Repubblica 5.1.19
L’inchiesta di Torino
I volontari contro l’Isis nel mirino della procura " Socialmente pericolosi"
Sotto
accusa 5 ex combattenti: "Possono addestrare i loro compagni dei centri
sociali". La replica: "In Siria abbiamo lottato pure per voi"
Per gli inquirenti la partecipazione ad azioni militari costituisce un segnaledi allarme
di Ottavia Giustetti e Jacopo Ricca
Torino
Socialmente pericolosi e quindi " sorvegliati speciali" per aver
combattuto l’Isis in Siria a fianco dei curdi. « Essendosi arruolati in
un’organizzazione paramilitare e avendo partecipato anche a scontri
bellici, possono utilizzare le loro conoscenze in materia di armi e di
strategie militari per indottrinare altri militanti d’area e commettere
delitti contro la persona con più gravi conseguenze».
La procura
di Torino così ha spiegato la richiesta di una misura di prevenzione per
cinque persone, legate ai centri sociali torinesi, che dal 2016 a oggi
si sono unite o hanno seguito da vicino le brigate internazionali dello
Ypg, le milizie curde protagoniste della resistenza contro l’esercito
del Califfato. Sono Davide Grasso, Jacopo Bindi e Maria Edgarda
Marcucci, autonomi del centro sociale Askatasuna, già a processo per
azioni contro l’alta velocità Torino- Lione. Fabrizio Maniero, anarchico
del centro sociale Barocchio, condannato anche lui per gli scontri del
2011 in Valsusa. Anarchico anche Paolo Andolina, soprannominato Pachino,
il quinto " sorvegliato speciale" che più volte è stato individuato in
zone di guerra della Siria del Nord, come Raqqa. « Questa è una misura
di polizia che limita la libertà dei cittadini e getta una macchia su
tutto l’esercito popolare, decine di migliaia di persone che muoiono per
proteggere la popolazione civile, dice Davide Grasso. « Sono ragazzi
giovanissimi, poveri e disperati che combattono contro un esercito di
psicopatici, quello dell’Is, autore di esecuzioni sommarie, che arma
camion bomba, e schiavizza donne e bambini. Gli stessi magistrati che ci
mettono sotto accusa possono vivere più sicuri grazie alle Ypg».
La
richiesta, firmata dai pm Emilio Gatti ed Emanuela Pedrotta, sarà
discussa davanti al Tribunale il 23 gennaio e prevede due anni di
sorveglianza e il divieto di dimora a Torino. È frutto di un anno di
monitoraggio della Digos: la partecipazione ad azioni di guerra,
l’addestramento all’uso delle armi costituisce un segnale d’allarme
visti i precedenti di cui si sono resi protagonisti i cinque durante le
loro attività politiche in Italia. Tutti sono stati almeno una volta in
Siria, e lo hanno rivendicato pubblicamente. Bindi ha inviato reportage
per quotidiani italiani, Marcucci ha scritto una serie di lettere dal
fronte e Grasso ha pubblicato un libro sulla sua esperienza. Andolina,
di ritorno dal suo primo viaggio in Rojava ha preso parte a
manifestazioni e proteste, alcune delle quali sfociate in tensioni e
scontri con le forze dell’ordine. Nella notte di Capodanno 2018 è stato
denunciato per la mobilitazione in solidarietà dei detenuti del carcere
delle Vallette, e per questo non avrebbe più potuto tornare in Siria.
Divieto che ha violato a marzo 2018 per ripartire per il Kurdistan: « È
una scelta che rivendico — dice Andolina — per questo motivo mi trovo
tutt’ora ai domiciliari ».
A settembre 2018, il sardo Pierluigi
Caria, esperto di diritto internazionale, è stato arrestato con l’accusa
di terrorismo internazionale perché qualche mese prima si era unito
alle Ypg. L’antiterrorismo sarda aveva accostato le milizie curde con le
quali hanno combattuto anche i cinque torinesi al Pkk, il partito
indipendentista curdo attivo in particolare in Turchia, e inserito
nell’elenco delle organizzazioni terroristiche internazionali. Ma i
colleghi torinesi non si sono spinti tanto avanti e, formalmente, hanno
chiesto la misura di prevenzione solo per la provata pericolosità
sociale che deriva dal mix tra attività politica in Italia ed esperienza
con le armi in Siria.sorveglianza speciale