Repubblica 3.12.18
Se la sicurezza diventa tema di sola polizia
di Nadia Urbinati
La
legge sulla sicurezza approvata dal Parlamento assegna larghissimo
spazio all’immigrazione, facendone a tutti gli effetti un tema di ordine
pubblico, di polizia. Regola la presenza dei migranti in maniera molto
restrittiva, abrogando il permesso di soggiorno per motivi umanitari e
togliendo la protezione a chi chiede asilo da trattamenti disumani e
degradanti.
Propone una lettura disumana della Costituzione, ed
esce dall’alveo delle convenzioni internazionali sulla protezione dei
diritti di bambini e ragazzi, che l’Italia ha sottoscritto (l’art. 10
della Costituzione dice che "La condizione giuridica dello straniero è
regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati
internazionali). Come ha scritto Chiara Saraceno su Repubblica, "dopo
l’approvazione della nuova legge sulla sicurezza i figli di coloro che
hanno ottenuto protezione umanitaria dovranno seguire il destino dei
genitori, obbligati a lasciare i luoghi in cui avevano trovato
accoglienza e progetti di inserimento". Mario Morcone, rappresentante
del Consiglio italiano per i rifugiati, ha spiegato che "richiedenti
asilo e rifugiati non hanno commesso alcun reato. La Convenzione di
Ginevra prevede esplicitamente che gli Stati non possano adottare
sanzioni penali contro i rifugiati solamente per il loro ingresso o
soggiorno irregolare".
La legge e la sua approvazione sollevano il
problema del ruolo degli organi di controllo, in primis le corti e chi
si occupa di sorvegliare affinché venga garantito al paese il governo
della legge: al paese, ovvero a chi lo abita (cittadini e cittadini
naturalizzati, immigrati residenti e ammessi, e rifugiati.) I diritti
umani sono diritti della persona, non dei soli cittadini. Le democrazie
si sono stabilizzate dopo la Seconda guerra mondiale e due decenni di
dittature riconoscendo questo principio, che mette la legge sopra le
maggioranze e i governi. Che maggioranza e governi ricevano la
legittimità del consenso elettorale non è ragione sufficiente perché
agiscano come l’opinione della maggioranza vuole.
Il momento
difficile nel quale si trova la nostra democrazia richiede una
riflessione critica e competente sulla tensione che si manifesta tra
"governo della legge" e "governo degli uomini", per riprendere una
terminologia classica molto chiara. Siamo di fronte, non solo in Italia,
allo stravolgimento della maggioranza che da principio di decisione si
fa potere diretto che stiracchia al massimo i limiti imposti dalla
Costituzione. Questa è la faccia del populismo del XXI secolo, che può
stare nei binari del governo della legge fino a quando il potere
indipendente della giustizia esercita la sua funzione. A fianco di altre
grandi questioni che la svolta populista globale rappresenta e
determina, quello della trasformazione delle democrazie costituzionali
in costituzionalizzazioni di una maggioranza è un problema spinoso,
gravido di conseguenze che devono farci ponderare sul significato e
l’estensione dell’antica massima per la quale la libertà si protegge
limitando il "governo degli uomini". Per fermare un treno che potrebbe
deragliare, con danno per tutti, non solo per i rifugiati, non si deve
dimenticare che nell’età costituzionale le dittature hanno iniziato con
il togliere i diritti alle minoranze, aprendo la strada alla
discrezionalità (diceva Mussolini che nella sua "concezione non esiste
la divisione dei poteri") che si è tradotta in governo di polizia per
tutti.