Corriere 2.1.19
La nuova via della seta, un’occasione per venezia
di Antonio Armellini
Annunciando
nel settembre 2013 la Nuova Via della Seta verso Occidente, il
presidente Xi Jinping ne ha tracciato un percorso ideale che, partendo
da Pechino, giunge sino a Venezia. L’indicazione non è stata casuale, né
tantomeno frutto di suggestioni estetiche. Il personaggio di Marco Polo
ha un ruolo fondamentale (ben più che da noi) nell’immaginario cinese:
dichiarando di voler ripercorrere a ritroso il cammino da lui fatto più
di ottocento anni fa, Xi ha inteso ribadire la determinazione della Cina
di affermare un ruolo di grande potenza, e di mercato imprescindibile,
al cuore della ritrovata centralità geopolitica dell’Asia. Un messaggio
che Marco Polo e Venezia dovevano rendere chiaro.
La Nuova Via
della Seta, dapprima marittima dall’Oceano Indiano verso il
Mediterraneo, si è rapidamente ampliata in altre direzioni, passando
dall’hinterland caucasico verso l’Europa centro-settentrionale,
dirigendosi verso l’Africa e da ultima anche l’America Latina. Da una,
le Vie sono diventate tante e hanno preso il nuovo nome di Obor («One
Road One Belt Initiative»), ma la destinazione è rimasta la stessa.
Spinti dalla generosità finanziaria apparentemente illimitata di
Pechino, molti paesi si sono lasciati attrarre da faraonici progetti di
investimento che rispondevano ai piani cinesi ben più che alle loro
priorità di sviluppo e che in più occasioni — dallo Sri Lanka al
Pakistan — li hanno portati sull’orlo della bancarotta. Sono in
parallelo cresciute le preoccupazioni di europei e americani che, sotto
il mantello della cooperazione, Pechino nascondesse un disegno egemonico
pericoloso, rispetto al quale era necessario fare molta attenzione nel
valutare costi e benefici reciproci. Tutto ciò ha indotto prudenza e
qualche pausa di riflessione in più, ma non ha arrestato il cammino di
Obor che ha continuato ad andare avanti nella sua strada.
La Via
della Seta si presenta oggi come un sistema complesso ancora in
evoluzione: fra i tanti, al momento attuale i punti d’arrivo marittimi
vanno, nel Mediterraneo, dal Pireo a Marsiglia e ai porti italiani di
Savona e Trieste; nel Mare del Nord, da Rotterdam ad Amburgo, mentre
Francoforte dovrebbe essere il terminale terrestre da Est. Per ciascuno
di essi si porranno delle esigenze diverse che richiederanno una
disciplina specifica, ma per le sue dimensioni, le ramificazioni
internazionali e le implicazioni politiche Obor nel suo complesso non
potrà prescindere in Europa da uno strumento unitario per la gestione
coordinata degli aspetti logistici, amministrativi e delle strategie
commerciali. Lo pensano i cinesi e a maggior ragione dovremmo volerlo
noi, specie alla luce dell’esigenza di correlarne il funzionamento a una
visione coerente dei nostri interessi.
Partita aperta
All’interesse di Xi non ha fatto seguito una risposta immediata e ora altri cercano di approfittarne
C’è
folla di candidati per un simile compito. Dal Pireo — ormai a tutti gli
effetti un porto cinese — a Rotterdam, Amburgo e Francoforte. Xi però
ha parlato di Venezia e non di altro. Il forte valore simbolico del
richiamo al personaggio di Marco Polo gli dà l’occasione di porsi come
elemento di continuità fra tradizione classica e innovazione, nella
rivendicazione di un ruolo di leader incontrastato in grado di guidare
la Cina sulle ali della storia verso la sua nuova dimensione globale. Vi
sono molte città europee — o italiane — più strutturate e competitive
di Venezia, ma essa è la sola in grado di consentirgli una consacrazione
cui mostra di tenere personalmente.
Non possiamo lasciar cadere
l’occasione. Per l’Italia, si tratterebbe di recuperare centralità non
solo nei confronti della Cina — dove ci siamo trovati spesso più a
rincorrere che a fare da guida — ma soprattutto in relazione a uno
sviluppo chiave per il futuro delle relazioni con l’Asia. Quanto a
Venezia, si lamenta sempre il degrado dovuto a una monocultura turistica
devastante. Eppure resta un punto di contatto privilegiato verso
Oriente. Farne il riferimento politico, amministrativo e commerciale del
sistema Obor vorrebbe dire restituirla al suo ruolo storico,
sviluppando al tempo stesso la sua vera via di salvezza, di centro di
servizi avanzati con forte caratura internazionale. Oltretutto, Venezia
non sarebbe per le sue caratteristiche in concorrenza con altre scelte,
ma rappresenterebbe un valore aggiunto utile a tutti.
Nella mappa
che accompagnava la prima presentazione del progetto, Venezia appariva
con chiara evidenza. Si sarebbe pensato che la risposta sarebbe stata
immediata a livello di governo e invece non è successo granché, a parte
qualche occasionale accenno, mentre Venezia non ha perso l’occasione di
confermare la sua albagia. La destinazione è stata sommersa nelle mappe
successive da altre, sempre nuove, ma non è ancora troppo tardi per
recuperare. Per quanto altri si stiano muovendo aggressivamente, il
vantaggio della Serenissima resta incolmabile. A condizione, s’intende,
di volerlo cogliere .