Corriere 6.9.19
Il Presidente del Senato
Casellati: i sindaci disubbidienti sono l’anarchia
di Dino Martirano
Il
presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati sulla
questione migranti dice: «Se ora i sindaci si mettessero a non
rispettare le leggi, passerebbe un messaggio devastante. Sarebbe
l’anarchia». E sulla riforma Fraccaro che prevede il referendum
propositivo senza quorum? «Rischia di mettere in discussione il futuro
della stessa democrazia rappresentativa».
ROMA Se ora i sindaci si
mettessero a non rispettare le leggi, passerebbe «un messaggio
devastante per le istituzioni e i cittadini. Sarebbe l’anarchia». Quando
«si contesta una norma ci sono forme e sedi appropriate». Quali la
Corte costituzionale, che, «nella sua assoluta e insindacabile
autonomia», a giorni sarà chiamata anche a valutare l’ammissibilità del
conflitto tra poteri sollevato dal Partito democratico per il caos e le
forzature cui è stata sottoposta la legge di bilancio in Aula. Così,
alla vigilia della ripresa dei lavori a Palazzo Madama, il presidente
del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, si prepara a un anno già
carico di tensioni. In cui si voterà, tra l’altro, anche la riforma
Fraccaro sul referendum propositivo senza quorum: una novità, osserva la
seconda carica dello Stato, che «mi sembra possa mettere in discussione
il futuro della stessa democrazia rappresentativa».
Sull’iter
della legge di bilancio, il presidente della Repubblica ha parlato di
«grande compressione dell’esame parlamentare» ed ha esortato i «gruppi
politici a discutere costruttivamente su quanto avvenuto». È sempre più
difficile assicurare la centralità del Parlamento?
«Condivido
appieno le riflessioni del presidente della Repubblica. La centralità
del Parlamento è un caposaldo del nostro assetto istituzionale, che
trova fondamento nella democrazia rappresentativa disegnata dalla
Costituzione. Senza dubbio il percorso della legge di bilancio è stato
travagliato. Io stessa mi sono trovata a dover invitare, durante il suo
esame, il governo e le forze politiche di maggioranza a un più rigoroso
rispetto del processo legislativo. Ma l’approvazione della manovra ha
impedito l’esercizio provvisorio di bilancio che avrebbe causato danni
gravissimi all’immagine dell’Italia, innescando speculazioni sui mercati
e aumento dello spread, bruciando i risparmi dei cittadini.
L’importante è che un epilogo parlamentare come quello registrato a fine
anno sia un’eccezione e non una regola. Perché occorre sempre garantire
spazi adeguati di esame, ponderazione e riflessione nei percorsi di
approvazione delle leggi».
Il Pd ha sollevato un conflitto tra
poteri dello Stato davanti alla Consulta. Quanto può essere rischioso
esternalizzare il contrasto tra governo e Parlamento?
«Tutto ciò
che è previsto dalla nostra Costituzione non può mai essere considerato
rischioso per la democrazia. Sarà la Corte, nella sua assoluta e
insindacabile autonomia, a stabilire l’ammissibilità del ricorso ed
eventualmente a pronunciarsi sul merito».
Come giudica la riforma
Fraccaro sul referendum propositivo senza quorum, che non esclude, su
uno stesso tema, un ballottaggio tra «leggi scritte dal popolo» e norme
varate dalle Camere?
«Gli strumenti di democrazia diretta ci sono
già nel nostro ordinamento e hanno rappresentato un arricchimento
straordinario per le nostre istituzioni. Penso alle stagioni
referendarie e ai concreti “passi in avanti” compiuti grazie alle scelte
dei cittadini su grandi temi, a partire dai diritti civili. Ma un
referendum senza quorum, con la concorrenza tra proposte delle Camere e
proposte d’iniziativa popolare, mi sembra possa mettere in discussione
il futuro della stessa democrazia rappresentativa».
