Il Fatto 11.1.19
“Gilet gialli, M5S vuole ritrovare l’innocenza persa con Salvini”
Intervista a Marco Revelli
Marco Revelli, figlio del partigiano-scrittore Nuto, è sociologo, politologo e storico
“Ai francesi l’Italia non sta simpatica e i grillini sottovalutano il carattere nazionalista”
di Silvia Truzzi
“Mi
stupisce lo stupore”, spiega Marco Revelli riferendosi all’accoglienza
ricevuta dalle dichiarazioni del ministro Di Maio a proposito dei gilet
jaunes. “Mi sembra naturale che i 5Stelle cerchino di accreditare una
fratellanza con i gilet gialli. Può restituire loro un po’ della
freschezza perduta: in pochi mesi di governo hanno dilapidato buona
parte della loro carica di protesta. In Francia emerge un movimento
ambivalente e contraddittorio, che tuttavia esprime una rivolta sociale
politica dal basso e per certi aspetti ricorda il radicalismo delle
origini dei 5Stelle. Come può stupire l’interesse del capo politico dei
grillini? È evidente che non può che fargli bene intercettare un po’ del
vento di protesta”.
Un’unione possibile? I leader dei gilet jaunes danno risposte contraddittorie.
Mi
pare che i grillini sottovalutino il fatto che i populismi di nuova
generazione sono attraversati da forme più o meno esplicite di
nazionalismi o radicamento nazionale che li rendono poco compatibili con
alleanze trasversali, se non con operazioni di assemblaggio di mosaici
molto traballanti. Si aggiunga che ai francesi l’Italia non è simpatica.
I gilet gialli non hanno interesse a imparentarsi con una forza
politica che perde progressivamente la spinta propulsiva originale.
Andare al governo fa sempre perdere l’innocenza, no?
Certo.
Ma che i 5Stelle la perdessero con tanta rapidità e lasciandosi
divorare dal socio di minoranza non era così scontato. Oggi, davanti
all’impoverimento della componente sociale della politica del governo,
si risponde accentuando la disumanità del programma securitario e
xenofobo: l’avevamo messo in conto ma non in questa dimensione. La cifra
del governo gialloverde è l’ostentazione del disumano, più che la
tutela dei diritti sociali.
È ragionevole immaginare che in vista
delle elezioni europee i 5Stelle cerchino alleanze fuori dai confini
nazionali. Di Maio ha detto di aver incontrato i polacchi del Kukiz’15, i
croati di Zivi zid e i finlandesi di Liike Nyt.
Sì, ma teniamo
separate le due questioni. I gilet gialli sono a livello europeo il
fenomeno più interessante degli ultimi mesi, per tenuta ed estensione.
Sono la vera spina nel fianco di una tecnocrazia europea incredibilmente
sorda e cieca. È così stupido ridurre il movimento alle sue ali
estreme, black bloc e casseur che ci sono, ma non sono certamente la
componente determinante. Il guaio è che non si è ancora preso coscienza
del fatto che nel secondo decennio del nuovo secolo non esistono
conflitti sociali puliti. Qualsiasi conflitto sociale si apra è
attraversato da ambivalenze, da rivendicazioni che erano state
tradizionalmente della sinistra sociale e da altre forme di chiusura che
appartengono alla destra.
Perché accade questo?
Perché si è
scomposta la struttura di classe della società, le culture politiche
sono state dismesse e le ideologie non aggregano più. Io continuo a
considerare salutari i conflitti, quelli non cruenti naturalmente,
perché una società senza conflitti è morta, è una palude senza vento. La
democrazia si alimenta di conflitti sociali. E oggi il conflitto è
ambiguo: questo significa che chi è affezionato alla democrazia non può
né liquidarli né demonizzarli. Certo, sono politicamente molto difficili
da gestire perché non hanno una natura costituente, ma destabilizzante
nei confronti del potere. E il potere francese, Macron, merita di essere
esserlo.
C’è molta differenza tra l’espressione del dissenso in
Italia e Oltralpe. Si dice che i francesi sanno fare le rivoluzioni e
noi no, ma contemporaneamente loro non molto tempo fa hanno votato un
Manchiurian candidate e qui invece hanno vinto le forze anti-sistema.
Il
voto a Macron ha due forti connotazioni: da una parte l’esprit
republicain che ha impedito a molti di votare Marine Le Pen, e
dall’altra parte il messaggio di discontinuità con il passato lanciato
da Macron che ha generato un’illusione di cambiamento. Un sogno che per
la maggior parte dei francesi è svanito: sono rimasti a sostenerlo i
ceti affluenti, Macron è davvero les président des riches. Un monarca
con la puzza sotto al naso rispetto al suo popolo.
Cosa pensa dell’Internazionale della democrazia diretta, evocata da Di Maio?
Mi
pare una boiata pazzesca, come direbbe Villaggio. La strategia europea
di Di Maio mi sembra difficilmente praticabile. Questi movimenti di
protesta dal basso non sono facilmente articolabili su scala politica.
Lasciando da parte i finlandesi di Liike Nyt, che sono davvero altra
cosa, i croati e i polacchi che Di Maio vorrebbe riunire in un ipotetico
eurogruppo sono, e qui scomodiamo invece Cochi e Renato, tacchi dadi e
datteri. I polacchi sono una formazione conservatrice con un programma
di estrema destra. I croati di Zivi zid sono un gruppo che ha come
programma politico la difesa degli ultimi e come obiettivo impedire gli
sfratti. Non si capisce cosa c’entri con i polacchi o i finlandesi che
sono un movimento iperliberista. Mi pare un’accozzaglia di forze che
hanno come comune denominatore solo qualche riferimento movimentista.