lunedì 14 gennaio 2019

Corriere La Lettura 13.1.19
1929 Il crollo è stato ben studiato. Provvidenzialmente
La lezione di Wall Street preziosa per il nostro 2008
di Danilo Taino


Il 1929? Troppo recente per darne un giudizio, si potrebbe dire prendendo a modello ciò che — pare — disse Zhou Enlai della Rivoluzione francese. Ancora oggi, novant’anni dopo, non c’è infatti un’opinione condivisa sul crollo di Wall Street più famoso della storia e soprattutto sulle sue conseguenze, su ciò che accadde dopo, la Grande Depressione. La crisi finanziaria del 2008, però, qualche saggezza rilevante, se non definitiva, sull’ottobre 1929 l’ha stimolata.
Il 24 di quel mese, un giovedì, la Borsa di New York iniziò a cadere e il massimo del crollo fu toccato i successivi lunedì e soprattutto martedì, il famoso Black Tuesday, quando il collasso fu totale. Delle cause si continua discutere: se si sia trattato di un errore della Federal Reserve che negli Anni Venti tenne una politica monetaria così espansiva da creare una grande bolla oppure se si trattò di una correzione di mercato in sé grave ma non necessariamente devastante. Quello che il 2008 rivela, però, sta nella risposta che allo scoppio della crisi la banca centrale americana diede. Nel 1929, la Fed non agì da prestatore di ultima istanza: Milton Friedman e Anne Schwarz dimostrarono che, in sostanza, stette a guardare, non immise liquidità sufficiente nel sistema, con la conseguenza che negli anni successivi l’intreccio tra crollo dell’economia e banche che cadevano come mosche (da 25 mila a un certo punto gli istituti di credito scesero a meno della metà) prese possesso dell’economia e creò anni di Depressione (durante la quale gli errori della Fed continuarono).
C’è chi ha contestato questa lettura. L’azione delle banche centrali dopo il crollo della Lehman Brothers nel 2008 indica però che una crisi finanziaria potenzialmente grave come quella del 1929 non è diventata una Grande Depressione come quella degli Anni Trenta innanzitutto perché le banche centrali più importanti non hanno ripetuto gli errori di allora: hanno dato liquidità alle economie e hanno evitato fallimenti bancari. L’importanza oggi del «martedì nero di Wall Street» sta proprio in questo: l’averlo studiato ha consentito alle banche centrali — la Fed ma anche la Bce a Francoforte, la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone — di non rifare gli stessi errori. Il 1929 è giovane, ha meno di un secolo, ma qualcosa ci ha già aiutato a capire.