Il Fatto 12.1.19
Il ministro censura: “I porti sono aperti, ma non si può dire”
Autorità
portuali - Il bavaglio di Toninelli a tre presidenti “ribelli”: “Hanno
espresso posizioni sulle scelte del governo sui migranti”
di Antonio Massari
Tra
una diretta Facebook e un tweet, distinguere la politica dalla
propaganda e dalla comunicazione, diventa sempre più complicato. Chi
dice il vero viene redarguito e censurato. È quel che accade da giorni
tra il vicepremier Matteo Salvini e il ministro delle Infrastrutture
(M5S) Danilo Toninelli. “Lunedì – dice Salvini su Facebook – incontrerò
il commissario europeo Dimitris Avramopoulos e gli ribadirò la politica
italiana dei porti chiusi”. Il cittadino deduce che in Italia, per le
navi delle Ong, o chiunque salvi un naufrago nel Mediterraneo, i porti
siano chiusi. L’ha detto il ministro dell’Interno. Non il barista sotto
casa. Deduce male, però. Come confermato dall’Asgi (Associazione studi
giuridici sull’immigrazione), che per dimostrarlo ha dovuto fare un
accesso agli atti del ministero, quello retto da Toninelli, visto che a
chiudere i porti dovrebbe essere lui, non Salvini.
Il punto è che
anche i presidenti di tre autorità portuali hanno provato a disinnescare
la disinformazione del Viminale: “Sotto il profilo tecnico i porti
italiani non sono chiusi” ha spiegato il presidente dell’Autorità
portuale del mare Adriatico settentrionale, Pino Musolino, “non esiste
un decreto del Ministero dei trasporti che chiuda i porti italiani”.
Musolino prova a rimettere sul tavolo la verità: “Il Viminale può
vietare lo sbarco di passeggeri, non l’ingresso né l’approdo di navi nei
porti”. Ci prova pure Pietro Spirito, che governa i porti di Napoli e
Salerno: “Non c’è alcun provvedimento di chiusura del porto. È un
dibattito surreale. Purtroppo oggi in Italia si discute di questi
argomenti come del calcio al bar, ma io faccio il tecnico e il manager, e
vorrei si discutesse di fatti, non di opinioni”. Spirito in effetti
forse pretende un po’ troppo. Non quanto Carla Roncallo, però, che sulla
vicenda Malta Sea Watch – peraltro anticipando di qualche giorno la
posizione del premier Giuseppe Conte – si spinge ancora più in là: “Da
essere umano, penso sia vergognoso che non si riesca a trovare una
soluzione per risolvere la terribile situazione di queste persone”,
scrive la presidente dell’Autorità Portuale del Mar Ligure Orientale,
rispondendo all’appello lanciato da alcuni consiglieri della Spezia per
aprire il porto spezzino ai 49 migranti della Sea Watch. Poi chiarisce:
“Il porto della Spezia non è chiuso come, ritengo, non lo siano gli
altri porti italiani. Non risultano provvedimenti di chiusura”. Che la
Roncallo, da “essere umano”, esprima una convinzione politica – peraltro
coerente con le imminenti scelte di Conte – è senza dubbio fuori
dall’etichetta ministeriale.
E infatti il ministro Toninelli,
lungi dal polemizzare con Salvini, propalatore di chiusure di porti che
non può chiudere, nonché usurpatore di propaganda altrui, che fa?
Convoca i tre presidenti al ministero per redarguirli. E due giorni fa
lo comunica alle agenzie di stampa specificando che lo scandalo non
accadrà mai più. Il Fatto ha rivolto al ministero due domande. La prima:
i porti sono chiusi o no? Risposta: “Non è servito alcun decreto di
chiusura perché il coordinamento dei soccorsi non era italiano”. La
seconda: se sono aperti perché rimproverare i tre presidenti? Risposta:
“Perché non si sono limitati a ribadire – peraltro pleonasticamente –
che i porti non erano stati chiusi ma hanno espresso pubblicamente
posizioni di merito sulle scelte politiche relative alla gestione del
fenomeno migratorio, che esulano dalle loro competenze, adombrando la
possibilità di aprire in modo autonomo e del tutto improprio i porti di
loro competenza”. A questo punto i fatti certi sono due: Salvini può
continuare ad annunciare all’Ue la politica dei “porti chiusi”. E che i
presidenti dei porti non s’azzardino ad adombrare l’idea di aprire i
porti aperti. Altrimenti “pleonasticamente” Toninelli s’incazza. Con
loro.