venerdì 4 gennaio 2019

Corriere 4.1.19
Alla scoperta della gioia di vivere
La via della saggezza di Andreoli
Esperienze e idee del famoso psichiatra. Il secondo volume in edicola oggi con il quotidiano
di Giangiacomo Schiavi


Sentimenti e coscienza civile: come si può cambiare il mondo in silenzio
Una risposta che va in profondità, oltre le apparenze, senza fare notizia
Pessimisti, delusi, sfiduciati, egoisti, edonisti, malati, arrabbiati, ludopatici, videodipendenti, spaventati e un po’ xenofobi che guardano la vita con gli occhi della paura. Ottimisti, generosi, altruisti, solidali, comprensivi, onesti, e trasparenti che si danno da fare per correggere le storture e migliorare il peggio. Due mondi speculari divisi da confini genetici e ambientali rispecchiano i campi della vita, la durezza e la bellezza, il bicchiere mezzo vuoto e quello mezzo pieno, il buio e la luce, la lotta con il coltello e la forza del sorriso. Vittorino Andreoli non ha dubbi nell’indicare da che parte stare: lo fa con una dedica intima e dolce alla moglie e alla sua gioia di vivere che illumina ogni percorso, anche se la sua visione tragica dell’esistente, da psichiatra che legge il lato oscuro della gente, consiglia prudenza: orientarsi è difficile quando scompaiono i sogni, si smarrisce l’anima, trionfano arroganza, superficialità e potere.
La gioia di vivere, in edicola oggi con il «Corriere», è un antidoto al male profondo dell’uomo di superficie, il viaggio verso una nuova Weltanschauung capace di distinguere la sostanza dall’apparenza: un saggio che offre una visione non convenzionale della mente e dei comportamenti umani. Andreoli mette in chiaro i termini, distingue la gioia dalla felicità, sempre breve ed effimera, giustifica chi parla di fatica, perché la vita, come insegna Camus, è un percorso in salita, e rilegge i classici per aiutarci a capire: da Epicuro («Essere felici è avere dei desideri») a Cicerone («Bisogna vivere in modo che anche da morti si possa rimanere in vita») a Seneca («È importante accogliere serenamente tutto ciò che capita, incluse malattia e morte»). Si arriva poi a Sartre, a Schopenhauer e all’arte di essere felici e qui Andreoli si mette in gioco: non serve più essere psichiatri, scrive, è importante entrare nel campo avverso, sperimentare una percezione del mondo diversa, meno tragica, più positiva. Anche della sua.
«Sono stato definito lo psichiatra dei casi estremi, quando si parla di follia, di delitti, salta fuori immancabilmente il mio nome. Ho sempre ritenuto che la mia visione del mondo rappresentasse la realtà, il dramma dell’esistenza, di un universo che gira senza sapere perché. Ma come Émile Zola, ammetto di sentire il fascino di un’esistenza che, nonostante sia per me impossibile, può diventare per qualcuno desiderio o sogno». Contenendo questa sua visione tragica, Andreoli si immerge nella realtà di chi vive con gioia anche i tempi bui che qualcuno ha definito delle passioni tristi.
No alla sfiducia
Consigli per affrontare
i nostri tempi che qualcuno ha definito delle passioni tristi
Affiora così la gioia, spesso invisibile, di un mondo particolare, «il mondo dei nessuno» lo chiama l’autore, un mondo a lui caro perché non ha ribalta, non cerca telecamere, non viaggia su YouTube, ma cerca semplicemente di dare risposte ai bisogni e va in profondità senza fermarsi all’apparenza. È la società del silenzio, della periferia, di certi luoghi sperduti fuori dalla comunicazione veloce, che dà più valore ai sentimenti che ai mass media e alle banche. Un mondo che, per paradosso, non conta, perché il suo essere fuori dagli schemi che definiscono oggi il successo, lo relega tra chi non c’è. I nessuno, appunto. Ma sono queste persone normali e invisibili che danno un senso alla gioia di vivere: quelle che dicono buongiorno, che assistono un anziano solo, che pagano le tasse, che sanno ascoltare, che non viaggiano a sbafo sul tram, che non gettano rifiuti in strada, che credono in qualcosa e s’impegnano per gli altri, offrendo tempo, amore, emozioni.
Andreoli non crede, come pensano certi idealisti, che un battito d’ali di una farfalla possa causare dall’altra parte del mondo un uragano. Ma si può contraddire pensando a Gandhi, un uomo solo, senza esercito e carri armati, che ha fermato la potente Gran Bretagna colonialista. Gioia di vivere come coscienza civile, dunque. Coerenza. Identità. Soprattutto onestà. Che nasce da un’educazione. Da un insegnamento. Dagli esempi, che molto spesso mancano. Dalla musica, dalla cultura, dall’arte, dal rispetto dell’ambiente. Dalla consapevolezza che nella vita ci si può commuovere, ma si può anche sorridere. «La visione del mondo è una struttura della personalità e non una decorazione, un abito che si può cambiare o che un chirurgo plastico può modificare», spiega.
La gioia di vivere non si trova in farmacia. Ma a piccoli passi ci si può incamminare verso la saggezza, conclude Andreoli. Per poter dire un giorno, come nella canzone di Violeta Parra: «Grazie alla vita/ che mi ha dato tanto…».