lunedì 21 gennaio 2019

Corriere 21.1.19
Filippo Grandi
Il commissario dell’Onu: chiudere i porti è un errore da parte di tutti i Paesi
di Paolo Valentino


Ancora non si spegne l’eco delle polemiche per la morte dei 117 migranti di venerdì nel Mediterraneo, che è stato segnalato un altro barcone in avaria con 100 persone. Pressing dell’Italia sui libici. In serata i migranti riportati verso Tripoli. Il M5S accusa la Francia: deve lasciare l’Africa
Cosa vuol dire non pensare solo agli sbarchi?
«Se guardiamo la provenienza di queste persone, vengano da aree di conflitto o da situazioni disastrate, è chiaro che gli interventi necessari sono quelli più a lungo termine. Quando sono venuto in Italia a settembre, il presidente del Consiglio e il ministro Moavero mi hanno parlato giustamente della necessità di costruire un po’ più di aiuto strategico sia politico che economico. Ma non vedo in Europa un vero sforzo in questo senso. Sento dichiarazioni velleitarie. L’Europa è concentrata solo su come utilizzare appunto il prossimo sbarco. È la sola verità in questa lunga vigilia elettorale. E intanto siccome le guerre continuano e i Paesi precipitano in situazioni economiche sempre più drammatiche, i movimenti continuano. Li puoi fermare per un certo momento, com’è successo lo scorso anno quando sono arrivate 23 mila persone, erano più di 100 mila nel 2017, ma il problema rimane».
Perché non basta aver rafforzato la guardia costiera libica?
«Perché la Libia è nel caos. È inevitabile che le misure prese si erodano, in presenza di una situazione politica caotica. Rafforzare la guardia costiera della Libia non è un errore di per sé, ma non può essere l’unica istituzione a venire rafforzata. Il resto continua a non funzionare, lo Stato non esiste, perché nessuno sa come risolvere la crisi politica e la guerra. Noi ci siamo in Libia e per esperienza diretta sappiamo che le bande continuano a fare quello che vogliono».
Lei ha definito «un tragico errore» considerare la riduzione degli sbarchi l’unico criterio del successo nell’affrontare la questione dei rifugiati e dei migranti. Perché?
«Perché l’unico parametro non può essere dire che il governo più bravo è quello che ne fa arrivare di meno, mentre su tutto il resto non c’è azione. Né a monte, guerre, crisi economica, calamità. Né sull’immediato perché rimane irrisolta la questione di avere almeno un meccanismo di sbarchi condiviso. E purtroppo sono convinto che fino alle elezioni europee non se ne parlerà o quasi. Nessuno vuole prendersi il rischio. Lo scandalo è che non sono cose così difficili da gestire con questi numeri. Se non lo facciamo adesso, cosa faremo quando saliranno di nuovo?».
Lei ha lanciato un appello contro la delegittimazione in atto delle Ong. Perché?
L’Europa sembra concentrata soltanto su come utilizzare a fini elettorali
il prossimo sbarco
«Credo sia sbagliato attribuire loro una vera influenza sul numero delle persone che si mettono in mare. È vero invece che quando le Ong possono operare si salvano più vite. Il ritiro di molte di loro ha provocato un aumento dei morti per viaggio: le vittime del 2018 rispetto alle traversate sono più del doppio in percentuale rispetto all’anno prima. E questa è una cosa grave. I salvataggi in mare rimangono una conditio sine qua non».
Il governo italiano invoca proprio il meccanismo di sbarchi cui lei accennava.
«Giusto. Ma finché non lo abbiamo, non mi sembra giusto e umano farla pagare a quelli che traversano».
Si riferisce ai porti italiani che, come ripete il ministro dell’Interno, rimangono chiusi?
«Io capisco che sia un modo per far pressione sugli altri Paesi. E trovo anche giusto che l’Italia protesti la sua relativa solitudine, anche se ora la Spagna potrebbe dire la stessa cosa. E noi come Nazioni Unite siamo al fianco dei Paesi di prima linea. Ma chiudere i porti, rifiutando alle persone di sbarcare, è sbagliato da parte di tutti i Paesi, non solo dell’Italia».
Oggi il ministro di Maio ha sollevato il tema dell’Africa, sia pure in chiave di polemica contro la Francia. Lei stesso ha invocato il tema delle cause.
«L’Europa sta discutendo il suo bilancio programmatico settennale, quello che sarà gestito dalla prossima Commissione europea. È importantissimo che in queste previsioni di spesa ci sia una somma sostanziale per aiutare l’Africa in modo mirato. Nei contesti nei quali operiamo, come la Nigeria del Nord, la situazione è drammatica. Al miglioramento della sicurezza, non sono seguiti investimenti significativi per sviluppare la regione che ha prodotto Boko Haram, il terrorismo e massicci spostamenti di popolazione. Col risultato che ora anche la sicurezza torna a peggiorare».
Serve un meccani-smo di sbarchi condiviso: con questi numeri
non sarebbe una cosa difficile
Il presidente del Consiglio Conte si è detto «scioccato» dall’ultima tragedia.
