Corriere 8.1.19
Pezzi di ricambio umani sul mercato, il traffico che inquieta
Un
libro a due voci di Franca Porciani e Patrizia Borsellino (Franco
Angeli) denuncia la crescita del commercio illegale di organi a scopo di
trapianto
di Paola D’Amico
«La verità è tanto
più difficile da sentire quanto più a lungo la si è taciuta». È tratta
dal Diario di Anne Frank l’epigrafe sul frontespizio del saggio Vite a
perdere (Franco Angeli) di Franca Porciani, medico e giornalista, e
Patrizia Borsellino, professore di Filosofia del diritto all’Università
Milano-Bicocca.
Ed è la sintesi perfetta di un’inchiesta
giornalistica che solleva ogni velo sul dramma del traffico di organi.
Perché non sono mistificazioni o fake news quei racconti che, negli
anni, hanno fatto notizia per un giorno per poi ripiombare sotto una
pesante coltre di silenzio. Un’eco inquietante che ha accompagnato di
fatto il meraviglioso racconto delle conquiste chirurgiche sin da
quando, negli anni Settanta, l’arrivo sul mercato di un farmaco di
origine fungina che impediva il rigetto dell’organo (la ciclosporina)
permise il decollo dei trapianti. E non solo numericamente, perché quel
farmaco aprì infatti scenari che fino ad allora erano stati immaginati
solo nei libri di fantascienza. Si pensi al trapianto di mano o,
traguardo questo ancor più straordinario, del viso.
Ma, come ben
documenta Franca Porciani, i successi nei trapianti rimasero un bel
capitolo di storia confinato nel mondo occidentale progredito. E fu
chiaro da subito che per una banalissima legge di mercato — la domanda
di organi superava e ancora supera ampiamente l’offerta di quelli
disponibili — avrebbe potuto aprirsi lo scenario di una compravendita
illegale, dove il ricco si compra il pezzo di ricambio da chi non ha
altro da vendere che se stesso.
Un mercato che, come si legge nel
libro di Porciani e Borsellino, nel corso degli anni Duemila è
«diventato maturo». Un rene indiano all’epoca valeva mille dollari, uno
sudafricano o filippino poco di più. Un mercato che va avanti,
nonostante i governi dei Paesi in via di sviluppo tentino di arginarlo,
con leggi e divieti. Eppure le cliniche clandestine continuano a fiorire
come funghi e ci sono Stati che, come la Cina, fanno da battistrada a
questo tipo di pratiche, aprendo nuovi scenari e giganteschi problemi
etici del tutto inediti. Nel 2005 il gigante asiatico dispone infatti
(dietro consenso…) l’utilizzo degli organi dei condannati a morte.
La
disponibilità degli organi era già del resto da tempo un affare di
Stato per l’Iran degli ayatollah che, dieci anni prima, aveva inaugurato
una strategia — finora imitata (per fortuna) soltanto da Singapore —,
aveva cioè varato un rimborso per i donatori di rene.
Infine, il
capitolo più inquietante, legato a doppio filo a quello del traffico di
uomini, donne e bambini che si svolge da anni attraverso il Mar
Mediterraneo. Ecco le sevizie e gli orrori di migranti che vengono
mutilati del proprio rene, quando non addirittura uccisi e abbandonati
nel deserto del Sahara. Dal quale poi partono aerei diretti con i
«carichi umani» alle cliniche del Cairo.
Insomma, uno scenario per
nulla rassicurante. Il trapianto di organi, come scrive Patrizia
Borsellino, non è solamente un «osservatorio privilegiato delle
straordinarie potenzialità della medicina… ma anche dei risvolti
biomedici ed etici».