lunedì 21 gennaio 2019

Corriere 21.1.19
L’emergenza e l’analisi
Perché sono riprese le partenze dall’Africa
di Fiorenza Sarzanini


Una forma di pressione forte nei confronti dell’Europa che non sembra più disposta a fornire aiuti e un tentativo di alzare la posta rispetto all’Italia che non ha mantenuto le promesse. Sembra essere questo il motivo che spinge i libici ad allentare ulteriormente i controlli sulle coste e soprattutto ad ignorare le richieste di aiuto che arrivano da chi si trova già in mare. I trafficanti non hanno mai smesso di riempire i barconi di uomini, donne e bambini disposti a tutto pur di fuggire dalla Libia. Prova ne sia che dopo il muro alzato dall’Italia con la chiusura dei porti e le minacce di Matteo Salvini nei confronti delle Ong, sono aumentati gli sbarchi in Spagna. Ma nei mesi scorsi le autorità di Tripoli avevano assicurato di voler effettuare pattugliamenti, quantomeno si erano impegnate a salvare chi si trovava in navigazione e rischiava il naufragio.
Ora tutto è di nuovo cambiato. Le motovedette spesso non intervengono, quando c’è un’emergenza fanno sapere di aver chiesto aiuto ai cargo che si trovano nell’area e si giustificano sostenendo di avere i mezzi in avaria. Un modo che probabilmente serve a ribadire il mancato impegno dell’Italia per mezzi navali, macchine, ambulanze, apparecchiature che dovevano essere consegnati a partire dal 2018 e invece non sono arrivati. Basti pensare che non sono state trasferite nemmeno le dieci barche che il ministro dei Traporti Danilo Toninelli aveva annunciato di aver regalato ai libici nel luglio scorso.
Al di là delle dichiarazioni di circostanza, è fin troppo chiaro che il dialogo con i libici avviato dall’Italia prima dell’arrivo di questo governo per gestire insieme il problema dei migranti a condizione che fosse garantito il rispetto dei diritti umani, è definitivamente interrotto. Roma ha dimostrato di non avere alcuna preoccupazione rispetto al destino degli stranieri che si trovano in Africa e di quelli che lì vengono riportati dopo essere stati soccorsi. E questo evidentemente spinge gli stessi libici a far esplodere nuovamente l’emergenza nel tentativo di poter presentare nuove richieste o comunque ottenere risposte su quelle già presentate. Compresa l’autostrada che deve attraversare l’intero Paese e che è diventata la più forte arma di ricatto sin da quando a palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi e a Tripoli comandava il colonnello Gheddafi.