Corriere 12.1.19
I valori che offre la scienza
di Maurizio Ferrera
Beppe
Grillo ha firmato il Patto trasversale sulla Scienza promosso da
Roberto Burioni e Guido Silvestri, due noti e autorevoli docenti e
studiosi di medicina. Si tratta di un segnale importante, in
controtendenza rispetto agli atteggiamenti anti-scientifici dei 5
Stelle: emblematico il caso dei vaccini. A giudicare dai social media,
non tutta la base grillina condivide questa scelta. Beppe Grillo resta
nondimeno il fondatore e padre nobile del Movimento. La sua posizione ha
comunque peso politico e rilevanza simbolica.
Il Patto sulla
Scienza dice cose molto semplici, che dovrebbero essere scontate in ogni
democrazia liberale. Primo: la scienza è un valore, in quanto produce
conoscenze affidabili sul mondo e ci indica sia come trarne vantaggio
sia come evitare danni (pensiamo alle epidemie o ai disastri naturali).
Secondo: occorre combattere la pseudo-scienza, ossia tutte le idee e
indicazioni che non rispettano quei criteri di metodo che da secoli
ispirano il lavoro degli scienziati. Chi stabilisce i criteri e chi
«accredita» la qualità di un lavoro scientifico? La comunità
scientifica, e solo questa. Come rammenta il Patto, la scienza non ha
colore politico. I politici possono trascurare le indicazioni degli
scienziati. Ma non possono giustificarsi dicendo che gli scienziati
sbagliano, che le conoscenze accettate e condivise dalla comunità
scientifica non «dicono la verità».
g li ultimi due punti del
Patto spiegano in che modo si deve promuovere e proteggere la scienza.
Innanzitutto occorre mettere i cittadini in condizioni di riconoscere la
conoscenza affidabile da quella che non lo è. In secondo luogo, bisogna
mettere gli scienziati in condizione di lavorare autonomamente,
garantendo un flusso adeguato di risorse.
Ho menzionato la parola
«verità». Di questi tempi è frequente sentire che la verità non esiste,
oppure che ce ne sono tante e che ciascuno può scegliere la sua. E poi:
gli scienziati non sono mai neutrali — si dice —, spesso agiscono in
base a interessi di parte. Il cosiddetto progresso scientifico non
dimostra forse che ciò che appare vero in un dato momento a un certo
punto viene gettato nel cestino delle falsità? Osservazioni
comprensibili. Gli scienziati sono donne e uomini in carne e ossa, e
dunque imperfetti, «legni storti», come diceva Kant. Il loro lavoro
«scopre» le cose per tentativi ed errori. La conoscenza scientifica è
dunque sempre provvisoria, valida fino a prova contraria. Ciò che
dovrebbe succedere (una guarigione) non succede; accadono eventi non
previsti, spesso indesiderati (una calamità). Solo gli scienziati
possono tuttavia stabilire se e quando una prova contraria è decisiva
per il destino di una teoria.
Grazie a Internet, ciascuno di noi
può oggi farsi un’idea riguardo a qualsiasi fenomeno. È forte la
tentazione di decidere da soli. Sulla Rete si trovano le tesi più
incredibili. Negli Stati Uniti c’è un gruppo che sostiene che la terra
in realtà sia piatta. I «terrapiattisti» si sono trasformati in un
movimento, che ora si riunisce periodicamente in compagnia di
pseudo-scienziati. Per ora, non fanno male a nessuno. Ma un conto è
sostenere credenze false relativamente innocue. Un altro conto è
danneggiare gli altri sulla base di opinioni dogmatiche, non suffragate
da evidenza e ragionamento. Non solo su temi che riguardano la fisica o
la medicina, ma anche l’immigrazione o le differenze razziali.
Nei
dibattiti pubblici, soprattutto in televisione, il confronto fra due
punti di vista si conclude talvolta con uno dei due interlocutori
(spesso un Cinque Stelle) che liquida l’altro dicendo «è una sua
opinione, io non sono d’accordo». In alcuni casi è davvero difficile
procedere al di là delle opinioni. Ma per una grande quantità di temi
c’è davvero modo di controllare come stanno le cose, di stabilire chi ha
ragione. Un’abitudine ancor peggiore è fermare il confronto politico
dicendo: se «quello» non è d’accordo con me, che ho vinto le elezioni,
allora si candidi (pensiamo a Salvini). Un’assurdità. Come insegnava
Bobbio, la verità non si decide a maggioranza. I cittadini di una
democrazia possono deliberare su moltissime questioni. Ma l’idea che
possa esistere un cittadino «totale», titolato a sottrarsi ad ogni forma
di autorità basata sulla competenza invece che sulla maggioranza è
l’anticamera della dittatura.
Torniamo al Patto sulla Scienza. Il
testo richiama la politica a «legiferare» contro la pseudo-scienza. Se
ciò che si chiede è l’adozione di norme che rafforzino la sfera
scientifica e che leghino le mani ai politici nella presa di decisioni
in certi ambiti delicati (ad esempio costringendoli a chiedere il parere
degli scienziati e a tenerne adeguatamente conto), l’appello è
ineccepibile. Non bisogna però mai affidare alla politica il ruolo di
giudice nelle controversie scientifiche e nemmeno quello di scendere a
compromessi incoerenti, come nel caso dell’«obbligo flessibile» alla
dichiarazione vaccinale da parte dei genitori.
Il messaggio
operativo più importante del Patto è quello che riguarda l’informazione e
la scuola. È in queste due sfere che si deve imparare a usare
correttamente il concetto di verità. Il che vuol dire una cosa semplice,
ben riassunta già da Platone: verità è dire le cose come stanno.
Pensare e parlare ricordando sempre che «là fuori» c’è una realtà
ostinata e indipendente dalle nostre opinioni. E che può danneggiarci
seriamente se ci illudiamo di poterla ignorare o peggio ancora piegare a
nostro libero piacimento.