giovedì 6 dicembre 2018

Repubblica 6.9.18
Pd, Renzi e l’ipotesi scissione per correre alle europee
L’ex premier rifiuta di garantire a Minniti che resterà nel partito e pensa ad un movimento da lanciare a gennaio con liste della società civile. L’accelerazione per la concorrenza di Calenda
di Goffredo De Marchis


Roma Anche Carlo Calenda pensa alla fondazione di un nuovo movimento da presentare alle elezioni europee e questo spiega l’accelerazione di Matteo Renzi per una sua Cosa, sempre più probabile. Prima di rinunciare, Marco Minniti aveva chiesto una garanzia: un documento anti- scissione dei parlamentari renziani in cui veniva scritto: "Il Pd è e sarà sempre casa nostra". Ma su questo punto la trattativa con Renzi, attraverso Luca Lotti che ha incontrato ieri pomeriggio l’ex ministro, si è bloccata. Il senatore di Firenze ha risposto: non si può fare.
Dunque, la strada appare quasi segnata. Siccome i principali interlocutori dei politici sono, ormai da anni, i sondaggisti l’ex premier ha saputo che Calenda ha commissionato un corposo sondaggio a un istituto demoscopico i cui risultati saranno pronti la prossima settimana. I due potenziali nuovi partiti si muovono nello stesso spazio politico: il centrismo antisovranista, con la valorizzazione dei competenti da contrapporre ai gaffeur a 5 stelle e al populismo leghista. Per pescare i voti dispersi del Pd, di Forza Italia e di quello che fu Scelta Civica. Li dovrebbe aiutare il calo evidente dell’economia italiana e il probabile voltafaccia del governo sulla manovra. Se funziona.
Poniamo che lo spazio sia grande o grandicello non c’è posto per due galli nel pollaio soprattutto se si chiamano Calenda e Renzi che non si amano affatto. Così si spiega l’idea dell’ex premier di partire già a gennaio con il suo movimento. Movimento dal quale verrebbero esclusi tutti i vecchi del Pd, renziani compresi. Quella è la zavorra, Qualcuno dice, scherzando, che persino Lotti e Boschi verrebbero lasciati nella casa madre. Un paradosso che fa capire come l’obiettivo sia una lista di candidati solo della società civile, esterni ai partiti. Un blitz come quello che fece Macron alle legislative francesi, con la differenza che il presidente francese veniva da una clamorosa vittoria.
L’ipotesi è quella di reclutare dalle categorie: ricercatori, imprenditori, professori, professionisti. Per fare degli esempi si citano il virologo Roberto Burioni, la campionessa Bebe Vio. I comitati civici di Ivan Scalfarotto sono l’incubatrice di questo esperimento e l’ente selezionatore. Del resto Scalfarotto lo dice sempre: «Non dimenticate qual è il mio vero mestiere: direttore delle risorse umane».
Se Renzi vuole fare una scissione non può permettersi di aspettare dopo le Europee. Un partito nuovo ha bisogno di misurarsi subito per nascere e vivere. Se poi la legislatura dura 5 anni, a cosa serve andare via dal Pd in mancanza di scadenze elettorali significative? Le elezioni continentali sono un banco di prova favorevole perché non c’è la variabile della governabilità: si vota dove ti porta il cuore, come dimostrano i successi di Emma Bonino (9 per cento qualche anno fa) e della lista Tsipras 5 anni fa. C’è però il problema delle preferenze che non aiuta gli sconosciuti. Ma questa regola sembra superata dai fatti. Basta osservare il successo grillino, anche nei collegi uninominali. Infatti quando parla del suo movimento Calenda usa questa formula: « Dovrebbe essere tipo i 5 stelle con le competenze, con le persone capaci » . I famosi o gli acchiappa voti servono meno di un tempo.
I renziani sono letteralmente impazziti per le sbandate del loro leader. Hanno capito che saranno lasciati al loro destino nel Pd, come fosse una bad company. Nessuno sarà riciclato in Europa. Dalla scissione possono nascere dei nuovi gruppi parlamentari, certo, ma al Senato il regolamento approvato lo scorso anno non permette fuoriusciti. Comunque, per le poche forze del Pd a livello parlamentare sarebbe davvero un brutto colpo. I segnali di uscita di Renzi si moltiplicano e vengono scrutati. Le locandine web con la firma " Renzi!" o "lib-dem" sono considerati le prove generali di simboli alternativi al Pd. Cosi come una prova generale appare la visita di ieri a Bruxelles dove Renzi ha incontrato Juncker, Moscovici, il socialista Timmermans, i verdi e la commissaria lib- dem e macroniana Vestager. Un modo per preparare il terreno a quello che Renzi chiama « allargamento delle forze antisovraniste » e che potrebbe al dunque contenere anche un suo movimento. Con Timmermans si è informato anche delle possibili poltrone europee dopo le elezioni di maggio. Ci sarebbe un solo posto a disposizione per un ex premier: la guida dell’Europarlamento sempre che le forze anti- populiste abbiano la maggioranza di Strasburgo.
Le tracce dell’uscita sono dunque tantissime. Le accuse di tradimento a Gentiloni e Delrio, i like ai post dove il Pd è definito un peso, l’amarezza confessata pubblicamente per non aver ricevuto solidarietà dai dirigenti dem quando il padre era sotto attacco. Anche se il dado non è tratto, non sembra mancare molto.