Nel discorso
di fine anno, il capo dello Stato ha detto no alla «tassa sulla bontà»
che raddoppia l’Ires per le associazioni di volontariato. Condivide
questo giudizio?
«Non si può penalizzare un settore nevralgico per
l’Italia. Sia perché rappresenta una unicità nel panorama
internazionale, sia per la rilevanza economica del settore. Il mondo del
volontariato, nel quale lavorano oltre 800 mila persone, è una delle
tante eccellenze italiane che non hanno eguali nel mondo. Il nostro è un
Paese che ha nella solidarietà di chi sta meglio verso chi è in
difficoltà, una delle sue caratteristiche antropologiche. I nostri
volontari rappresentano una risorsa che spesso supplisce anche alle
carenze dello Stato».
Il presidente della Repubblica ha anche
ricordato i «5 milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola
e praticano sport nel nostro Paese». A loro, a Natale, è stata donata
la tassa dell’1,5% sulle rimesse.
«L’illegalità incontrollata ha
fin qui prevalentemente contrassegnato il fenomeno dell’immigrazione nel
nostro Paese. Anche così il tema della sicurezza ha scalato la
classifica dell’agenda politica. E di questo tema fa sicuramente parte
anche il versante non sempre trasparente delle rimesse. Ma dobbiamo
saper anche distinguere: il mondo degli immigrati conosce una sua
declinazione assai diversificata nel tempo. Scuola, lavoro, sport:
abbiamo conosciuto e conosciamo molti casi di integrazione positiva».
Quale valutazione dà sulla chiusura dei porti alle navi delle Ong?
«Non ritengo opportuno intervenire in questa fase. La questione è affidata all’esclusiva responsabilità del governo».
E come giudica la presa di posizione dei sindaci sul decreto sicurezza?
«Siamo
in uno Stato di diritto, non dimentichiamolo mai. È inconcepibile che
qualcuno, e a maggior ragione chi siede nelle istituzioni, possa
ritenere di disapplicare la legge in base ad una propria personale
convinzione. Se non si condividono i contenuti di una norma, perché
ritenuta incostituzionale, ci sono forme e sedi appropriate.
Diversamente, il messaggio di cui alcuni sindaci si fanno portatori
diventa devastante per le istituzioni e per i cittadini, i quali,
potrebbero sottrarsi all’obbligo di rispettare le leggi soltanto perché
contrarie ad un loro specifico interesse. Sarebbe anarchia».
La politica del rigore sui vitalizi e sulle «pensioni d’oro» la trova d’accordo?
«Tutti
siamo chiamati a dare segnali di razionalizzazione e ottimizzazione
delle risorse pubbliche. Le differenze possono essere sul come ottenere i
risparmi, tenendo ben presente sia le ragioni dell’equità sia quelle
della legittimità dei provvedimenti. Però mi pare evidente che ragionare
solo sulla politica del rigore sia un approccio riduttivo che non
traccia alcuna prospettiva futura del Paese».
Presidente, cosa si aspetta dall’anno che verrà?
«Dovrà
essere l’anno della ripresa. La politica è visione del futuro e non
solo risoluzione dei problemi del presente. Vorrei perciò un’Italia più
orgogliosa di se stessa e consapevole delle proprie potenzialità. Il
primo pensiero è per l’occupazione. Troppi italiani, i giovani e le
donne, e soprattutto al Sud, sono senza lavoro. Bisogna fare di più, a
partire da una politica fiscale che aiuti famiglie e imprese che possono
e vogliono produrre, assumere, investire. Serve poi un piano per la
messa in sicurezza del Paese, sempre più a rischio a causa del dissesto
idro-geologico acuito dai cambiamenti climatici. E di una politica per
la natalità che consenta ai giovani di poter mettere al mondo figli con
serenità e fiducia. Dovrà essere anche l’anno dei territori: solo con la
loro vitalità tutto questo sarà possibile» .