Corriere La Lettura 13.1.19
Pregiudizi Da Proudhon in poi
l’odio contro gli ebrei si manifesta anche nel campo progressista, oggi
soprattutto nei gruppi terzomondisti. Parla lo storico di Michel Dreyfus
Derive antisemite nella sinistra radicale
di Alessandra Tarquini
Direttore
di ricerca emerito al Cnrs, lo storico francese Michel Dreyfus si è
occupato del socialismo e del movimento sindacale. Il suo saggio
L’antisemitismo a sinistra è uscito in Italia nel 2018 presso l’editore
Free Ebrei.
Come mai il suo libro si intitola «L’antisemitismo a sinistra» e non «L’antisemitismo di sinistra»?
«Perché
l’antisemitismo specifico della sinistra, nel senso più ampio del
termine, è stato un fenomeno decisamente raro. In effetti, nella sua
storia, la sinistra ha più spesso ripreso stereotipi sviluppati dalla
destra e dall’estrema destra. Ho distinto nel corso degli ultimi due
secoli cinque forme di antisemitismo: economico, razzista, complottista,
revisionista e negazionista e, infine, antisionista nei confronti dello
Stato di Israele».
Quali sono le origini teoriche e culturali dell’antisemitismo di sinistra?
«Come
sappiamo, fin dal Medioevo gli ebrei sono stati identificati con
l’usura dalla maggioranza della popolazione cristiana. All’inizio del
XIX secolo, i socialisti utopisti li associano al nascente capitalismo
attraverso un nome, quello dei Rothschild. Proudhon e Toussenel
costruiscono un’immagine assimilando l’ebreo al mondo delle imprese e lo
rendono un profittatore: hanno una grande responsabilità nella
costruzione dell’antisemitismo di matrice economica. Invece Saint-Simon e
i suoi seguaci non fanno commenti antisemiti. Inoltre, il pensiero
marxista sin dalle origini ha non poche difficoltà con il concetto di
religione, perché non include le categorie della lotta di classe: questo
imbarazzo lo fa sottovalutare, o addirittura ignorare, la tradizione
antisemita cristiana che permea la società. Allora l’antisemitismo
conosce in Francia un secondo periodo, dal 1880 alla vigilia della Prima
guerra mondiale. In un contesto di crisi economica e di ascesa del
nazionalismo, razzista e xenofobo, le idee antisemite sono propagate
dalla destra cattolica e dall’estrema destra. Idee che influenzano gran
parte del socialismo di sinistra, anarchico e sindacalista, che si sta
organizzando. Solo durante l’affare Dreyfus (1894-1906) e attraverso
l’azione dei militanti, il più noto dei quali è Jean Jaurès, la sinistra
capisce che deve rompere completamente con gli antisemiti. Dopo la
Grande guerra e gli anni Venti, che rappresentano la “bassa marea”
dell’antisemitismo, la violenza antiebraica torna nel decennio
successivo, soprattutto a causa della crisi economica. Questo
antisemitismo si basa su una tematica ancora diversa, quella secondo cui
gli ebrei cospirano per dominare il mondo, come “dimostrano” i
Protocolli dei Savi di Sion, un libro delirante uscito nel 1903, scritto
dalla polizia segreta russa per dimostrare l’esistenza di un complotto
ebraico ai danni dell’umanità. In quegli anni fra l’altro la violenza
antisemita si esercita a sinistra contro il primo ministro Léon Blum,
accusato nel Partito socialista di voler fare la guerra ai tedeschi
perché Hitler perseguita gli ebrei come lui: anche a sinistra c’è chi
pensa che gli ebrei vogliono dominare il pianeta e causare una nuova
guerra mondiale».
Pensa che l’antisemitismo a sinistra sia una specificità francese o un fenomeno europeo?
