martedì 15 gennaio 2019

Corriere 15.1.19
Filosofia
Ritratto inatteso di Socrate, sapiente maestro di ribelli
In «Partorire con la testa» (Marsilio) Dorella Cianci ragiona sulla maieutica e fa emergere lati meno noti del pensatore greco, anche al di là della versione platonica
di Franco Manzoni


Mitico parto
L’immagine della verità tirata fuori dalla mente richiama Zeus che genera la dea Atena dalla testa

Una persistente e densa immagine mentale in evoluzione. Mito e raziocinio ruotano fra la tecnica dell’anamnesi e gli aspetti terapeutici della forma dialogica verso la scoperta del sé nascosto nell’inconscio, sorpreso a ragionare con reminiscenze primordiali. Tant’è che oggi si trovano a confluire sulla genesi del pensiero differenti discipline: pedagogia, storia, antropologia, psicoanalisi, filosofia, retorica, teologia. Con analisi accurata delle fonti dall’antichità al Medioevo, un inatteso Socrate, non più esclusivamente «controllato» dalla versione platonica, scopriamo ora nel volume Partorire con la testa. Alle origini della maieutica di Dorella Cianci (Marsilio).
Nata a Cerignola (Foggia) nel 1984, filologa classica, docente universitaria, l’autrice ritiene che Socrate sia passato alla storia come filosofo grazie alla volontà dall’allievo Platone. È sufficiente leggere fra le righe dei documenti. Una di queste prove si trova non a caso in un dialogo platonico, il Menone. Un giovane schiavo, che credeva di non avere dubbi, dopo l’incontro con Socrate non ha più certezze. Anzi, il ragazzo viene indotto a ricercare il sapere, perché si trova in uno stato di fame della conoscenza.
Socrate è davvero un maestro di parto, un’abilissima ostetrica. Da dove arriva l’idea di generare senza utero se non dal mito? È noto come Atena, dea della sapienza, fosse la figlia prediletta di Zeus, nata dalla testa del padre, aiutato da Efesto che gli spaccò il cranio in due. La potenza simbolica dei miti è ineluttabile nella cultura classica. Giulio Guidorizzi, grecista di chiara fama, sottolinea nell’illuminante prefazione: «Nulla nasce senza dolore e rottura. Questa è in definitiva la natura della maieutica socratica; …a poco a poco, una nuova idea viene al mondo e con essa un nuovo modo di essere cresce nella mente di una persona, che alla fine ne viene mutata fondamentalmente». Senza dubbio la teoria socratica parte dall’assunto che la verità esiste già nella mente di una persona. Siamo nel campo dell’inconscio. Tocca al maestro, induttore di idee e non solo levatrice, far emergere la coscienza di sé, quando ancora l’allievo giace in uno stadio d’inconsapevolezza.
Platone attribuisce al comico Aristofane la maggiore responsabilità per la condanna a morte di Socrate nel 399 a. C. È vero, nelle Nuvole, commedia rappresentata nel 423, Socrate viene trasformato in un buffo manichino, maschera ridicola che si arrabbia nel caso qualcuno gli faccia abortire delle idee, un ateo che rigetta la religione olimpica. È il segno che Aristofane testimonia l’opinione dell’uomo della strada, mentre il pubblico ride del «supremo corruttore dei ragazzi». Nessuna colpa, quindi, del comico per la condanna decisa contro il filosofo dopo più di vent’anni dall’allestimento teatrale. La questione maieutica in Socrate nasce dall’esigenza di proporre una pedagogia nuova. Chi esce dalla sua scuola è un ribelle pronto a demolire i valori etici dell’educazione tradizionale. Per questo Socrate deve morire.