Corriere La Lettura 27.1.19
Lou von Salomé
Esplorò la forza dell’eros
L’incontro imponderabile che unisce due estraneità
Bellissima e spregiudicata visse l’amore con trasporto fisico e con slancio intellettuale seducendo Rilke e Nietzsche
Cruciale il suo apporto alla picoanalisi con lo studio del narcisismo
di Donatella Di Cesare
L’amore
è stato il filo della sua esistenza turbolenta e frammentata, scandita
da innumerevoli legami appassionati e drammatici, dai quali lei sembrava
ogni volta uscire quasi illesa. Non si contano invece le vittime, più o
meno consenzienti, di quei rapporti. Intellettuali, pittori, filosofi,
poeti: da Friedrich Nietzsche a Rainer Maria Rilke. Bellissima e piena
di fascino, tenera e volitiva, eccentrica e indomabile, Lou (diminuitivo
di Louise) von Salomé rappresenta una figura emblematica che si staglia
nell’orizzonte del Novecento europeo agitato da rivolgimenti politici
ed esistenziali. Qualsiasi giudizio si voglia emettere su questa donna
spregiudicata e anticonformista, certo è che a lei toccò in sorte di
esplorare, nei suoi meandri più oscuri, non tanto l’anima della donna,
quanto la passione erotica femminile.
Nata a San Pietroburgo nel
1861, trascorse gran parte della sua vita in Germania, nella piccola
città universitaria di Gottinga, dove morì nel 1937, in tempo per
osservare da vicino la catastrofe. Poco tempo dopo la sua scomparsa, gli
agenti della Gestapo ne confiscarono la biblioteca. Ai loro occhi
quella specie di strega aveva più di una colpa: soprattutto si era
occupata di psicoanalisi, la «scienza ebraica» per eccellenza. Non
l’aveva forse escogitata Sigmund Freud?
Pur considerando la
scrittura un’attività quasi secondaria, che accompagnava la sua sete di
vivere, la sua curiosità intellettuale, il fervore con cui si
abbandonava ai rapporti umani, Lou Salomè ha lasciato venti libri e
oltre cento saggi, articoli, recensioni. Potrebbe essere definita una
scrittrice, se non fosse che ciò che ne contraddistingue il lascito sono
proprio gli scritti di stampo psicoanalitico, in cui le esperienze
biografiche si coniugano con una introspezione originale. Con il titolo
La materia erotica . Scritti di psicoanalisi, la casa editrice Mimesis
ha pubblicato di recente una raccolta, curata da Jutta Prasse. L’arco di
tempo va dal 1900, data d’uscita del primo saggio Riflessioni sul
problema dell’amore, al 1921, anno a cui risale Il narcisismo come
doppio orientamento, dove non è difficile scorgere le tracce del dialogo
serrato con Freud.
Perché quell’interesse proprio per la scuola
di Freud e non, ad esempio, per l’indirizzo rappresentato da Gustav
Jung? La risposta sta nel valore che la psicoanalisi attribuiva alla
pulsione sessuale. Lou vedeva così confermata un’idea di cui si era
andata convincendo già prima di conoscere personalmente Freud a Weimar,
nel 1911, nel Congresso della Società psicoanalitica Internazionale.
Quell’incontro fu per lei decisivo perché le fornì i mezzi per
sbrogliare l’intrigo della materia erotica che la teneva avvinghiata sin
dalla giovinezza.
La forza misteriosa dell’amore era
sconvolgente, inebriante, ma anche demoniaca e distruttiva. Affine alla
creazione artistica del genio, poteva innalzare a vette supreme o
spingere negli abissi più meschini. Di questo aveva già narrato la
grande letteratura ottocentesca immortalando i ritratti di Emma Bovary e
Anna Karenina, eroine tragiche le cui storie avrebbero dovuto provare
l’impossibilità di conciliare amore sessuale e serenità coniugale. Per
Lou era tempo di cercare una terza via, senza rinunciare al rifugio di
un compagno, ma senza neppure abdicare alla rigenerazione dell’amore. Il
che non voleva dire abbandonarsi ad una facile promiscuità, consegnarsi
all’avventura fortuita e banale.
Proprio perché scorgeva
nell’amore la forza vitale per eccellenza, scelse di viverlo fino in
fondo, con trasporto fisico, ma anche con slancio intellettuale,
consapevole della transitorietà di quell’energia che cessava
inspiegabilmente, così come nascostamente era sgorgata. Occorreva solo
essere pronti e prendere a piene mani la felicità nell’attimo, senza
arrovellarsi troppo sul dopo. Pretendere di dare durata a quella
passione avrebbe significato essere del tutto irrealistici. Non si può
promettere di essere fedeli quando è in gioco l’amore. Di questo aveva
discusso a lungo con Nietzsche, che per anni aveva eletto a maestro. Si
intuisce perché quella sua irrequieta disinvoltura disorientava i
partner, conducendoli talvolta a gesti estremi, in taluni casi teatrali.
Nonostante
i conflitti interiori, quello in particolare tra un cuore impulsivo e
una volontà imperiosa, Lou superò una dopo l’altra anche le rotture più
drammatiche, persuasa della necessità di addentrarsi nel mistero della
vita, di esplorarne le vie tortuose, fino ad elevare quella sfera
sepolta dell’inconscio alla dignità della coscienza. Quasi in un
estenuante esperimento, amava come viveva, viveva come amava. Con
spontaneità, ma anche con serietà.
In questa indagine dell’eros,
nel suo significato più ampio e profondo, Lou non poteva non votarsi
alla vita altrui, perché l’amore è anzitutto il bisogno impellente
dell’altro. Si interrogò perciò anche sulla modalità e il valore della
fusione, che nell’uomo, in cerca di un’identità rafforzata, rischia di
diventare esigenza di possesso, smania di appropriazione, volontà di
sottomissione. Questo non avviene nella donna, che — osserva nel saggio
Il tipo femmina — sperimenta già sempre l’altro in sé, che è sempre già
duale e divisa in sé stessa, laddove «il maschio permane univocamente
aggressivo». Forse si può dire che il suo contributo più rilevante alla
psicoanalisi sia lo studio sul narcisismo, che è senza dubbio amore di
sé, egocentrismo spinto all’estremo, capace di cancellare del tutto
l’altro, ma che a ben guardare ha mille sfaccettature spesso trascurate.
Il narcisismo può comprendere persino la sottomissione.
Se
qualche decennio fa i testi di Lou von Salomé, con le sue osservazioni
provocatorie e talvolta parossistiche, hanno avuto un effetto
dirompente, scardinando vecchi luoghi comuni e stimolando il pensiero
femminista, oggi non possono non essere lette con occhi diversi. Resta,
però, l’originalità della sua riflessione e di quel suo modo di
considerare il rapporto erotico non come l’eterna inimicizia tra i
sessi, bensì come l’incontro imponderabile tra due estraneità. Ed è
proprio ciò che spinge all’unione. L’amore, forma intermedia tra
l’ipseità del singolo e la fraternizzazione comunitaria dei molti, tra
egoismo e altruismo, dischiude dunque una sfera che ciascuno è chiamato a
esplorare, ma che in nessun modo può essere sottovalutata, ritenuta
inferiore, cancellata nell’esistenza umana.