Corriere La Lettura 13.1.19
1789 La rivoluzione dell’eguaglianza davanti alla legge
Splendida e imperfetta
l’aurora dei diritti umani
di Vittorio Criscuolo
Con
il 1789 si aprì un’epoca nuova. Nulla fu più come prima: la politica,
l’economia, la società, la guerra, la religione assunsero allora la
dimensione con la quale ancora ci confrontiamo. Tuttavia nel nostro
tempo, nel quale la memoria storica, individuale e collettiva, tende ad
accorciarsi, le origini dell’età contemporanea sono ricondotte sempre
più alla Prima guerra mondiale, mentre il 1789, nella stessa Francia, è
ricacciato in un mondo lontano. È un impoverimento non solo della
prospettiva storica, ma proprio della coscienza civile.
In un’età
in cui domina la più cinica Realpolitik, si può ignorare la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789,
che esprime tutto lo spirito di quell’anno straordinario? Colpisce
intanto l’afflato universale di quel testo, che non mira tanto ad una
riforma della Francia quanto alla rigenerazione dell’intera umanità.
L’impianto è individualistico: la dichiarazione considera gli individui
isolati, uno per uno, ciascuno titolare, per il solo fatto di essere
nato, di diritti che lo Stato deve garantire. Certo il diritto naturale,
essendo fuori del tempo e della storia, non ha modo di farsi valere
rispetto al diritto positivo, ma rappresenta un metro di paragone per
valutare in che misura le leggi rispettano i diritti degli individui: un
criterio del quale oggi non si può fare a meno.
L’individualismo
della dichiarazione fu criticato da Karl Marx: i diritti tutelati erano
quelli della borghesia, la quale dietro l’eguaglianza formale si
garantiva il proprio predominio di classe. Oggi questi rilievi appaiono
lontani dalla nostra sensibilità.
La successiva dichiarazione del
24 giugno 1793, nella quale al primo posto fra i diritti c’è
l’eguaglianza, ci ricorda che la democrazia è fragile in una realtà
caratterizzata da profonde sperequazioni economico-sociali. Ma non è il
caso di contrapporre i due testi.
Pur imperfetta (non prevede la
libertà di coscienza e di culto), la dichiarazione del 1789, che Hegel
definì «una splendida aurora», è un riferimento ineludibile per il
pensiero liberale. Come osservò Alexis de Tocqueville, l’inizio della
rivoluzione era stato un tempo di «giovanile entusiasmo», di «passioni
generose e sincere»; per questo il suo ricordo era destinato a turbare a
lungo «i sonni di coloro che gli uomini vogliono asservire o
corrompere».