mercoledì 2 gennaio 2019

Corriere 29.12.18
Il suo capolavoro:  entrare nel cervello dei fanatici
di Pierluigi Battista


Mentre piangiamo, con la morte di Amos Oz, la scomparsa di uno scrittore straordinario, mentre registriamo sgomenti la crudeltà di un anno che si è portato via due vette della letteratura mondiale come Oz e Philip Roth, sarebbe il caso di ricordare che la grandezza somma di Amos Oz, ciò che lo ha reso un interprete sottile della sensibilità morale contemporanea e persino del pensiero politico, è rappresentata da uno scritto apparentemente «saggistico», la meno letteraria di tutte le opere di Oz: Cari fanatici che gli italiani possono leggere nella traduzione di Elena Loewenthal pubblicata da Feltrinelli (2017).
Oz ha voluto entrare nel cervello, nel cuore, nelle vibrazioni profonde che agitano il fanatico: il fanatico di tutti i tempi, il fanatico del mondo moderno. Non lo demonizza, non ne fa la caricatura del Male, ma ne svela le pieghe più impensabili attraverso l’arma della letteratura. Un’arma devastante, lucida, penetrante. Lo scopo del suo libro, ma in fondo questo progetto è presente nelle pagine di tutti i suoi lavori migliori, a cominciare da Una storia d’amore e di tenebra, è stato così formulato: «Immaginare il mondo interiore, le idee e anche le emozioni dell’altro da sé: farlo pure nel momento dello scontro».
Farlo sempre: immaginare non è un esercizio della fantasia sbrigliata, è mettersi al posto di chi ti odia, interpretarne ogni trasalimento omicida, lasciarsi scottare dal fuoco devastatore che gli sta consumando l’anima. Immaginare per capire. Per capire che cosa muova un essere umano alle peggiori abiezioni allo scopo di morire per un assoluto che lui vive come il «Giusto», per capire che cos’è la devozione disumana a un’Idea non negoziabile che porta ai peggiori massacri, allo sterminio, alla persecuzione di chi è vissuto come il Nemico da abbattere, sradicare, annientare, singolarmente e in massa.
Oz ha vissuto in Israele, in una terra che di quel fanatismo è teatro permanente. Era ebreo, bersaglio primo del fanatismo omicida. Sapeva di che cosa parlava e parlava per mettere in guardia gli esseri umani dall’orrore della deriva fanatica. Le sue parole ci mancheranno per sempre.