Corriere 20.1.19
Il commento
«Ultimo tango»
47 anni dopo: dalla censura al film integrale in prima serata tv
di Paolo Mereghetti
Dal
rogo alla prima serata tivù. Meglio di un salto mortale, per Ultimo
tango a Parigi, che Rai2 programma lunedì sera alle 21.20. La
«riabilitazione» era stata sancita a maggio, quando la commissione di
censura aveva tolto ogni divieto a un film che alla sua uscita, nel
1972, era stato vietato ai minori di 18 anni e al taglio di 8 secondi
durante il primo amplesso tra Brando e la Schneider e che poi la
Cassazione, il 29 gennaio 1976, aveva condannato alla distruzione per
oscenità. Adesso, rubricato «film per tutti», Ultimo tango diventa una
pedina nella guerra dell’audience tra le reti. Non sono sicurissimo che
Bernardo Bertolucci avrebbe apprezzato questa consacrazione catodica
(così come si era simpaticamente dispiaciuto di «non essere più
trasgressivo» dopo l’ultima decisione della censura) ma continuo a
pensare che il posto migliore per vederlo sia una sala cinematografica,
dove si sceglie di entrare pagando un biglietto, piuttosto che rischiare
di capitarci davanti pispolando sul telecomando. Questione di rispetto
per l’autore e l’opera ma anche per il pubblico, di fronte al quale la
tivù pubblica ha da tempo abdicato a ogni ambizione culturale (la mia
generazione ha imparato ad amare il cinema anche grazie ai cicli di
mamma Rai) per ridurre spesso i titoli a una specie di baluginante
specchietto per allodole (e allocchi). L’avevo scritto quando la censura
aveva tolto ogni divieto: il problema non è lo «scandalo» del burro ma
il rispetto per la complessità di un’opera che trabocca disperazione e
senso della morte. Ormai abituati solo a tifare per i comizi politici o
per le avventure fotocopia di questo o di quell’eroe seriale, cosa
riserveranno lunedì sera gli spettatori all’«infernale plasticità» di
Brando, alla luce di Storaro, alla musica di Barbieri? Al genio di
Bertolucci?