Corriere 29.1.19
Napoli, la confessione
Quel bambino ucciso per un lettino rotto
«Sì
li ho picchiati, giocando hanno rotto la sponda del lettino nuovo e li
ho colpiti». Ha confessato il 24enne che ha ucciso Giuseppe, 7 anni, e
ferito la sorellina di 8. Che dice: «Ci picchiava sempre».
di Fulvio Bufi
NAPOLI
Nella stanza con un letto soltanto, nel reparto di Neurologia
dell’ospedale Santobono, Noemi da domenica pomeriggio non è mai rimasta
sola. Due infermiere sono sempre con lei, le fanno compagnia, oltre ad
accudirla e a farle seguire le terapie. Poi ci sono i medici che vanno e
vengono, e gli psicologi che già ieri l’hanno coinvolta nella prima
seduta di un percorso che inevitabilmente sarà lungo e, almeno a tratti,
sicuramente doloroso.
Noemi parla con tutti, risponde alle
domande, qualche volta è lei a chiedere. Parla anche di Tony e delle
botte che dava a lei e a suo fratello Giuseppe. Ed è allora che chiede.
Chiede perché il compagno di sua madre li picchiava: saranno gli
psicologi a doverglielo spiegare, a doverle far capire che una
spiegazione non c’è, almeno non ce n’è una che, nel candore dei suoi
otto anni, lei possa comprendere. Di che cosa è successo a Giuseppe,
invece, non si parla, in quella stanza. Non è il momento. Verrà il tempo
per dirle che il fratellino non c’è più ma ora è troppo presto. Ora
Noemi deve essere soltanto libera di far passare il tempo come vuole. Si
accuccia sotto le coperte, poi si mette seduta, guarda la tv, i
cartoni, ovviamente. Li conosce tutti, sa ognuno a che ora va in onda e
su quale canale.
Ieri hanno dovuto portarla in sala operatoria, ma
solo per sistemarle i punti di sutura. Pare che non abbia avuto paura:
purtroppo ha visto di peggio. Ora invece vorrebbe vedere la mamma, ma
non è possibile. Il magistrato ha disposto che fino a quando non sarà
raccolta la sua deposizione non potranno esserci contatti. Ma anche per
questo ci vorrà ancora qualche giorno, dovranno essere gli psicologi
dell’equipe del Santobono che stanno seguendo Noemi a stabilire quando
la bambina sarà in condizioni di rivivere quei terribili momenti di due
giorni fa. A quel punto i magistrati che coordinano le indagini
fisseranno quello che — come sempre quando si tratta di bambini — sarà
un interrogatorio protetto, con una psicologa, individuata dalla
Procura, che sarà l’unica persona a gestire il contatto con Noemi e a
formularle, nei modi e nei termini opportuni, le domande che gli
inquirenti riterranno di volerle rivolgere.
Soltanto dopo questo
passaggio la bambina potrà vedere la madre. E magari anche incontrarsi
di nuovo con la sorellina più piccola, che ha solo quattro anni e che da
domenica nemmeno lei è più con la mamma, anche se per fortuna Essobti
l’ha risparmiata. Ora è in una struttura protetta seguita dagli
assistenti sociali. Il Tribunale minorile ha deciso così, ritenendo
evidentemente che non ci fossero alternative.