Corriere 28.1.19
In tre anni 36.800 migranti minorenni
Alla fine del 2018 censiti in 10.787: di 869 non si sa dove sono
Quelli dati in affido non arrivano a 500, mancano i tutori
di Milena Gabanelli e Simona Ravizza
il nodo protezione umanitaria per i nuovi maggiorenni
È
entrata nella rada di Siracusa la Sea-Watch. A bordo anche 13 minori,
di cui 8 non accompagnati. Dovrebbero sbarcare per essere accolti nelle
strutture dedicate, ma la risposta del Viminale è: no, perché c’è chi fa
finta di essere minore. Questione complessa poiché, come succede per
quasi tutti i migranti, sono privi di documenti, e per l’accertamento
dell’età nei casi dubbi serve un’équipe formata da interpreti, pediatri,
neuropsichiatri, radiologi, psicologi. I costi sono alti, e Regioni e
ministero dell’Interno se li rimpallano, i team scarseggiano e rimane
alto il rischio di mandare adulti tra i ragazzini. Infatti, negli ultimi
3 anni, in 45.159, approdati sulle coste italiane e non accompagnati,
si sono autodichiarati minorenni, mentre il numero di minori accertato è
stato poi di 36.878. Dove sono?
Gli scomparsi
In 20.862
hanno compiuto i 18 anni, dunque, sono usciti dalle statistiche. E tutti
gli altri? Le autorità hanno segnalato la fuga dai centri di
accoglienza di 5.229 ragazzini e ragazzine, tuttora irreperibili. La
maggior parte di loro, di nazionalità eritrea o afgana, voleva
raggiungere i parenti nel nord Europa; altri, egiziani, cercavano di
arrivare a Milano per unirsi ai connazionali, attivi soprattutto nella
ristorazione. Si pensa che l’eccessiva durata delle procedure di
ricongiungimento familiare li abbia spinti ad allontanarsi per ritrovare
in autonomia i familiari. Le cronache raccontano di 12-13enni morti
durante il viaggio verso il confine; fra gli altri, molti, per
procurarsi velocemente denaro necessario a proseguire il viaggio, si
suppone siano finiti nel giro dello spaccio e in quello della
prostituzione, attivo nel reclutare le giovani nigeriane.
Cosa dice la legge
Dal
6 maggio 2017 in Italia è in vigore la legge Zampa, una delle migliori
normative al mondo in fatto di tutela: equipara il «minore solo» a
quello italiano senza genitori. Significa che deve essere dato in
affido, o accolto in una casa famiglia, oppure in centri dedicati in
grado di garantire la sua crescita e l’inserimento sociale, con
l’affiancamento costante di un tutore. Cosa succede in realtà?
I censiti ad oggi
I
minori non accompagnati che risultano censiti al 31 dicembre 2018 sono
10.787. Dovrebbero essere «tutti» sotto tutela, invece non è possibile
individuare dove siano stati collocati 869 di loro. Soltanto 461 sono
stati dati in affido, soprattutto a parenti e connazionali. Nonostante
sia la soluzione migliore, sia per il benessere del bambino che per i
costi contenuti, stimati intorno ai 500 euro al mese, i numeri restano
bassi, per la scarsa sensibilizzazione promossa dalle istituzioni.
La prima destinazione
Sono
3.032 i minori nei centri di prima accoglienza, dove vengono ospitati
subito dopo lo sbarco. In queste strutture accreditate da Comuni e
Regioni è previsto un tempo massimo di permanenza di 30 giorni, perché è
elevato il rischio di essere adescati dalla criminalità con la promessa
di soldi facili. In realtà i tempi sono più lunghi: si arriva anche
fino a nove mesi. I minori dovrebbero essere collocati nei centri
presenti in tutte le Regioni, ma di fatto ben 1.748 minori sono
concentrati in Sicilia dove la normativa consente la deroga agli
standard previsti: dal numero massimo di minori per struttura, a quello
minimo di operatori dedicati. Poi un centinaio si trovano nei centri di
accoglienza straordinaria (Cas), autorizzati dai prefetti solo per le
situazioni di massima emergenza.
La chiusura di 70 centri
Il
27 marzo scadrà il finanziamento del ministero dell’Interno a 70 Centri
di prima accoglienza. Ne rimarranno aperti 7 in Sicilia e 1 in Molise.
La buona notizia è che i minori che oggi stanno nei Centri di prima
accoglienza saranno trasferiti dove dovrebbero già stare, cioè nelle
strutture di seconda accoglienza, dove viene insegnato l’italiano, e
garantito il percorso di crescita e integrazione. La cattiva notizia è
che i posti per ospitarli non bastano.
Dove i minori dovrebbero stare
La
seconda accoglienza contempla lo Sprar, il Sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati. Oggi ospita 3.087 minori; ognuno costa
80-100 euro al giorno, stanziati dal Fondo asilo migrazione e
integrazione del ministero dell’Interno. Il 24 gennaio il Viminale ha
annunciato che incrementerà la disponibilità di posti di 400 unità. Ma
siccome i minori da trasferire superano i 3.000, è evidente che i
ragazzini rimarranno «concentrati» in Sicilia, nonostante i ripetuti
inviti del Garante Nazionale dell’Infanzia a smistarli in tutta Italia,
proprio per consentire una migliore integrazione. E infatti le
percentuali parlano da sole: in Lombardia l’8%, in Emilia-Romagna il
7,5%, in Sicilia il 38%.
Casa famiglia
Sul totale dei minori
non accompagnati, 3.338 stanno nelle case famiglia allestite su base
volontaria dai Comuni, ma sempre più sindaci si rifiutano di accoglierne
altri, anche per motivi economici: il rimborso che ricevono è di 45
euro al giorno pro capite, a fronte di spese doppie. Risultato, le
adesioni sono talmente poche che non vengono neppure utilizzati i soldi a
disposizione: sui 170 milioni del 2016 erogati dal Fondo minori ne sono
stati utilizzati solo 125,5; sui 170 del 2017 poco più di 156.
I tutori che non ci sono
Per
legge ciascun minore deve avere un tutore, e ogni tutore può occuparsi
di tre minori. I cittadini che hanno dato la disponibilità ad assumere
l’incarico a titolo volontario sono 5.501, ma quelli effettivamente
nominati dai Tribunali dei minorenni oggi sono decisamente meno. Così
c’è ancora la tutela di massa, come denunciava lo scorso maggio la
Garante per l’Infanzia Filomena Albano.
I maggiorenni a rischio
Cosa
ne sarà poi dei 6.492 minori che diventeranno maggiorenni nel 2019? La
protezione umanitaria, alla quale è stata fin qui legata una gran parte
dei permessi di soggiorno al compimento dei 18 anni, non è più prevista
dal decreto Sicurezza. Prima della sua entrata in vigore, i minorenni
che presentavano domanda di asilo, se non c’erano i presupposti per la
protezione internazionale, considerata la particolare condizione di
vulnerabilità, potevano accedere alla protezione umanitaria. Ora che il
decreto l’ha abolita, i minori che hanno fatto richiesta di asilo, e si
vedranno notificare il diniego a ridosso della maggiore età, o a 18 anni
compiuti, diventeranno irregolari. Per rimpatriarli non ci sono gli
strumenti. In conclusione, dopo averli illusi attraverso il percorso di
integrazione, fatto di diritti e doveri, li abbandoniamo; costruendo
così un potenziale bacino di reclutamento per la criminalità comune, e
di odio verso la società che dovrebbe integrarli.