martedì 4 dicembre 2018

Repubblica 4.12.18
Chiediamo a Keynes come sta davvero l’editoria
Laterza ripubblica (gratis) un saggio del grande economista
di Stefania Parmeggiani


“Comprare un libro non dovrebbe essere considerato una stravaganza ma un’opera meritoria, un dovere sociale”.
Quando John Maynard Keynes scrisse queste parole il mondo non era ancora stato travolto dalla Grande Depressione. Era il 1927 e l’economista inglese affidava al settimanale The Nation and Athenaeum le sue riflessioni sul mercato editoriale. Keynes si chiedeva quale fosse, nell’Inghilterra di quegli anni, il potere delle idee espresse attraverso i libri. Giudicando insoddisfacente il reddito di editori, autori e librai, l’economista andava a caccia del colpevole. Perché gli editori di Londra, tutti assieme ed esclusi coloro che si occupavano di letteratura scolastica e commerciale, guadagnavano complessivamente quanto bastava per campare a un grosso commerciante di tessuti? Perché gli autori, esclusi pochi fortunati bestselleristi, si ritenevano fortunati a vedersi pubblicati senza pagare? Novant’anni dopo l’editore Laterza ripropone quegli interrogativi nel pamphlet gratuito I libri costano troppo?, affiancando all’articolo originario di Keynes una lettera al direttore scritta dieci giorni dopo la pubblicazione, i riferimenti più importanti al settore dell’editoria contenuti nei suoi articoli accademici e uno stralcio della trasmissione radiofonica della Bbc andata in onda il 1° giugno 1936.
Materiali che tengono insieme calcoli aritmetici (la scomposizione del prezzo di copertina per individuare quali siano i costi di produzione, le spese e i profitti) e valutazioni economiche (proiezioni sul mercato di una eventuale diminuzione del prezzo) per giungere alla conclusione che i colpevoli sono i lettori: fino a quando non aumenteranno, pubblicare sarà un gioco d’azzardo.
Nelle pagine conclusive l’economista Oliviero Pesce, che ha curato l’edizione del pamphlet, compara il mercato editoriale del tempo di Keynes con quello britannico attuale, fotografa la situazione in Italia, catena distributiva compresa, e raffronta i due paesi. Nonostante i segni di ripresa della produzione libraria e l’aumento della quota di mercato dei piccoli editori – su cui però incide una variazione dei criteri di classificazione –, la situazione italiana è molto difficile. Il male è lo stesso individuato da Keynes: troppi libri sugli scaffali, la maggior parte dei quali condannati all’invisibilità, e pochi, pochissimi lettori. Con un’aggravante figlia del nostro tempo: assediati dalle parole – della radio, della televisione, del cinema, dei social – il tempo e la concentrazione per una vera lettura vengono sempre più erosi.
Perché dunque parlarne ancora? E per di più attraverso un libro?
La risposta è nelle note dell’editore: Giuseppe Laterza scrive che per lo sviluppo civile oltre che economico del nostro Paese la strategia vincente è l’investimento in cultura, di cui la lettura è parte essenziale. Se la Teoria generale di Keynes aveva l’ambizione di rivoluzionare il modo in cui il mondo ragiona sui problemi economici, la sua analisi del mercato editoriale potrebbe essere utile a individuare le strategie necessarie a sostenere gli investimenti in cultura e in definitiva a formare una classe dirigente competente, responsabile e curiosa nei confronti del mondo. «Mi piacerebbe mobilitare un esercito poderoso, che superi il numero dei bevitori di birra, di chi ha la testa per aria, dei fissati per la mostarda, un esercito di topi di biblioteca che si impegnino a spendere £ 10 all’anno per i libri, e nei ranghi più elevati della Confraternita, a comprare un libro ogni settimana». Era il sogno di Keynes novant’anni fa. È il sogno degli editori ancora oggi.