Repubblica 6.9.18
Pd, Renzi e l’ipotesi scissione per correre alle europee
L’ex
premier rifiuta di garantire a Minniti che resterà nel partito e pensa
ad un movimento da lanciare a gennaio con liste della società civile.
L’accelerazione per la concorrenza di Calenda
di Goffredo De Marchis
Roma
Anche Carlo Calenda pensa alla fondazione di un nuovo movimento da
presentare alle elezioni europee e questo spiega l’accelerazione di
Matteo Renzi per una sua Cosa, sempre più probabile. Prima di
rinunciare, Marco Minniti aveva chiesto una garanzia: un documento anti-
scissione dei parlamentari renziani in cui veniva scritto: "Il Pd è e
sarà sempre casa nostra". Ma su questo punto la trattativa con Renzi,
attraverso Luca Lotti che ha incontrato ieri pomeriggio l’ex ministro,
si è bloccata. Il senatore di Firenze ha risposto: non si può fare.
Dunque,
la strada appare quasi segnata. Siccome i principali interlocutori dei
politici sono, ormai da anni, i sondaggisti l’ex premier ha saputo che
Calenda ha commissionato un corposo sondaggio a un istituto demoscopico i
cui risultati saranno pronti la prossima settimana. I due potenziali
nuovi partiti si muovono nello stesso spazio politico: il centrismo
antisovranista, con la valorizzazione dei competenti da contrapporre ai
gaffeur a 5 stelle e al populismo leghista. Per pescare i voti dispersi
del Pd, di Forza Italia e di quello che fu Scelta Civica. Li dovrebbe
aiutare il calo evidente dell’economia italiana e il probabile
voltafaccia del governo sulla manovra. Se funziona.
Poniamo che lo
spazio sia grande o grandicello non c’è posto per due galli nel pollaio
soprattutto se si chiamano Calenda e Renzi che non si amano affatto.
Così si spiega l’idea dell’ex premier di partire già a gennaio con il
suo movimento. Movimento dal quale verrebbero esclusi tutti i vecchi del
Pd, renziani compresi. Quella è la zavorra, Qualcuno dice, scherzando,
che persino Lotti e Boschi verrebbero lasciati nella casa madre. Un
paradosso che fa capire come l’obiettivo sia una lista di candidati solo
della società civile, esterni ai partiti. Un blitz come quello che fece
Macron alle legislative francesi, con la differenza che il presidente
francese veniva da una clamorosa vittoria.
L’ipotesi è quella di
reclutare dalle categorie: ricercatori, imprenditori, professori,
professionisti. Per fare degli esempi si citano il virologo Roberto
Burioni, la campionessa Bebe Vio. I comitati civici di Ivan Scalfarotto
sono l’incubatrice di questo esperimento e l’ente selezionatore. Del
resto Scalfarotto lo dice sempre: «Non dimenticate qual è il mio vero
mestiere: direttore delle risorse umane».
Se Renzi vuole fare una
scissione non può permettersi di aspettare dopo le Europee. Un partito
nuovo ha bisogno di misurarsi subito per nascere e vivere. Se poi la
legislatura dura 5 anni, a cosa serve andare via dal Pd in mancanza di
scadenze elettorali significative? Le elezioni continentali sono un
banco di prova favorevole perché non c’è la variabile della
governabilità: si vota dove ti porta il cuore, come dimostrano i
successi di Emma Bonino (9 per cento qualche anno fa) e della lista
Tsipras 5 anni fa. C’è però il problema delle preferenze che non aiuta
gli sconosciuti. Ma questa regola sembra superata dai fatti. Basta
osservare il successo grillino, anche nei collegi uninominali. Infatti
quando parla del suo movimento Calenda usa questa formula: « Dovrebbe
essere tipo i 5 stelle con le competenze, con le persone capaci » . I
famosi o gli acchiappa voti servono meno di un tempo.
I renziani
sono letteralmente impazziti per le sbandate del loro leader. Hanno
capito che saranno lasciati al loro destino nel Pd, come fosse una bad
company. Nessuno sarà riciclato in Europa. Dalla scissione possono
nascere dei nuovi gruppi parlamentari, certo, ma al Senato il
regolamento approvato lo scorso anno non permette fuoriusciti. Comunque,
per le poche forze del Pd a livello parlamentare sarebbe davvero un
brutto colpo. I segnali di uscita di Renzi si moltiplicano e vengono
scrutati. Le locandine web con la firma " Renzi!" o "lib-dem" sono
considerati le prove generali di simboli alternativi al Pd. Cosi come
una prova generale appare la visita di ieri a Bruxelles dove Renzi ha
incontrato Juncker, Moscovici, il socialista Timmermans, i verdi e la
commissaria lib- dem e macroniana Vestager. Un modo per preparare il
terreno a quello che Renzi chiama « allargamento delle forze
antisovraniste » e che potrebbe al dunque contenere anche un suo
movimento. Con Timmermans si è informato anche delle possibili poltrone
europee dopo le elezioni di maggio. Ci sarebbe un solo posto a
disposizione per un ex premier: la guida dell’Europarlamento sempre che
le forze anti- populiste abbiano la maggioranza di Strasburgo.
Le
tracce dell’uscita sono dunque tantissime. Le accuse di tradimento a
Gentiloni e Delrio, i like ai post dove il Pd è definito un peso,
l’amarezza confessata pubblicamente per non aver ricevuto solidarietà
dai dirigenti dem quando il padre era sotto attacco. Anche se il dado
non è tratto, non sembra mancare molto.