Corriere 12.1.19
L’industria frena. I cantieri: persi 800 mila posti
Dalle costruzioni all’alimentare, l’anno difficile del «made in Italy»
di Dario Di Vico
Lasciamo
agli statistici la discussione se e quando saremo costretti a decretare
«la recessione tecnica» e concentriamoci invece sulla sostanza ovvero
sul rischio che il 2019 si riveli un anno nero per l’industria made in
Italy.
I fattori che concorrono a formulare questo presagio sono
molti, e parecchi hanno natura esogena, ma il risultato può essere
proprio quello di cui sopra. E a poco vale ricordare come anche gli
altri Paesi industriali sono alle prese con gli stessi problemi perché,
come commenta Andrea Montanino, direttore del Centro Studi
Confindustria, «in un contesto di rallentamento generalizzato ogni
sistema cercherà di proteggersi il più possibile e per i gruppi italiani
impegnati in programmi di espansione o di riorganizzazione ne
deriveranno comunque delle difficoltà». Per diversi dei nostri campioni
nazionali il 2019 sarebbe stato comunque un anno-chiave.
Partiamo
dalla Fca del dopo-Marchionne che dovrà fare i conti con un mercato
dell’auto che non darà più le soddisfazioni degli ultimi anni e per di
più è alle prese con feroci guerre commerciali, modifiche normative in
singoli Paesi e un avanzamento tecnologico la cui tempistica non è
chiara quantomeno per la mole degli investimenti che richiede. L’anno
appena iniziato è decisivo anche per le prospettive del merger
Luxottica-Essilor che ha portato alla nascita di un gigante mondiale
dell’ottica integrato verticalmente. E’ in discussione tra i due gruppi
l’assetto finale della governance e ci sono, non è un mistero, idee
diverse. Nei giorni scorsi i giornali francesi hanno scritto di una
fusione incominciata su «cattive basi» paventando «una presa di
controllo» da parte del gruppo Del Vecchio. Le prossime settimane
saranno decisive sperando che l’inasprirsi delle relazioni
italo-francesi resti — come finora — fuori dal campo di gioco.
Grandi gruppi
I casi delle grandi imprese, da Fca a Fincantieri e Luxottica-Essilor
Lo
scacchiere italo-francese è strategico anche per le ambizioni della
Fincantieri che dopo tanto penare pareva aver incamerato l’acquisizione
dei cantieri di Saint-Nazaire e invece si è vista imporre uno stop
dall’antitrust europeo proprio per effetto delle lagnanze di tedeschi e
francesi.
Se dai campioni nazionali passiamo ad analizzare i
principali settori (auto, mattone e cibo) le ombre si allungano.
L’incertezza che avvolge l’automotive riporta al legame tra la nostra
industria delle componenti e i marchi tedeschi. Produciamo beni
intermedi che concorrono al loro export e di conseguenza se le grandi
catene del valore si inceppano ne subiamo le conseguenze. Il settore
delle costruzioni e delle grandi opere risente invece del clima politico
che si è creato in Italia e delle contrapposizioni attorno non solo
alla Tav ma anche alle opere minori. I rischi che tutto ciò comporta non
solo sulle nostre aziende di eccellenza ma anche sulle Pmi del mattone
sono evidenti e non è un caso che nella prima uscita del 2019 il
presidente di Confindustria Vincenzo Boccia abbia centrato il tema
«cantieri da aprire».
L’effetto Germania
Se le grandi catene del valore si inceppano le nostre aziende ne subiscono gli effetti
La
produzione alimentare non è andata male a fine ‘18 e il neo-presidente
della Federalimentare Ivano Vacondio ha ricordato «la forza trainante»
del settore ma se guardiamo al 2019 non ci sono certezze. Il mercato
interno si presenta fermo e si può solo sperare che le prime erogazioni
del reddito di cittadinanza, destinato alle fasce più deboli della
società, prendano poi la strada dei consumi alimentari. Altrimenti per
crescere serve un’ulteriore crescita delle esportazioni che però
dovranno fare i conti con i problemi di rallentamento dell’economia
mondiale che ben sappiamo e che potrebbero penalizzare il made in Italy.