«Ho apprezzato molto l’umanità delle dichiarazioni del premier, che fra l’altro la scorsa settimana è stato in Niger dove ha visitato anche le nostre strutture, mostrando di capire che è lì che si risolvono i problemi. Non possiamo perdere di vista il fatto che si tratta di persone, non di numeri. Il salvataggio è basilare, il problema non si risolve ostacolando chi si prodiga per salvare vite umane».
Cosa vuol dire non pensare solo agli sbarchi?
«Se guardiamo la provenienza di queste persone, vengano da aree di conflitto o da situazioni disastrate, è chiaro che gli interventi necessari sono quelli più a lungo termine. Quando sono venuto in Italia a settembre, il presidente del Consiglio e il ministro Moavero mi hanno parlato giustamente della necessità di costruire un po’ più di aiuto strategico sia politico che economico. Ma non vedo in Europa un vero sforzo in questo senso. Sento dichiarazioni velleitarie. L’Europa è concentrata solo su come utilizzare appunto il prossimo sbarco. È la sola verità in questa lunga vigilia elettorale. E intanto siccome le guerre continuano e i Paesi precipitano in situazioni economiche sempre più drammatiche, i movimenti continuano. Li puoi fermare per un certo momento, com’è successo lo scorso anno quando sono arrivate 23 mila persone, erano più di 100 mila nel 2017, ma il problema rimane».
Perché non basta aver rafforzato la guardia costiera libica?
«Perché la Libia è nel caos. È inevitabile che le misure prese si erodano, in presenza di una situazione politica caotica. Rafforzare la guardia costiera della Libia non è un errore di per sé, ma non può essere l’unica istituzione a venire rafforzata. Il resto continua a non funzionare, lo Stato non esiste, perché nessuno sa come risolvere la crisi politica e la guerra. Noi ci siamo in Libia e per esperienza diretta sappiamo che le bande continuano a fare quello che vogliono».
Lei ha definito «un tragico errore» considerare la riduzione degli sbarchi l’unico criterio del successo nell’affrontare la questione dei rifugiati e dei migranti. Perché?
«Perché l’unico parametro non può essere dire che il governo più bravo è quello che ne fa arrivare di meno, mentre su tutto il resto non c’è azione. Né a monte, guerre, crisi economica, calamità. Né sull’immediato perché rimane irrisolta la questione di avere almeno un meccanismo di sbarchi condiviso. E purtroppo sono convinto che fino alle elezioni europee non se ne parlerà o quasi. Nessuno vuole prendersi il rischio. Lo scandalo è che non sono cose così difficili da gestire con questi numeri. Se non lo facciamo adesso, cosa faremo quando saliranno di nuovo?».
Lei ha lanciato un appello contro la delegittimazione in atto delle Ong. Perché?
L’Europa sembra concentrata soltanto
su come utilizzare a fini elettorali il prossimo sbarco
«Credo sia sbagliato attribuire loro una vera influenza sul numero delle persone che si mettono in mare. È vero invece che quando le Ong possono operare si salvano più vite. Il ritiro di molte di loro ha provocato un aumento dei morti per viaggio: le vittime del 2018 rispetto alle traversate sono più del doppio in percentuale rispetto all’anno prima. E questa è una cosa grave. I salvataggi in mare rimangono una conditio sine qua non».
Il governo italiano invoca proprio il meccanismo di sbarchi cui lei accennava.
«Giusto. Ma finché non lo abbiamo, non mi sembra giusto e umano farla pagare a quelli che traversano».
Si riferisce ai porti italiani che, come ripete il ministro dell’Interno, rimangono chiusi?
«Io capisco che sia un modo per far pressione sugli altri Paesi. E trovo anche giusto che l’Italia protesti la sua relativa solitudine, anche se ora la Spagna potrebbe dire la stessa cosa. E noi come Nazioni Unite siamo al fianco dei Paesi di prima linea. Ma chiudere i porti, rifiutando alle persone di sbarcare, è sbagliato da parte di tutti i Paesi, non solo dell’Italia».
Oggi il ministro di Maio ha sollevato il tema dell’Africa, sia pure in chiave di polemica contro la Francia. Lei stesso ha invocato il tema delle cause.
«L’Europa sta discutendo il suo bilancio programmatico settennale, quello che sarà gestito dalla prossima Commissione europea. È importantissimo che in queste previsioni di spesa ci sia una somma sostanziale per aiutare l’Africa in modo mirato. Nei contesti nei quali operiamo, come la Nigeria del Nord, la situazione è drammatica. Al miglioramento della sicurezza, non sono seguiti investimenti significativi per sviluppare la regione che ha prodotto Boko Haram, il terrorismo e massicci spostamenti di popolazione. Col risultato che ora anche la sicurezza torna a peggiorare».
Serve un meccani-smo di sbarchi condiviso: con questi numeri
non sarebbe una cosa difficile
Il presidente del Consiglio Conte si è detto «scioccato» dall’ultima tragedia.
«Ho apprezzato molto l’umanità delle dichiarazioni del premier, che fra l’altro la scorsa settimana è stato in Niger dove ha visitato anche le nostre strutture, mostrando di capire che è lì che si risolvono i problemi. Non possiamo perdere di vista il fatto che si tratta di persone, non di numeri. Il salvataggio è basilare, il problema non si risolve ostacolando chi si prodiga per salvare vite umane».