giovedì 6 dicembre 2018

Repubblica 6.12.18
Regeni, sfida dei genitori “L’Egitto deve sapere che non molleremo mai”
L’avvocato legge i nomi dei 20 agenti coinvolti nell’omicidio “ È impossibile che Al Sisi non sappia cosa è successo a Giulio”
di Giuliano Foschini


La procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati cinque uomini delle forze di polizia del Cairo per il sequestro di Giulio Regeni. In Egitto è stata arrestata invece la moglie di uno dei consulenti legali della famiglia. Ieri a Roma la famiglia Regeni ha parlato con accanto un altro dei loro consulenti, Mohammed Abdallah, anche lui in galera per mesi: «Chi ha ucciso e torturato Giulio pagherà» ha detto.
roma
Ieri sono accadute tre cose nella lunga battaglia per la ricerca della verità sul sequestro, l’assassinio e la tortura di Giulio Regeni. La prima è una conferma: la famiglia Regeni non molla. Anzi rilancia. « In Egitto sappiano che non cederemo neanche in futuro » ha spiegato Paola Regeni, durante la conferenza stampa indetta nella sede della Federazione nazionale della stampa, a Roma, accanto ai vertici del sindacato, Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti. Il perché la famiglia Regeni non abbia intenzione di mollare, e veniamo alla seconda circostanza, lo ha spiegato l’avvocato Alessandra Ballerini con in mano un faldone di documenti frutto di lunghe indagini difensive tra l’Italia e il Cairo. « Ci sono cinque indagati — dice — Ma noi abbiamo una lista di 20 persone, tutti appartenenti delle forze di polizia del Cairo, coinvolti in qualche modo nella sparizione e nell’omicidio di Giulio. Abbiamo i loro nomi e cognomi. Sappiano che non devono stare tranquilli». La Ballerini snocciola così i 20 nomi, compresi i 5 indagati dalla procura Roma di cui Repubblica ha dato conto nei giorni scorsi.
Su tutti spiccano quello del generale Tarek, capo di una delle divisioni della National Security Agency (il servizio segreto civile) e quella del maggiore Sharif, gestore dell’uomo che tradì Giulio (il leader del sindacato degli ambulanti Mohammed Abdallah): entrambi ebbero un ruolo nei pedinamenti di Giulio, nelle intrusioni nella sua privacy ( venne fotocopiato il suo passaporto custodito in casa) e nella macabra messa in scena che costò la vita a cinque predoni su cui doveva cadere la responsabilità dell’omicidio di Giulio. « Noi pensiamo che possano essere quasi 40 le persone coinvolte. Le 20 citate devono avere paura e per le prime 5 abbiamo elementi più solidi. Speriamo che siano abbastanza avveduti da sapere che gli conviene parlare per primi e non per ultimi » ha spiegato la Ballerini. Che ha anche detto: « Trovo difficile credere che il presidente egiziano, Abdel Fatah Al Sisi, non fosse a conoscenza di ciò che stava succedendo a Giulio. È impossibile che non sapesse nulla di questo». Tra i fatti, poi, la conferma dell’ennesimo tentativo di inquinare le acque da parte degli investigatori egiziani che nelle ultime ore avevano fatto circolare l’informazione secondo la quale Regeni fosse al Cairo con un solo visto turistico — cosa comune a tutti i ricercatori che arrivano al Cairo — adombrando chissà quale sospetto. Quando, invece, nel corso delle indagini era stata la stessa National security a dire che Giulio era regolarmente sul territorio egiziano e che non c’era alcuna indagine a suo carico. Una menzogna, quest’ultima, detta verosimilmente per allontanare le indagini.
L’ennesima bugia che mette sempre più la politica italiana davanti a un bivio. «Noi non ci fermeremo » giurano Paola e Claudio Regeni. Che poche ore prima avevano incontrato — e veniamo alla terza circostanza cruciale — il presidente della Camera, Roberto Fico, che rompendo l’ennesimo understatement del Governo (ancora ieri il premier Conte ha fatto sapere di aver chiesto la verità ad Al Sisi) ha detto: « È finito il tempo delle parole al Cairo, nonostante lo sforzo della procura di Roma, Da tre anni non si muove nulla. Anzi nell’ultimo anno c’è stato lo stallo. Non vedo il motivo per cui la Camera debba avere rapporti con il Parlamento egiziano».