Repubblica 23.12.18
"Marx è la risposta ai populisti anche per la sinistra europea "
La
lezione dei democratici americani, da Sanders a Ocasio-Cortez "Sono le
diseguaglianze a creare conflitti, non il colore della pelle"
Noi non
abbiamo masse che marcianocantando l’Internazionale, ma i giovani
arrabbiati vogliono una vera alternativa e non si rivogono a destra
In Italia il Pd si è allontanato dalla gente che aveva bisogno di speranze e sogni, dall’altro ha dimenticato i problemi reali
L’intervista di Anna Lombardi a Bhaskar Sunkara, direttore della rivista "Jacobin"
«È
la critica marxista la miglior risposta al populismo: un pensiero
pratico che dimostra come siano le diseguaglianze a creare i conflitti,
non il colore della pelle.
Può controbattere la retorica dei
Donald Trump, dei Matteo Salvini, dei Boris Johnson. Dimostrando in modo
propositivo e concreto che le loro idee non sono realizzabili».
Bhaskar
Sunkara ha solo 29 anni ma conosce profondamente i dilemmi della
sinistra. Nato a New York, figlio di immigrati indiani, a 17 anni si è
iscritto al partito Socialista Democratico d’America e nel 2010,
studente di storia a Washington, ha fondato il trimestrale Jacobin:
diventato in pochi anni riferimento della sinistra radicale. La rivista,
che conta 40 mila abbonati e 1,2 milioni di visitatori online, ha
contribuito in maniera sostanziale a rilanciare il ruolo della sinistra
americana. Ora approda in Italia: il primo numero è già in edicola.
In
Europa la sinistra perde consenso mentre in America, dove il socialismo
è stato a lungo tabù, lo acquista: almeno a giudicare dalla conquista
della Camera e dall’ascesa di una generazione più radicale.
«Il
messaggio socialista è universale, applicabile in ogni angolo della
terra. L’esperienza di Occupy Wall Street e la campagna presidenziale di
Bernie Sanders hanno contribuito a sdoganare in America l’idea che ci
sono diritti inalienabili e il pensiero di Marx è ancora il riferimento
più valido per difenderli. Certo, in America non ci sono masse di
persone che marciano cantando l’Internazionale. Ma la sinistra è più
capace di connettersi con la gente dell’estrema destra. È la vera
alternativa per i giovani e gli arrabbiati, contrariamente a quel che
succede in Europa».
Jacobin debutta in Italia con un titolo significativo: "Vivere in un Paese senza sinistra".
«La
storia recente della sinistra italiana è costellata di errori e
fallimenti. Il Pd ha perso la sua occasione ponendosi come guardiano
dello status quo e volto dell’austerità: allontanandosi dalla gente che
aveva bisogno di speranza e sogni. Giustificando la sua esistenza con
l’essere scudo all’incubo chiamato destra, e dimenticando i problemi
reali.
Anche il modo di criticare gli avversari è stato errato».
Cosa intende?
«Penso
alle critiche a Berlusconi ma anche a Salvini: troppo concentrate sulla
vita privata, un errore fatto d’altronde anche dai liberal americani
con Trump.
Dimenticando di denunciare che l’agenda politica di questi uomini va contro gli interessi della gente.
Sono battaglie sacrosante, ma così restringi il tuo seguito, lasciando spazio ai populisti».
Che in Italia si sono coalizzati fra loro. Cosa pensa dell’alleanza Lega-5 Stelle?
«Deprimente.
La conseguenza, appunto, del vuoto lasciato da una sinistra che, ad
esempio, trincerata nella difesa dell’Unione Europea non ha nemmeno
provato a criticarne costruttivamente le politiche di diseguaglianza
lasciando così spazio alla demagogia populista. Il risultato è che ora
avete un governo che si basa su promesse impossibili e retoriche: ma
quando si tratta di decidere cosa portare davvero avanti del programma,
lascia sopravvivere sempre ciò che beneficia i poteri già esistenti».
Lei è nato nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino. Cosa sa dell’esperienza socialista?
«Ho studiato, ho letto: trovando fondamento alla percezione che viviamo in una società ingiusta.
Negli
Stati Uniti, dove trionfano benessere e abbondanza, chi è povero non ha
le sicurezze basilari che avete in Italia. Chi non ha un’assicurazione
non si può permettere assistenza sanitaria e medicine: viene
letteralmente lasciato morire. Sono queste le cose che ti fanno capire
perché in America la critica al capitalismo ha tanto appeal. Il quesito è
trovare una via per risolvere certe crisi senza ripetere gli errori del
passato. Ma sono convinto che anche solo per preservare la
socialdemocrazia, bisogna porre domande più radicali su questioni come
la proprietà e la distribuzione della ricchezza».
In America c’è
chi, come Mark Lilla, pensa che la sinistra si sia concentrata troppo su
battaglie identitarie per i diritti di donne, gay, minoranze, abdicando
al suo ruolo sociale.
«Lottare contro ogni tipo di oppressione è
l’anima della cultura di sinistra. Come si fa a dire che il diritto
delle donne all’aborto, ad esempio, non è fondamentale? In chiave
marxista, decidere quando avere figli significa emancipare dal
precariato le lavoratrici. Lo stesso col razzismo: come si fa a parlarne
senza affrontare la questione della redistribuzione del benessere? Non
sono battaglie che esulano dalla lotta di classe. Rigetto tutto ciò che
enfatizza le differenze: ma sono anche convinto che non ci sono
battaglie più importanti o urgenti di altre, bisogna riportarle tutte
sotto una stessa casa».
Quale strategia suggerisce?
Quella
delle varie Alexandria Ocasio-Cortez secondo cui, almeno in America, si
può cambiare il partito democratico dal suo interno?
«Sono
scettico sul fatto che il partito democratico possa diventare
socialista. Penso però che oggi è l’unica strategia che aggrega la
gente. Sanders d’altronde oggi è uno dei politici più popolari
d’America: se nel 2020 ritentasse l’avventura elettorale potrebbe
farcela. Oggi lui, e fra 10 anni, quando avrà l’età, anche Alexandria
Ocasio-Cortez ha il potenziale e il seguito per tentare la sfida
presidenziale. Personalmente ho un progetto ambizioso: un’alleanza di
candidati di sinistra che partecipino alle primarie dem e se eletti
votino individualmente per quel che riguarda i collegi elettorali ma
come gruppo su questioni più grandi. Sì, un partito nel partito».