Corriere 17.1.19
Dialoghi Il giurista Sergio Bartole,
professore emerito dell’Università di Trieste, ragiona sull’attualità
della «Legge delle leggi»
Il tempo della Costituzione
I valori fondativi e le letture moderne: ecco perché la Carta cresce con noi
di Claudio Magris
Il
Diritto — di cui la Costituzione è l’espressione più alta — è un valore
freddo: norme, regole, codici, sanzioni che non sembrano destare
passioni come i valori caldi — amore, amicizia, poesia, fede, generoso
progetto politico. Ma i valori freddi — la legge, la democrazia, i
meccanismi della lotta politica — sono i soli che permettono a tutti di
coltivare i propri valori caldi, perché senza la Legge l’individuo
sarebbe in balia della violenza dei più forti, preda di ogni
sopraffazione e inganno, solo con la sua debolezza.
Per la
Costituzione, Legge delle leggi, ci si può infiammare, si può
combattere. In un bellissimo saggio di anni fa, Maria Carolina Foi ha
illustrato come nella Germania del primo Ottocento la battaglia fra chi
voleva un codice unico — articolato sul modello napoleonico — e chi
voleva un diritto consuetudinario, attento alle differenze storiche di
tradizioni e usi locali stratificati nel costume, abbia influenzato
fortemente la letteratura e la poesia del vivere — ad esempio il
percorso di Heine e dei poeti romantici.
Costituzioni e
dichiarazioni di diritti — degli Stati Uniti quando nascevano come Stato
o della Rivoluzione francese — affermano principi e valori universali,
danno all’individuo dignità di cittadino, sono valori caldi di
appartenenza che investono la vita intera. Habermas, anni fa, ha parlato
di «patriottismo della Costituzione», punto di riferimento e legame di
tutti i cittadini. Nel recente, affascinante volume La Costituzione e la
bellezza di Michele Ainis e Vittorio Sgarbi (La nave di Teseo) si
commentano passo per passo i singoli articoli della Costituzione
italiana, mostrando come dalla sua precisione giuridica e dalla vastità
dei problemi e dei temi affrontati si crei bellezza, senso globale
dell’esistenza. Politica, vita della Polis, comunità di valori e di
destino. Nel Preludio alla Costituente — uscito nelle ultime settimane a
cura di Alberto Aghemo, Giuseppe Amari, Baldo Palmieri, con la
postfazione di Giuliano Amato e la prefazione di Valdo Spini
(Castelvecchi editore) — la Costituzione è definita una sinfonia su cui
si è basata e si basa la nostra vita democratica e civile.
La
Costituzione italiana è stata però vista, soprattutto ma non soltanto da
destra, con malcelata ostilità, come una retorica nata dalla Resistenza
e gestita dai partiti della Resistenza. Baget Bozzo, anni fa,
polemizzava non senza risentimento con l’intoccabilità della
Costituzione considerata un Credo opposto ai tentativi di innovazione.
Ne
parlo con Sergio Bartole, che ha insegnato Diritto costituzionale nelle
Università di Pavia e Trieste, oggi Emerito in questo Ateneo, maestro
di numerosi odierni docenti, già presidente dell’Associazione italiana
dei costituzionalisti, membro dei comitati scientifici delle più
autorevoli riviste di diritto pubblico e autore di oltre un centinaio di
contributi scientifici, fra i quali gli sono particolarmente cari
Interpretazioni e trasformazioni della Costituzione repubblicana e La
Costituzione è di tutti, ambedue pubblicati dall’editrice il Mulino.
Sergio
Bartole — La tua contrapposizione fra valori freddi e valori caldi
espone questa nostra conversazione al rischio di incomprensioni,
sull’onda della tradizionale diffidenza per il diritto e per il preteso
formalismo del suo approccio alla realtà. È bene ricordarsene quando
parliamo della Costituzione, che sin dalla sua adozione è l’epifania di
significati e valori che sono espressione di scelte ideali che connotano
la storia vissuta del Paese. Diceva Piero Calamandrei che la nostra
Carta dà testimonianza del contributo dato alla nostra civile convivenza
da grandi figure del passato, da Beccaria a Cavour, da Mazzini e
Garibaldi a Minghetti.
