Corriere 13.1.19
Una legge già pronta educazione civica:
proviamoci
di Ferruccio de Bortoli
La
democrazia diretta è necessaria. Giusto rafforzarla. Ma va maneggiata
con cura. La Rete dà risposte immediate, partecipazioni istantanee. Ma
spesso disinformate ed emotive. Si scambia l’opinione di minoranze
organizzate, non raramente su posizioni estreme, per il sentimento medio
degli elettori. I leader politici che misurano costantemente il proprio
gradimento sui social network — e si comportano di conseguenza —
dovrebbero tenerne conto. E una riflessione dovrebbe farla anche chi è
affascinato dall’idea di introdurre, nella nostra Costituzione, un
referendum propositivo e ha già formato la propria classe dirigente con
discutibili selezioni digitali. La discussione fra i partiti della
maggioranza ha già portato, fortunatamente, a ipotizzare un quorum del
25 per cento del corpo elettorale. Ma non basta. Non sono escluse le
leggi di spesa e penali. Si ipotizza uno sciagurato ballottaggio fra
proposte referendarie e parlamentari. La democrazia rappresentativa così
muore. Sotto i nostri occhi. Socchiusi.
Il «governo del
cambiamento» ha, per la prima volta, un dicastero per la democrazia
diretta, affidato al Cinque Stelle Riccardo Fraccaro. La maggioranza ha a
disposizione un’ottima occasione per dimostrare sensibilità e
attenzione alle proposte popolari. Il 5 gennaio scorso sono state
depositate alla Camera le 50 mila firme necessarie per promuovere una
legge di iniziativa popolare.
T ema: la reintroduzione
dell’Educazione civica come materia «con voto autonomo nei curricula
scolastici di ogni ordine e grado». In realtà, in sei mesi di raccolta, i
firmatari sono stati 83.326, di cui 27.261 in Lombardia, 15.508 in
Toscana e 10.261 in Emilia e Romagna. Si sono mobilitati circa duemila
Comuni, con amministrazioni di tutti gli orientamenti; 27 associazioni,
dalle Acli alla Legambiente a Sant’Egidio; 24 testimonial, da Gigi
Proietti a Liliana Segre.
La maggioranza gialloverde ha
l’opportunità di dimostrarsi sensibile alle istanze del territorio e
delle associazioni. Insomma, del popolo. E sarebbe un indiscutibile
cambiamento se, cosa mai accaduta, fosse approvata una legge di
iniziativa popolare in questa materia. Si applicherebbe l’articolo 71
della Costituzione, in un suo comma un po’ sterile. Una medaglia per il
«governo del cambiamento». «Noi l’abbiamo fatto e voi in tanti anni no».
Slogan efficace. E poi su un tema così centrale per la qualità della
democrazia del nostro Paese come l’educazione alla cittadinanza. Se si
continua a dire, anche a sproposito, «prima gli italiani», bene
preoccupiamoci anche della loro formazione, della coscienza civica, del
senso della legalità. E del grado di cittadinanza degli immigrati di
seconda generazione.
La proposta dei Comuni, sostenuta fortemente
dall’Anci, l’Associazione che li riunisce, mette insieme per la verità
un po’ troppe cose. Dalla conoscenza della nostra Costituzione alla
cultura della memoria, alla lotta contro il cyberbullismo, la volgarità
in Rete e gli sprechi alimentari, alla tutela dell’ambiente. Ma le
intenzioni sono lodevoli e colpisce che se ne parli così poco. Dobbiamo
stupirci? Forse no, visto il degrado del nostro discorso pubblico e le
immagini di ordinaria e popolare inciviltà.
In materia di
educazione civica, sono state già presentate in Parlamento dieci
proposte, da gruppi di vario orientamento. Tra queste, anche quella
(primo firmatario Massimiliano Capitanio) della Lega per la
reintroduzione dell’insegnamento, dalla scuola materna alla secondaria
di secondo grado. Fu Aldo Moro, ministro della Pubblica istruzione, a
introdurre l’Educazione civica come materia nel 1958. Le lezioni
venivano impartite dagli insegnanti di Italiano, Storia e Geografia alle
medie. Negli anni 90 la materia era già sparita. Con la legge 169 del
2008, l’allora ministra Mariastella Gelmini, raccomandava l’insegnamento
trasversale di Cittadinanza e Costituzione. Una materia un po’ di tutti
e di nessuno. Presidi e professori si sono arrangiati, con tante
autonome e originali iniziative. «Ma un tema così rilevante — spiega
Fulvio Cortese, docente di Istituzioni di diritto pubblico a Trento,
università nella quale ha studiato lo stesso Fraccaro — non può essere
lasciato alla sola buona volontà del corpo insegnante. Esistono casi
virtuosi, ma in generale più che istruire si sensibilizza. E la
Costituzione magari si difende ma non si insegna. L’Educazione civica
non deve però diventare un contenitore ibrido, con dentro tutto, dalla
disciplina alimentare all’uso delle tecnologie. Né presentarla agli
studenti come qualcosa di noioso e obbligato, con banalizzazioni e
inutili nozionismi. E poi, parliamoci chiaro, bene l’Educazione civica a
scuola, ma poi contano gli esempi nella vita di ogni giorno». E i
pessimi esempi — scarso rispetto delle regole, del bene comune —
abbondano. Così i cattivi maestri. Soprattutto in Rete. La proposta di
legge di iniziativa popolare sull’Educazione civica — che ci auguriamo
venga discussa e approvata dalle Camere — ha un solo grande difetto. Non
riguarda gli adulti.