Repubblica 21.12.18
Roma, il caso dei pullman
Bus in centro Raggi resista
di Sergio Rizzo
Meglio
tardi che mai. Nei mesi concitati della campagna elettorale per le
elezioni comunali a Roma la candidata sindaca Virginia Raggi aveva
promesso: « I bus turistici resteranno fuori dall’anello ferroviario » .
Una promessa sacrosanta, per cercare almeno di limitare i danni al
manto stradale martoriato dai mezzi pesanti (i torpedoni più grandi
arrivano anche a superare 200 quintali a pieno carico), alleviare il
traffico infernale del centro cittadino, stabilmente intasato dai
pullman, e ridurre il livello di polveri sottili in una delle capitali
più inquinate d’Europa.
La decisione concreta, però, si continuava
a rinviare. E si è continuata a rimandare anche quando alcuni fatti
gravi accaduti nel cuore della città, con un paio di pedoni morti
schiacciati da quei bestioni, avrebbero invece imposto una risposta
immediata. Per non compromettere, è stata allora la motivazione, la
stagione turistica con i pacchetti già venduti (!!!). Tanto da far
sospettare che la forza della potente lobby dei pullman, sostenuta
evidentemente da tutto l’indotto turistico laico e religioso, fosse tale
da spingere la realizzazione di quella promessa oltre le calende
greche. Ma ora, finalmente, siamo al dunque. È previsto che dal primo
gennaio i pullman turistici non possano più scorrazzare liberamente nel
centro storico, con la facoltà di accedere nella zona a traffico
limitato allargata solo in modo contingentato e senza che sia consentito
loro di attendere i turisti davanti ai monumenti sostando al di fuori
dei cosiddetti stalli. E qui viene con ogni probabilità la parte più
difficile del lavoro: resistere all’offensiva in atto perché nulla
cambi.
Che la lobby dei bus potesse per protesta paralizzare la
città con i danni conseguenti, com’è accaduto ieri, c’era da
aspettarselo. Anche le critiche erano attese, e perfino quelle
apparentemente più logiche: in una città dove il trasporto pubblico è ai
minimi termini, come si potranno muovere i turisti? Un’argomentazione
che certo non è senza fondamento. La qualità del trasporto pubblico a
Roma è ben al di sotto del livello di decenza. Il servizio dev’essere
riportato in condizioni minimamente accettabili, su questo non si
discute. Ma dev’essere fatto in primo luogo per garantire l’agibilità
urbana ai cittadini, non perché serve al turismo. E bisogna purtroppo
dire che non si avvertono i segni della svolta radicale che sarebbe
necessaria.
In ogni caso, tuttavia, lo stato in cui versa l’Atac
non può essere preso a pretesto per giustificare l’invasione dei pullman
turistici. Come neppure le ventilate ripercussioni economiche su quelle
aziende di trasporto e le relative conseguenze sui posti di lavoro,
ovviamente importanti per quanto tutte da valutare, possono impedire una
decisione che dovrebbe andare a vantaggio dell’intera città. Del resto è
difficile immaginare che un cinese che vuole visitare Roma possa
rinunciare al viaggio soltanto perché non può arrivare con un bus da 70
posti davanti a San Pietro, a pochi metri dal Colosseo o all’ingresso
della Bocca della Verità... Andrebbe ricordato che ci fu un tempo,
all’epoca del Giubileo del 2000, nel quale era inibito l’accesso al
centro ai bus che dovevano sostare in apposite aree. Senza che ciò
provocasse fallimenti a catena e licenziamenti di massa in quel settore.
Ed è la dimostrazione che in una capitale di un Paese sviluppato,
fragile e preziosa come la nostra, è possibile tenere insieme il turismo
e il rispetto di certe regole. Basta solo organizzarsi e seguire il
buonsenso.
Per questo l’errore peggiore in cui l’amministrazione
di Virginia Raggi ora potrebbe cadere sarebbe quello di cedere a
pressioni che arrivano in qualche caso a sfiorare l’intimidazione.
Meglio tardi che mai, ma la battaglia è giusta e va portata fino in
fondo senza tentennamenti.