«Rispondere
è difficile oggi. L’antisemitismo a sinistra è stato oggetto ed è
oggetto di numerosi studi in Italia, ma la ricerca deve ancora essere
condotta nella maggior parte dei Paesi europei. In Belgio, alla fine del
XIX secolo, il socialista Edmond Picard fece violente osservazioni
antisemite; ma non so quale sia stata la sua influenza nel Partito dei
lavoratori belga. In Germania, Rosa Luxemburg, Wilhelm Liebknecht e
altri socialisti credevano che la sinistra non dovesse difendere
Dreyfus, un borghese e un militare, mentre i socialisti francesi
finiscono per abbandonare questa posizione. E che dire di Austria e Gran
Bretagna? Certamente la questione provoca discussioni all’interno della
Seconda Internazionale sin dal suo inizio».
La creazione dello
Stato di Israele nel 1948 introduce un nuovo elemento. Come ha cambiato
la diffusione dell’antisemitismo a sinistra?
«Il sionismo ebbe un
inizio difficile in Francia e poi acquistò influenza e diffusione dalla
Dichiarazione Balfour (1917), con la quale il ministro britannico
manifestò la disponibilità del governo a considerare la Palestina come
un focolare nazionale per gli ebrei. Da allora, la sinistra francese si è
divisa tra i socialisti, sempre più numerosi, che sostengono il
sionismo, e i comunisti e l’estrema sinistra, che lo criticano; la
spaccatura tra queste due correnti continua e aumenta dopo il 1948,
anche se le critiche a Israele espresse dai comunisti e dall’estrema
sinistra non possono essere definite antisemitiche, nonostante le
polemiche suscitate».
Quali sono le caratteristiche della riflessione della sinistra radicale?
«Sicuramente
dagli anni Ottanta a sinistra, e in particolare nella sinistra radicale
— l’estrema sinistra trotskista e anarchica —, sono aumentate le
tensioni rispetto alla questione ebraica e all’antisemitismo: una
manciata di attivisti di estrema destra, attivi sin dagli anni Sessanta,
ha dato vita a una nuova forma di antisemitismo che infetta e si
estende anche a una piccola parte dell’estrema sinistra. Alcuni negano
il genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale e associano
tale negazione a una sfida totalmente antisemita all’esistenza dello
Stato di Israele. E infine esiste una sesta forma di antisemitismo che
sembra apparire oggi fra la sinistra più radicale, sempre meno vigile e
all’interno della quale si moltiplicano gli slittamenti antisemiti.
Questa corrente esprime un approccio critico e sommario al colonialismo:
si tratta di una strana miscela di vittimismo e razzismo che ha una
certa influenza in alcuni ambienti intellettuali».
Qual è la differenza fra l’antisemitismo di destra e quello di sinistra?
«La
differenza principale non è nei contenuti, ma nell’influenza
all’interno della società francese. L’antisemitismo esisteva a sinistra,
anche se la maggior parte delle volte riprendeva, con mezzi molto più
deboli, temi nati a destra. Facciamo un esempio: l’influenza dei
socialisti utopistici era molto limitata. Anche durante il caso Dreyfus,
il quotidiano cattolico “La Croix”, che si proclama “il giornale più
antiebraico di Francia”, tira 500 mila copie, mentre la stampa
repubblicana di sinistra e socialista raggiunge a fatica le 250 mila. La
differenza di mezzi è chiara anche negli anni Trenta: molti giornali di
destra e di estrema destra sono letti da centinaia di migliaia di
persone e sono diffusi dalle numerose pubblicazioni di gruppi
specializzati nell’antisemitismo. Certo, può capitare che
l’antisemitismo di sinistra conosca un pubblico molto più vasto quando
viene ripreso dall’estrema destra, come è accaduto con il revisionismo e
il negazionismo, che prima di essere resi popolari da Jean-Marie Le Pen
hanno toccato solo cerchie marginali. In ogni caso, venga da sinistra o
da destra, l’antisemitismo va combattuto con la stessa fermezza».