Corriere 4.1.18
Il Quirinale e le polemiche
Quelle parole di Mattarella: conta la Carta non le mie idee
di Marzio Breda
Protestare
contro una legge rifiutando di applicarla non è una mancanza di
rispetto anche verso il presidente della Repubblica, che l’ha
promulgata? Non diventa un modo, quello scelto da alcuni sindaci, per
contestare indirettamente pure lui? Ruotava intorno a questa domanda la
coda polemica che ieri sera veniva rinfocolata da esponenti del governo,
dopo la ribellione contro il decreto sicurezza annunciata dal primo
cittadino di Palermo, Orlando, imitato da parecchi colleghi. Una sfida
nella quale il vicepremier Salvini ha evocato il capo dello Stato, quasi
per farsene scudo a difesa della propria legge-bandiera con un
«traditori degli italiani, rispettino la firma di Mattarella…».
Il
Quirinale, chiamato in causa, ha scelto il silenzio. Ed era scontato,
vista la piega presa della questione, che potrà esser risolta dalla
Corte costituzionale, se qualcuno vi ricorrerà. Del resto, è capitato
molte volte, sotto diversi presidenti, che una legge avallata dal Colle
sia stata poi bocciata dalla Consulta senza che nessuno ne fosse
delegittimato. L’unico indizio per capire l’atteggiamento di Mattarella
viene dalla citazione di quanto disse nell’incontro con un gruppo di
studenti il 26 ottobre 2017. Un ragazzo gli chiese: «Quando le capita di
firmare atti che non le piacciono come si comporta?». Risposta: «Quando
mi arriva qualche provvedimento, una legge del Parlamento o un decreto
del governo, io, anche se non lo condivido appieno, ho il dovere di
firmarlo. Anche se la penso diversamente, devo accantonare le mie
convinzioni perché devo rispettare quello che dice la Costituzione: che
la scelta delle leggi spetta al Parlamento e la scelta dei decreti che
guidano l’amministrazione dello Stato spetta al governo. E se non
firmassi andrei contro la Costituzione. C’è un caso in cui posso, anzi
devo non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che
contrastano palesemente con la Costituzione. Ma in tutti gli altri casi
non contano le mie idee, perché non è a me che la Costituzione affida
quel compito, ma ad altri, al Parlamento e al governo. E io ho l’obbligo
di firmare, perché guai se ognuno pensasse che le proprie idee
prevalgono sulle regole dettate dalla Costituzione. La Repubblica non
funzionerebbe più».