Repubblica 3.12.18
Fuga da corsie e sale operatorie. La grande crisi dei chirurghi
In 1.500 potrebbero uscire grazie a quota 100. "E i giovani non fanno più questo lavoro"
L’associazione
di categoria: "In molte Regioni i concorsi vanno deserti. A Matera da
un anno cercano senza successo 14 specialisti"
di Michele Bocci
Lampade
e monitor spenti, bisturi e pinze chiusi nei cassetti. Molte sale
operatorie italiane in futuro potrebbero fermarsi per carenza di
personale. Gli allarmi sugli organici da parte di sindacati e
associazioni dei medici hanno sempre una quota di esagerazione, sono un
po’ forzate per aumentare la pressione su chi decide delle assunzioni.
Questa volta però i numeri sono difficili da prendere alla leggera, in
particolare in un settore come quello della chirurgia generale. Con la
riforma pensionistica basata sulla quota 100, nel giro di un anno
potrebbero andare via circa 1.500 specialisti dei 7- 8 mila che lavorano
negli ospedali pubblici. Sarebbe un colpo pesante per la sanità
italiana. « Parlo quotidianamente con i miei colleghi e le assicuro che
se ci sarà la possibilità di andare via prima, già a 62 anni, in molti
ne approfitteranno » , dice Pierluigi Marini, presidente di Acoi,
l’associazione dei chirurghi ospedalieri. Sui pensionamenti anticipati
si sono espressi anche i sindacati di tutti i camici bianchi, come
l’Anaao che ha prospettato un’uscita di circa 25mila medici in tutto.
La
situazione della chirurgia generale resterà difficile anche se non
passasse la riforma pensionistica. I problemi infatti non sono legati
solo alle uscite ma anche agli ingressi. « I giovani non scelgono più il
nostro lavoro — spiega Marini — Quest’anno al concorso per le
specializzazioni si sono presentati 17mila neolaureati per 7mila posti.
Le borse per i chirurghi generali erano 365 e sa quanti hanno inserito
come prima scelta la nostra specialità? Appena 90 giovani. È esattamente
il contrario di quello che accadeva un tempo, quando era impossibile
trovare un posto nelle scuole». Il sistema di reclutamento funziona
sulla base di preferenze. I candidati indicano in ordine di gradimento
decrescente le specialità dove vorrebbero studiare. La chirurgia
generale dunque era in cima alla lista di pochissime persone. Come mai?
«Molto spesso i motivi sono simili a quelli che spingono i colleghi più
anziani a desiderare di andare in pensione prima. Il mestiere è sempre
più duro e sta diventando troppo pericoloso. Il contenzioso medico
legale, cioè le cause da parte dei pazienti o delle loro famiglie, è in
aumento. Il lavoro quotidiano è molto usurante, con colleghi che si
trovano a fare le guardie anche oltre i 60 anni. In più ci sono poche
prospettive di carriera».
Le difficoltà dei medici sono lo
specchio dei problemi che hanno le Regioni con le assunzioni. Blocchi
del turn over, stati di crisi e generale tendenza al risparmio hanno
ridotto gli ingressi. Ma a rendere complicato stipulare contratti c’è
anche la carenza di posti nelle scuola di specializzazione. «In certi
casi non riusciamo più a garantire i livelli assistenziali nelle sale
operartorie e nei reparti — dice ancora Marini — Ci sono Regioni dove i
concorsi, magari per ospedali in zone disagevoli ma non solo, vanno
deserti » . A soffrire sono realtà del sud, come la Calabria o la
Basilicata. Da un anno a Matera cercano invano 14 chirurghi generali.
Se
a queste difficoltà di ingresso si unisce la riforma della quota 100 la
situazione diventa esplosiva. « Non siamo contrari al fatto che chi ha
la possibilità di andarsene, grazie alla eventuale nuova legge, lo
faccia — spiega Carlo Palermo del principale sindacato dei medici
ospedalieri, l’Anaao — Se un collega vuole lasciare per motivi personali
o professionali va bene. Il punto è che il sistema sanitario deve
rispondere, avviando subito un piano di assunzioni ». Giusto, ma se non
ci sono medici disponibili? Vorrebbero aumentare la platea dei papabili
all’assunzione alcuni emendamenti di maggioranza e relatori alla
manovra. Prevedono tra l’altro la possibilità per le Regioni di prendere
medici di specialità "affini" se non ne trovano di quella che gli
interessa oppure di arruolare, a tempo determinato, chi non è ancora
specializzato. « Noi da anni chiediamo che si assuma chi è all’ultimo
anno di specializzazione », sottolinea Palermo. Potrebbe anche non
bastare a tenere accese le luci delle sale operatorie.