Corriere La Lettura 13.1.19
1929 Il crollo è stato ben studiato. Provvidenzialmente
La lezione di Wall Street preziosa per il nostro 2008
di Danilo Taino
Il
1929? Troppo recente per darne un giudizio, si potrebbe dire prendendo a
modello ciò che — pare — disse Zhou Enlai della Rivoluzione francese.
Ancora oggi, novant’anni dopo, non c’è infatti un’opinione condivisa sul
crollo di Wall Street più famoso della storia e soprattutto sulle sue
conseguenze, su ciò che accadde dopo, la Grande Depressione. La crisi
finanziaria del 2008, però, qualche saggezza rilevante, se non
definitiva, sull’ottobre 1929 l’ha stimolata.
Il 24 di quel mese,
un giovedì, la Borsa di New York iniziò a cadere e il massimo del crollo
fu toccato i successivi lunedì e soprattutto martedì, il famoso Black
Tuesday, quando il collasso fu totale. Delle cause si continua
discutere: se si sia trattato di un errore della Federal Reserve che
negli Anni Venti tenne una politica monetaria così espansiva da creare
una grande bolla oppure se si trattò di una correzione di mercato in sé
grave ma non necessariamente devastante. Quello che il 2008 rivela,
però, sta nella risposta che allo scoppio della crisi la banca centrale
americana diede. Nel 1929, la Fed non agì da prestatore di ultima
istanza: Milton Friedman e Anne Schwarz dimostrarono che, in sostanza,
stette a guardare, non immise liquidità sufficiente nel sistema, con la
conseguenza che negli anni successivi l’intreccio tra crollo
dell’economia e banche che cadevano come mosche (da 25 mila a un certo
punto gli istituti di credito scesero a meno della metà) prese possesso
dell’economia e creò anni di Depressione (durante la quale gli errori
della Fed continuarono).
C’è chi ha contestato questa lettura.
L’azione delle banche centrali dopo il crollo della Lehman Brothers nel
2008 indica però che una crisi finanziaria potenzialmente grave come
quella del 1929 non è diventata una Grande Depressione come quella degli
Anni Trenta innanzitutto perché le banche centrali più importanti non
hanno ripetuto gli errori di allora: hanno dato liquidità alle economie e
hanno evitato fallimenti bancari. L’importanza oggi del «martedì nero
di Wall Street» sta proprio in questo: l’averlo studiato ha consentito
alle banche centrali — la Fed ma anche la Bce a Francoforte, la Banca
d’Inghilterra, la Banca del Giappone — di non rifare gli stessi errori.
Il 1929 è giovane, ha meno di un secolo, ma qualcosa ci ha già aiutato a
capire.