sabato 5 gennaio 2019

Corriere 5.1.19
L’intervista
«Trump impopolare all’estero coltiva l’intesa speciale con Roma Siete il ponte dei populisti nell’Ue»
Parla Charles Kupchan, ex direttore degli Affari Europei del Consiglio per la Sicurezza nazionale di Bill Clinton e poi di Barack Obama, oggi professore di Studi internazionali all’Università di Georgetown
di Viviana Mazza


WASHINGTON «L’Amministrazione Trump considera particolarmente importante il rapporto con il governo italiano. C’è un’affinità ideologica tra di loro. Anche se non senti i funzionari della Casa Bianca parlarne ufficialmente, c’è un desiderio di costruire una coalizione di governi populisti in opposizione alle politiche centriste. Sappiamo che Steve Bannon, pur non essendo più parte dell’Amministrazione, sta lavorando esplicitamente in questa direzione. Gli ungheresi e i polacchi non hanno lo stesso peso dell’Italia nell’Unione europea, e dunque Roma è un interlocutore chiave per Trump».
Charles Kupchan, ex direttore degli Affari Europei del Consiglio per la Sicurezza nazionale di Bill Clinton e poi di Barack Obama, oggi professore di Studi internazionali all’Università di Georgetown, riflette sulla visita del ministro Enzo Moavero Milanesi. «L’Italia sta emergendo come il principale Paese europeo ad avere buoni rapporti con Washington anche perché in tutta l’Europa il presidente americano è assai impopolare. Nel Regno Unito, dove inizialmente c’era la sensazione che potesse crearsi una forte alleanza con Theresa May, ciò non si è realizzato. E ora anche Macron sembra aver rinunciato...».
La scorsa estate Trump avrebbe persino offerto aiuto al premier Conte per il finanziamento del debito pubblico. Quant’è profondo il legame tra loro?
«Il vostro è tra i Paesi che spendono di meno per la difesa: sarebbe strano se Trump desse una significativa assistenza all’Italia. Dev’essere stata una delle sue frequenti uscite a titolo personale. Io credo che questo illustri come l’attuale affinità sulla visione dell’Europa tra Roma e Washington sia in realtà superficiale. È vero che il vostro attuale governo è euroscettico, ma in fin dei conti gli italiani sanno che non ha senso uscire dall’Ue. Invece l’Amministrazione Trump è apertamente ostile al progetto di integrazione europea, lo vede come una minaccia per l’economia americana e per l’idea di un mondo di Stati sovrani. Sulle migrazioni, così come sulla Russia, invece, ci sono affinità più profonde».
Anche sulle sanzioni contro la Russia?
«Sia sotto i governi passati di Renzi e Gentiloni che quello attuale, Roma ha rispettato il consenso europeo delle sanzioni alla Russia, benché ci fossero pressioni del mondo degli affari italiano a rimuoverle. Quanto a Trump, lui vuole rapporti migliori con la Russia, ma è solo: il comportamento di Mosca, il Congresso e i suoi stessi consiglieri gliel’hanno impedito. È una delle poche questioni su cui i repubblicani si sono opposti a lui».
Ungheresi
e polacchi non hanno lo stesso peso dell’Italia in Europa. L’alleanza con May non si è realizzata
e anche Macron ha rinunciato
Quanto è utile per Moavero incontrare Pompeo e Bolton? Quanta influenza hanno sulle decisioni di politica estera del presidente?
«È chiaro che nessuno nell’Amministrazione può parlare per Trump, perché non c’è un processo coerente attraverso il quale le agenzie rilevanti discutono le decisioni con il presidente, per arrivare a un consenso. Trump sceglie d’impulso: nessuno sapeva che avrebbe annunciato il ritiro dalla Siria né la riduzione delle truppe in Afghanistan. Questo mette Bolton e Pompeo in difficoltà. Non sanno mai cosa dirà, farà o twitterà, anche in contraddizione con quello che dicono loro».
Però Pompeo e Bolton sono ideologicamente più vicini a Trump di MacMaster e Tillerson.
«Sì, anche se hanno idee diverse per esempio sulla Corea del Nord. In ogni caso, nessun segretario di Stato o consigliere per la sicurezza nazionale è nella posizione di dire che cosa succederà nelle prossime quattro ore».
Ha senso allora per Moavero parlare con loro, per esempio, di Libia?
«C’è una buona possibilità che giungano a posizioni realizzabili su alcune cose, anche perché molte questioni non arrivano sul tavolo di Trump, a lui non interessano i dettagli. Ma sulle questioni più ampie, continua l’imprevedibilità. In ogni caso, non mi aspetto grandi annunci. Per l’Amministrazione le questioni delle migrazioni nel Mediterraneo sono un problema europeo, non americano. Ognuno per se: America First, Italy First».