Ogni Costituzione ha alle sue spalle un
passato e apre a un futuro; pretendere di conoscerne i contenuti avendo
riguardo al solo tempo della originale decisione costituente e alle
intenzioni dei suoi autori è metodologicamente errato, giacché nel
frattempo essa si è caricata di significati nuovi e aggiuntivi in
ragione delle successive interpretazioni del testo. Ciò è
particolarmente vero per le disposizioni di una Costituzione come la
nostra, linguisticamente belle come suggeriscono Sgarbi e Ainis, ma
anfibologiche e suscettibili di molteplici letture alla stregua di tutti
i principi del diritto. L’esperienza ci conduce oltre la
contrapposizione fra diritto scritto e non scritto. Passo dopo passo,
l’applicazione/interpretazione della Costituzione l’ha trasformata: ad
esempio, può piacere o meno, ma oggi hanno copertura costituzionale, ad
esempio, una diversa disciplina dei rapporti di famiglia, il divorzio,
la tutela ambientale della salute, le garanzie della difesa nel
processo.
Claudio Magris — I cittadini italiani si riconoscono
nella Costituzione? Quali suoi valori privilegiano? Se non vi si
riconoscono, credono che i valori della Costituzione e della Resistenza
siano oggi superati? È la seconda parte che a loro avviso non funziona?
Sergio
Bartole — Chiedersi se i cittadini della Repubblica si identificano
nella vigente Costituzione non significa ragionare della sola
accettazione delle scelte della Assemblea costituente. Chi mette in
discussione la permanente attualità della Carta mette in discussione
tutta la storia passata della Repubblica. Forse il retaggio della nostra
storia politica non è esaltante come avremmo sperato settant’anni fa,
ma è pur vero che in questi settant’anni la Costituzione è stata il
termine di riferimento della nostra identità nazionale. Certo non
mancano i detrattori e le diffidenze, legate al diffuso rifiuto
dell’esperienza politica della seconda metà del cosiddetto secolo breve.
Non è, però, un caso che almeno in due occasioni il popolo si sia
contrapposto ai politici che volevano riformarla e abbia pertanto
trascurato i rilievi che quei politici muovevano, sulla base
dell’esperienza, alla funzionalità del nostro apparato di governo. Il
che dimostra che se riforme di questo apparato debbono essere adottate,
esse debbono andare nella direzione della scelta originale di una
democrazia parlamentare rappresentativa. Forse possiamo ancora sperare
che il popolo non si faccia tentare dalle odierne lusinghe della
democrazia diretta.
Claudio Magris — Oggi l’Italia è un Paese
sovrano che fa parte dell’Unione Europea. C’è l’Europa e ci sono le
Costituzioni dei vari Paesi che ne fanno parte. Talora le Costituzioni
di alcuni di questi sembrano in stridente contrasto con lo spirito
dell’Unione Europea.
Le Costituzioni che hanno fondato la
modernità liberale e democratica sottolineano l’eguaglianza — «tutti gli
uomini creati uguali e dotati dal loro Creatore di certi inalienabili
diritti come quelli alla vita, alla libertà e al perseguimento della
felicità», dice la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti e la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino voluta dalla
Rivoluzione francese proclama che «gli uomini nascono e rimangono liberi
ed eguali nei loro diritti, che sono la libertà, la proprietà, la
sicurezza e la resistenza all’oppressione». Valori fondamentali e
irrinunciabili sui quali si basa l’Unione Europea, ma alcune
Costituzioni di alcuni Paesi che ne fanno parte li contraddicono, così
come li contraddicono un diffuso sentimento di chiusura e frequenti
posizioni separatiste, acremente identitarie e perfino razziste…
Sergio
Bartole — L’adesione italiana al processo di unificazione europea, che
si può far iniziare dalla firma nel 1950 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, ha avuto
un grande impatto sulla Costituzione, dapprima sulla protezione delle
persone che ha assunto ricorrentemente nuovi contenuti, e poi con
l’avvento di un governo sovranazionale del mercato e della moneta unica
nella prospettiva di una futura più ampia implementazione del Manifesto
spinelliano di Ventotene. Il nostro ordinamento ha così conosciuto
limitazioni della sovranità, ma ha nel contempo trovato nel patrimonio
costituzionale comune ai Paesi d’Europa la conferma della nostra
adesione ai destini dell’Occidente voluta nel 1948. Ne ho avuto
personale conferma negli anni di appartenenza alla Commissione di
Venezia del Consiglio di Europa, constatando quanto l’identificazione
della nostra lezione costituzionale con i valori universali della tutela
della persona, della democrazia e dello Stato di diritto possa
rappresentare una guida al monitoraggio delle riforme costituzionali dei
Paesi già membri del Patto di Varsavia, ivi incluse, purtroppo, le
recenti devianti iniziative di Polonia e Ungheria.