lunedì 3 dicembre 2018

La Stampa 3.12.18
Tra gli immigrati regolari buttati in mezzo alla strada
“Ora siamo senza futuro”
di Francesca Paci


Il giorno dopo le prime 24 espulsioni del decreto sicurezza il silenzio avvolge il Cara di Isola Capo Rizzuto. In serata un paio di migranti tornano a piedi lungo la statale buia ma s’infilano svelti oltre le grate d’accesso. In attesa dei grandi numeri - circa 200 persone con il permesso umanitario saranno costrette a lasciare il Centro nelle prossime due settimane, un migliaio in tutta la Calabria - l’attenzione si è spostata a una quindicina di km da qui, stazione di Crotone, il caseggiato dismesso delle Ferrovie dello Stato dove la Croce Rossa Italiana ha sistemato un piccolo gruppo di quelli che venerdì, scesi dal pullman, sono stati inghiottiti dalla notte, regolari sul piano legale ma fantasmi.
L’odissea
C’è la famiglia con la mamma incinta e l’altro bimbo piccolo, per cui i crotonesi vengono a turno a donare giocattoli o pannolini, e ci sono due giovani donne segnate dalla schiavitù sessuale.
«Sono arrivata in Italia a settembre del 2017 e per la prima volta da quando è morto mio marito ho trovato qualcuno che mi ha trattato bene», racconta una di loro, Mariam, 40 anni. Siede su un divanetto chiusa come un pugno, la tuta di ciniglia, le parole atone, la passività della rassegnazione vera: «Vengo da un piccolo villaggio della Costa d’Avorio vicino alla frontiera, mio marito faceva il commerciate e io crescevo i nostri tre figli, il minore di 5 anni e il più grande di diciotto. Quando lui è rimasto vittima di un incidente stradale, a maggio del 2015, si sono presentati ai funerali alcuni uomini che dicevano di far parte della sua stessa associazione e volevano i documenti e i soldi. Io non ne sapevo nulla, non so se fosse roba politica, è vero che da un po’ di tempo ricevevamo strane telefonate... Sono tornati, hanno chiamato a ripetizione, minacce, lettere, poi sono venuti in cinque, tutti incappucciati, hanno messo la casa sottosopra e hanno ucciso il mio ragazzo. Volevo morire anche io, c’erano gli altri bambini, io pregavo il Signore e la Madonna ma pensavo solo a suicidarmi. Ero vedova, orfana».
La promessa
«All’inizio dell’estate di 3 anni fa - continua Mariam - è comparso un uomo che giurava di potermi aiutare, prometteva cure e lavoro. Mi ha portato in un albergo e la mia vita è finita, da allora non so più nulla della mia famiglia. So invece come si sta per ore in un furgone blindato appiccicata a delle sconosciute, so come si viene offerta e venduta in strada da quei carcerieri nigeriani, so come funziona la prostituzione nelle case chiuse del Niger e dell’Algeria, so il dolore per cui nulla può neppure il Pater nostro. Non sapevo invece cosa fosse la Libia. A un certo punto i militari algerini ci hanno scaricati tutti nel deserto, tre giorni di marcia forzata fino all’ultimo mercato, il confine libico. Sono rimasta quattro mesi in quella prigione femminile, credo fosse Zintan. Lì non dovevamo lavorare per i clienti ma ogni notte venivano i soldati e ci obbligavano a cose che non so ripetere. Una sera ci hanno legate e caricate su un camion, non capivo nulla perché non parlo arabo ma qualcuna diceva di aver sentito che eravamo troppe. Stavo male, ricordo il mare, il gommone riempito fino a scoppiare, i libici con le pistole, “jalla Italia”. Dopo tante ore siamo stati soccorsi da una barca grande, eravamo più di cento, ci hanno portati a Catania ma io sono stata trasferita subito qui a Crotone, avevo le gambe interamente ustionate dal carburante. E finalmente mi hanno trattato bene. Ho chiesto a tutti i volontari che ho incontrato di cercare notizie dei miei figli, io ho paura di farlo per via di quegli uomini. Nel Cara ho studiato l’italiano, avevo capito che sarebbe arrivata l’integrazione».
Senza lacrime
Mariam non ha bisogno di piangere per dire la sua fragilità. Altri, espulsi come lei venerdì, sono malati, uno ha problemi psichiatrici. E per adesso sono pochi. Il presidente della Croce Rossa di Crotone, Francesco Parisi, fa la spola con la Caritas e le altre associazioni, segue i minori non accompagnati (per i quali l’incognita è in agguato al compimento della maggiore età). Ammette che il peggio deve arrivare: «Temo che gli effetti di questo decreto non si vedano ancora nella sua totalità, il paradosso è che porterà a un aumento esponenziale delle persone in mezzo alla strada». Spiega come il problema si ponga proprio per le Mariam, i migranti in attesa di entrare nel sistema Sprar per cominciare il programma di protezione vero e proprio, un lavoro, la casa, un ruolo. Si calcola che solo nell’ultimo anno siano stati concessi 20 mila permessi umanitari, i meno spendibili. L’allarme dei sindaci risuona da nord a sud della penisola: un esercito di migranti regolari sarà presto in strada e, allo scadere della protezione, si aggiungerà verosimilmente ai cinquecentomila irregolari già in Italia.
Mariam assorbe, sobbalza ai rumori forti, aspetta.