Corriere 30.1.19
Il ritiro Parla la ministra Trenta
«Afghanistan? Non ho obblighi verso Moavero»
di Fiorenza Sarzanini
La
ministra della Difesa Elisabetta Trenta non cambia linea. «Ho agito
secondo le mie prerogative, informando chi di dovere — dice — ci
ritireremo». «Siamo lì da 17 anni — aggiunge — abbiamo avuto 54 morti,
speso quasi 7 miliardi di euro, il nostro contributo è stato notevole ma
ora si va verso un’intesa e ne prendiamo atto». Per la Nato la
discussione è ancora in corso. «Ogni decisione — precisa Trenta — sarà
presa di concerto con gli alleati e per quanto riguarda il ministro
Moavero non ero certo obbligata ad avvisarlo».
Roma La linea non
cambia «perché ho agito secondo le mie prerogative, informando chi di
dovere». La ministra della Difesa Elisabetta Trenta conferma l’avvio
della procedura e risponde così alle polemiche sull’annuncio del ritiro
dei militari dall’Afghanistan.
Non era opportuno aspettare?
«No,
perché è stato deciso di valutare l’avvio di una pianificazione per il
ritiro, alla luce delle notizie che giungono da Oltreoceano. D’altronde
sarebbe stato irresponsabile non farlo».
Quanto tempo ci vorrà?
«I
tempi sono tecnici e competono al Comando interforze, ma sa cosa mi
sorprende? Che persino una missione militare, in Italia, riesca ad
essere trasformata in un tabù. Siamo lì da 17 anni, abbiamo avuto 54
morti, speso quasi 7 miliardi di euro, il nostro contributo è stato
notevole ma ora c’è una evoluzione in corso, si va verso un’intesa, che
mi auguro arriverà, e noi come Paese ne prendiamo atto».
Secondo la Nato la discussione è ancora in corso.
«Le
dichiarazioni di Stoltenberg sono indicative. Il segretario generale ha
risposto a domande sulla situazione generale, non parlava certo
dell’Italia, e ciò dimostra che il dibattito sull’Afghanistan è aperto
nell’ambito della comunità internazionale. A questo punto è giusto ed
auspico che se ne discuta in Parlamento, lo trovo un sano esercizio di
democrazia e di realismo».
Oltre alle scelte fatte dagli Stati Uniti, ci sono altri motivi che convincono l’Italia ad andare via?
«Ci
sono priorità strategiche nazionali. Le faccio un esempio: altri
partner Ue hanno cambiato le loro prospettive, come Spagna e Francia,
quest’ultima si è addirittura ritirata dall’Afghanistan alla fine del
2014, ma mantiene una presenza importante in Africa. Non vedo perché
l’Italia non ne possa discutere, considerando che oggi il nostro
principale interesse si focalizza, come è normale che sia, proprio in
Africa e nel Mediterraneo».
Non crede che ci sia il rischio di isolamento?
«È
evidente che ogni decisione finale sarà presa di concerto con gli
alleati, l’Italia è un Paese che onora i suoi impegni, specie in ambito
Nato. In Iraq stiamo chiudendo “Presidium” a Mosul ma restiamo al fianco
degli iracheni nella fase di formazione e addestramento».
Il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi dice di non essere stato informato.
«Se
chiedo al Coi di valutare, e sottolineo valutare, l’avvio di una
pianificazione per il ritiro non credo di dover informare il ministro
Moavero, perché rientra nelle mie prerogative. Del resto parliamo di una
pianificazione tecnica; un’attività che i militari svolgono
continuamente per farsi trovare sempre pronti. Ho informato chi di
dovere, tra cui il presidente del Consiglio e il Capo di Stato Maggiore
della Difesa».
La Lega sarà accordo?
«Quanto accaduto nelle
ultime settimane lo abbiamo visto tutti, c’è una nuova amministrazione
Usa che ha mostrato di avere un altro approccio e che l’Italia,
inevitabilmente, deve poter considerare. La mia decisione rappresenta un
atto di responsabilità istituzionale, verso il Paese e verso i nostri
militari. Non si può credere che di fronte alla rapidità di certi
sviluppi l’Italia resti a guardare. Dobbiamo arrivare pronti a un cambio
di passo e la pianificazione serve proprio a questo, a capire in che
modi e tempi muoverci laddove in Afghanistan si giunga ad un accordo di
pace tra le parti».
L’Italia è impegnata su diversi fronti all’estero. Qual è il futuro delle altre missioni?
«Sarà
il Parlamento, nel rispetto della sua centralità,a dover decidere.
Ciononostante da parte mia, a nome del governo, c’è chiaramente un
indirizzo politico, che abbiamo già indicato nel precedente decreto
missioni e che sarà evidente nel prossimo decreto. Mi riferisco ad
esempio alla nuova missione Niger, che per noi è fondamentale perché
rivolta al controllo dei flussi migratori verso l’Italia».