografato nel
2016 con il presidente al ricevimento del Cremlino in occasione del
Giorno degli Eroi: Putin gli ha appuntato al petto l’onorificenza
“Ordine del Coraggio”.